La strage del Monterosa a Napoli

Nell'agguato persero la vita degli innocenti avventori del locale, un vigile urbano presente sul posto, ed i fratelli Rosario e Raffaele Prestieri, 32 anni il primo, 30 il secondo, i veri obiettivi del raid. L'episodio è ricordato nel format di apertura del primo episodio di Gomorra La Serie, con un risultato scenico ottenuto dalla eloquente forza lusinghiera dei fatti realmente accaduti.
Nella fiction, Ciro, l'Immortale di Gomorra è in riscossione presso un locale bar a Secondigliano quando è letteralmente assediato da una pioggia di proiettili che tuttavia neppure lo feriscono; ciò che maggiormente spaventa è invece l'uso di due bombe a mano scagliate all'interno del locale per assicurare la morte di tutti i presenti tra i quali i veri obiettivi della strage, che comunque lasciano indenne il protagonista.
Il Boss Di Lauro ed il delfino Prestieri.
Venerdì 29 novembre del 2013 dopo 21 anni, la Corte d'Assise d'Appello di Napoli assolve Giuseppe Ruocco, conosciuto col nomignolo di Capaececcia, assistito dall'avvocato Rosario Marsico.
- Costui fu ritenuto per tutto il periodo considerato unico responsabile della strage del Monterosa, condannato dalla quarta corte d'Assise del Tribunale di Napoli a vent'anni di galera per questi fatti a lui attribuiti sulla base delle dichiarazioni rese dal pentito di camorra, Antonio Ruocco, suo fratello. Quest'ultimo pentitosi e decidendo di collaborare con la giustizia raccontò i dettagli del terribile evento chiamando in causa anche un tale Alfredo Negri, un aiutante stragista, deceduto al momento della lettura del dispositivo che invece scagionava il Ruocco da tutte le accuse. Fatta salva la sola eccezione per una condanna a sette anni e quattro mesi di reclusione per il tentato omicidio di Giuseppe Perruzzo, ritenuto l'esecutore materiale dell'assassinio della madre del Ruocco. Il movente della strage starebbe come sempre nel presidio del territorio sulla gestione del traffico di armi e droga nel territorio a nord di Napoli, e più nel dettaglio, secondo studi condotti nel tempo, la furia dell'agguato risponderebbe all'infamia dei Prestieri di sottrarre risorse importanti al clan Licciardi della Masseria Cardone. Dell'agguato la giustizia non ha punito nessuno, non ha imputato alcuno delle gravi responsabilità. Dai pentimenti seguiti agli arresti e dalle dichiarazioni rese non si saprà mai se vero o falso, ma si dice che un giorno, in Spagna, Paolo Di Lauro, in compagnia di Maurizio Prestieri, fratello di uno dei suoi più cari amici, Raffaele Prestieri, morto nella strage di Secondigliano, si dice che, osservando il nascere in levare di un tramonto bellissimo, pensando a Raffaele Prestieri, pianse. Pianse per circa 40 minuti. Ed il pentito che lo ricorda e lo racconta non si faceva capace come ciò fosse stato possibile. Paolo Di Lauro che per stare dietro agli affari rinunciò all'amore ed all'affetto dei suoi 6 figli, Paolo Di Lauro che non ebbe ripensamento alcuno nel decidere la sorte della madre di uno che doveva esser ammazzato, Paolo Di Lauro proprio lui, pianse per la morte di un suo amico. Ed anzi, racconterà più tardi il pentito, dalla morte di Raffaele Prestieri, sembra che al boss Di Lauro fosse gradito traferire questo suo senso di fraternità a Maurizio, il più piccolo della casata Prestieri, al punto, si racconta, che una sera, a Napoli, Paolo Di Lauro decise di fare la notte appresso a Maurizio, a casa di quest'ultimo, allettato da una, si legge scritto sui documenti di dichiarazione: una sfaccimma di febbre che non passava da giorni. Sembra che in seguito all'evento del Monterosa, Maurizio Prestieri divenne il pupillo di Paolo Di Lauro, la ferocia con cui fu eseguita la condanna a morte dei due fratelli abbia generato come conseguenza emotiva la modifica definitiva alla mappatura del patto criminale Di Lauro-Prestieri e più specificamente Paolo-Maurizio. Durante uno sfogo personale, Maurizio Prestieri al cospetto del pm antimafia dichiara che da allora, il restante del gruppo mosse dell'invidia contro di lui, al punto da fargli temere la vita, perchè, aggiunge il pentito, di invidia si muore. Essere il pupillo del padre, in una famiglia con tanti figli vuol dire essere il numero uno, sempre! In assoluto! Il secondo, poi il terzo, il quarto e così ad andare potrebbero scalzarti questo primato. Talvolta nelle aspirazioni degli uomini non vi è il solo desiderio di arricchirsi o di diventare potenti, quanto invece, cercare di vivere quasi sempre all'ombra del padre, quanto più vicino al santo, oserei dire. Ma se quella posizione è occupata da qualcun'altro, ecco allora come gli eventi potrebbero subire delle modifiche di sorta. Vi sembrerà non un ragionamento confacente, ma sembra che le cose debbano stare in questo modo. Antonio Ruocco, già orfano di madre, gliela uccisero come messaggio di morte, anche se scagionato del tutto dalla magistratura italiana, potrebbe aver scatenato questa guerra che ha poi visto morire i miei fratelli nell'agguato di Secondigliano proprio da un movente del genere: l'invidia.
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