Sala delle Colonne al Castello Napoli

La presunta chiesa di San Sebastiano a Castel dell’Ovo presso il Borgo dei Marinari a Santa Lucia di Napoli1, allo stato delle ricerche condotte sia dal Sasso2 e successivamente riprese ed elaborate dalla Rispoli3, anche relativamente recenti, deve intendersi colmata e poi basolata al di sotto di ciò che all’interno del castello è detta Sala delle Colonne, posta al termine della rampa che affianca il lato sinistro del monumento.

Questa stessa sala già in epoca angioina ed anche in quella aragonese dovette esser stata usata per custodire il tesoro regio.

Purtroppo poi fu disgraziatamente usata durante le diverse vicende storiche del viceregno come docce e bagni per la soldatesca.

La sua costruzione deve risalire senza alcun dubbio di sorta in epoca altomedievale con materiale di spoglio, c’è scritto sul documento, molto probabilmente resti superstiti della leggendaria villa di Lucullo, oppure, non è ancor detto che, possano esser state recuperate dal grandioso ninfeo imperiale sepolto sotto le fondazioni di Villa Carafa a Pizzofalcone, poiché, i fusti delle colonne son tozzi e scanalati sempre in maniera diversa, con capitelli e basi delle colonne anche questi ognuno di diverso disegno.


Lo spazio della sala ipostila è diviso da quattro archi a sesto acuto nell’incassatura delle pareti e delle volte.

Queste si ripetono per quattro volte ancora, il tutto sostenuto da dodici rocchi di colonne di marmo cipollino.

  • Lievemente ineguali per altezza e diametro e dodici rispettivi capitelli di stile dorico, tutto installato nell’ambiente da quattordici secoli, mostrando la base in rilievo di ”…almeno quattro palmi per ciascheduna”. I rocchi delle colonne presentano scanalature a spigolo vivo, poco incise, tipiche delle scanalature di qualità ellenica; esse, terminano quasi tutte a taglio netto eccezion fatta per il tronco centrale ancor ben visibile, e che addirittura si interpone bruscamente anche contro la stessa base del rocco, che s’innalza per quindici centimetri oltre il pavimento. Delle dodici colonne solo cinque di queste presentano capitelli di stile assolutamente non riferibile all’età dorica dell’antica Grecia, ma bensì una base attica rovesciata con gola altrettanto rovesciata, realizzando un’altezza complessiva di ventisei centimetri. La Rispoli, nelle sue ricerche non esita a riconoscere la sala ipostila trascurata, ignorata dalla fonti e dalle ricerche, al punto che nel corso della sua storia è stata usata anche per riporvi, il vino, i salami e la legna per le guarnigioni spagnole di stanza in città.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Luigi Picone, Il Castel dell’Ovo. Il recupero come progetto, Edizioni Scientifiche Italiane. Giugno 1982, La Buona Stampa di Ercolano, alla BNN, Sezione Napoletana collocazione VII B 53
(2) Sasso N. C., Storia de’ monumenti di Napoli, Vol. I, tip. F. Vitale, Napoli 1856
(3) Rispoli C., Saggio di rilievi di Castel dell’Ovo di Napoli, in Bollettino di storia dell’arte dell’Istituto Universitario di Magistero di Salerno, Editrice Ippocrita Salerno, 1953