Predella Ferrer a San Pietro Martire Napoli

È la predella di San Vincenzo Ferrer1, quarta cappella a sinistra della chiesa di San Pietro Martire al Rettifilo, Napoli2.

Si tratta di un dipinto su tavola complessa, collocato nella cappella di patronato Pagano, e finito oggetto di studio da parte del noto conoscitore della pittura olandese, Abrahms Bredius, il quale per conto suo, lo ritiene autentico capolavoro d’arte attribuibile solo e soltanto a Simone Marmion.

L’ancona ritrae San Vincenzo Ferreri al centro di una serie di nove piccoli quadri.

Ed ognuno ritrae, a sua volta, una scena di vita del santo domenicano di origini catalane, vissuto nel tardo medioevo, del cui culto, oggi lo si ricorda anche per la veneranda statua lignea ostentata presso la chiesa di Santa Maria della Sanità nell’omonimo rione, e grazie alla quale, il santo è conosciuto al volgo con l’appellativo di O’ Munacone.
Il bellissimo quadro della chiesa dei Predicatori, fissata sul confine del Borgo degli Orefici con la distesa del Sedile di Porto, fu per molti anni attribuito allo Zingaro, poi dagli studi condotti dal Frizzoni la predella è stata riscattata alla scuola di Rogier van der Weyden3.


La cappella dove la predella è stata affissa è di patronato dei Pagano. 

E siccome all’interno del dipinto è comunque ritratto uno dei personaggi della famiglia Pagano non è da escludersi come verosimile, dunque, che il dipinto fosse stato commissionato proprio da un membro importante della stessa famiglia Pagano.

  • La predella, oltre ad esser circondata come si è detto di otto piccoli quadretti, che raccontano vita, opere e miracoli del Santo, è essa stessa suddivisa in tre diversi compartimenti, di cui quello che sta al centro, è interessante per la presenza della regina Isabella di Chiaromonte con i figli Alfonso ed Eleonora in atto di venerarne la statua. Lo studioso Giuseppe Cosenza, che ne descrisse con interesse scientifico per la prima volta l’ambiente della cappella che accoglie la predella ha indicato anche il significato di alcune iscrizioni lapidee presenti nel medesimo spazio ed affisse al muro. Queste hanno a che fare con tutta la vita storica di questo dipinto. Le iscrizioni trattano della famiglia che ne ha detenuto per secoli il patronato.

L’iscrizione di destra riferisce di, Carlo, una delle persone della casata Pagano.  

Nobile del feudo di Porto, originario di Nocera, nel salernitano, nonché cameriere maggiore della regina Isabella.  

  • Mentre respinge nel golfo di Napoli, le flotte angioine in assedio alla città nel 1460. Il dono per l’ardua impresa militare fu un drappo di seta ricamato in oro finissimo che Carlo chiese che servisse per coprire, con le insegne della casa d’Aragona, il catafalco ai suoi funerali e che detto drappo venisse poi custodito presso la sacrestia della chiesa di San Pietro Martire.

L’iscrizione che sta a sinistra e al centro della predella.

Quella di sinistra parla di racconta di Ascanio e Ugone Pagano personaggi di nobile schiatta, di cui, Ugone distintosi in famiglia per aver molto viaggiato.  

  • Ed entrato a far parte del Sacro Ordine Militare dei Monaci Templari in quel di Gerusalemme nel 1119. L’iscrizione al centro della predella parla di altri due personaggi dello stesso lignaggio: Galeotto Pagano, maggiordomo di Roberto d’Angiò, consigliere di Luigi d’Angiò, marito di Giovanna, la prima regina di Napoli, nonché castellano di Maratea e di Sant’Elino, maresciallo del regno morto nel 1420. E di Tommaso, figlio di Carlo Pagano, prefetto, c’è scritto, dei cavalli di Ferdinando d’Aragona, morto nel 1480 alla sola età di ventisette anni. Per onorarne la memoria furono commissionati nel 1491 dei sepolcri a Tommaso Sumalvito e Lorenzo da Pietrasanta, magnifici per le armi e per i cimieri, ma che gli storici d’arte presumono non esser stati mai eseguiti o altrimenti eseguiti ma poi andati distrutti.

Storia dell’attribuzione del dipinto al Marmion.

Per l’attribuzione del dipinto a Simone Marmion i riferimenti nella sorta documentaria sono stati i quadri del museo Imperiale di Dahlem, Berlino.

  • Questi ritraggono le scene di vita di San Bertino, profondamente simili per tecnica, forma e soggetto alla predella napoletana; i quadri di Berlino furono per moltissimi anni esposti all’Aja, presso il palazzo del principe Federico Pervenuti, e per suo espresso desiderio furono ceduti al museo di Berlino, non senza averne prima offerto la cessione al Louvre di Parigi. Anche questi due quadri inizialmente vissero di un’errata attribuzione al Memlinc. La si trova ancor’oggi, infatti, così descritta nel Nederlandsche Kunstubode di Victor de Stuers. Ma monsignor Dehaisnes4 riaprì gli studi sull’attribuzione dei quadri di Berlino accertando che questi provenissero dalla distrutta abbazia di San Bertino, nei dintorni di Valenciennes, nota per esser stata la sede preferita del pittore di ispirazione fiamminga, Simone Marmion, attivo in quel di Valenciennes ma molto probabilmente originario di Amiens, dove nacque e visse quasi per intero tutta l’adolescenza. Ma più di ogni altro ragionamento vale il confronto dei pezzi dell’ancona napoletana con i quadri di Berlino; tra di loro senza alcun dubbio di sorta, spicca all’occhio l’assoluta somiglianza della disposizione dei personaggi in essi ritratti, la diffusione delle ombre sui toni del carminio pallido. La cona d’altare mostra nei quadri 2 e 6, ivi ritratta l’Annunciazione, nel quadretto numero 3, apparisce San Vincenzo con un altro frate Predicatore ed una dama, al numero 4, San Vincenzo Ferrer assorto in preghiera, al numero 5, La Vergine appare a San Vincenzo Ferrer nella sua biblioteca, al numero 7, San Vincenzo che compie un miracolo, al numero 8, Il Signore che appare San Vincenzo Ferrer in una chiesa di stile romanico, ed al numero 9, San Vincenzo che compie un altro miracolo. La tavola centrale divisa in tre compartimenti vede in alto il santo che guarisce alcuni malati, al centro la Regina Isabella di Chiaromonte nell’atto di venerare la statua del Santo, ed in basso, la morte del Santo. Infine, ciascuno di questi quadri è impreziosito da una cornice dorata e circoscritta a sua volta da marmi variopinti. Dalla descrizione che ne fa Abrahms Bredius, e dalla quale se ne estrae il presente, si aggiunge che è deplorevole osservare che ognuno dei quadretti sia stato contrassegnato da sigillo in ceralacca rossa. Dubbi sull’attribuzione della predella a Simone Marmion rinvengono dal suo stesso curatore ed estimatore d’arte, Abrahm Bredius, che nonostante l’incrollabile certezza sulla sua paternità egli stesso lascia irrisolta la questione su come mai un pittore del nord della Francia abbia dipinto un quadro per una chiesa di Napoli, o se lo abbia fatto altrove come mai il quadro risiede in questo edificio e ancora lascia irrisolto l’interrogativo se esiste o meno negli archivi la relativa documentazione che ne racconta la commissione, l’ordinazione, la data di esecuzione, la consegna di quella che, il museologo definisce, pittura bellissima e per fortuna ben conservata fino ad oggi.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da un PDF firmato D'A. Debrius
(2) È stata descritta forse per la prima volta con interesse scientifico da Giuseppe Cosenza, allorquando, il ricercatore stesso conduceva indagini sul patronato della cappella dove la predella è esposta. G. C OSENZA Chiesa e convento in San Pietro Martire, in Napoli Nobilùsillla, 1900, p. 117.
(3) FRIZZON l, Artè italiana del Rinascimento, 1891, p. 8-9.
(4) DEHAlSNES, Recherches sur le Retable de Saint Bertin et sur Simon Manuion, Lille, 1892.