Chiesa San Pietro a Chateau de l’Oeuf

È stata per lungo tempo dimenticata dalle cronache storiche e spesso confusa semplicemente come il secondo titolo mutato della chiesa del Santo Salvatore.
Più precisamente, anche se irriconoscibile, essa si trova nella parte centrale del castello e a farne la descrizione è ancora la studiosa Rispoli, la quale, è suggestivo ricordare che, negli anni in cui scriveva la descrizione di questo ambiente, che ella stessa visitò, continuava a confonderla con la chiesa del Santo Salvatore.
Quindi la chiesa è perfettamente localizzata al centro della rampa gradinata del Castello nel punto esatto in cui questa flette ad est generando un angolo retto di cinque metri, per poi ripiegare nuovamente lungo il suo percorso.
La bellezza architettonica di questo impianto è l’apertura del suo fianco destro.
Lo spigolo che ne viene sembra esser stato prodotto col proposito di costituire una quinta scenica, conferendo ampia luce e respiro all’ingresso della chiesa.
- Un muro di tufo altissimo si apre alla scena con quattro archi a sesto acuto, ampliati fino a tre quarti dell’altezza del muro, e sono accentuati in maniera brillante nel grigio del piperno con il quale, sono pur fatti i pilastri e le modanature degli stessi archi. Per tanto la linea dell’arco offre maggior rilievo architettonico grazie allo spiccato gioco di luce consentito dalla parte sovrastante degli anzidetti archi, eseguiti semplicemente come prosieguo della superficie dei pilastri. Tre finestre stanno in alto, in asse con gli archi sottostanti ed altre due aperture sono state ricavate nelle arcate centrali, pur se tuttavia è quasi possibile ammettere che queste aperture nulla hanno a che vedere con quelle originali, che altrimenti, discussione storica ed artistica vuole, siano state invece realizzate per determinare un risalto di luce e di aria maggiore rispetto ai livelli attuali. La questione delle arcate è anche testimoniata ampiamente da alcuni tratti d cornice visibile là dove si è staccato col tempo l’intonaco per poi ritornare a perdersi nella muratura. Alla fine degli studi intrapresi, ancor oggi è praticamente impossibile determinare la condizione della arcate, se fossero, cioè, cieche oppure magari inquadrassero finestre più o meno grandi. All’interno, dell’antica chiesa nulla più. Le lesene che si vedono frazionare le pareti in corrispondenza dei pilastri esterni e che chiaramente si osservano convergere in basso, in un fascio di raccordi e nervature, non possono certo dirsi appartenere al codice neoclassico. Mentre una porta sulla sinistra della zona absidale immette in un altro ambiente, forse una cappella, trovata dalla ricercatrice durante il corso degli studi ancora in uno stato di degrado ed abbandono, fatta salva la sola eccezione che i pilastri e le cornici sono del tutto simili a quelli dell’esterno. La pianta della chiesa è rettangolare ed anch’essa fu rifatta quasi del tutto secondo lo stile appartenente al neoclassico, con volta a tutto sesto, abside semicircolare indipendente dalle linee gotiche delle origini. Infine, è interessante il risultato degli studi condotti dalla ricercatrice, che immagina solamente come potrebbe esser stato l’ambiente della chiesa angioina, che, ricorda, a navata unica e con tetto a capriate ancora oggi del tutto esistenti e sul fianco ad est quattro cappelle più basse illuminavano di sole la chiesa oltre ad offrire un’impressionante veduta del golfo di Napoli schermato sullo sfondo dal gran cono del Vesuvio.
Spazio note
(1) Liberamente estratto da: Luigi Picone, Il Castel dell’Ovo. Il recupero come progetto, Edizioni Scientifiche Italiane. Giugno 1982, La Buona Stampa di Ercolano, alla BNN, Sezione Napoletana collocazione VII B 53.Categorie delle Guide
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