Madonna di Costantinopoli Mattia Preti

Madonna di Costantinopoli, una delle poche opere firmate e datate Mattia Preti1, è un olio su tela2 realizzato nel 1656 e custodito al Museo dell’omonima reggia del parco di Capodimonte a Napoli.

Proviene dalla chiesa napoletana di Santa Maria della Verità a Materdei, detta di Sant’Agostino degli Scalzi, allorquando, questa, nel 1981, per motivi di sicurezza, in seguito al sisma del 23 novembre dell’anno precedente venne chiusa all’ufficio del culto.

L’iconografia della Madonna di Costantinopoli rimanda, anche senza necessariamente imitarne l’aspetto, alla famosa icona bizantina nota come Hodegetria, altra immagine della Vergine Madre di Dio, ispirata al tipo della Tenerezza, ed implorata ad occorrere in soccorso della città di Costantinopoli assediata dall’attacco dei turchi nel 717 d.C.

Il contratto per l’installazione della pala d’altare nella prima cappella di sinistra della chiesa di Sant’Agostino degli Scalzi, scoperto nel 1987 dal Clifton, conferma che la pala fu terminata prima del 9 gennaio del 1657.


Il dipinto è un ex-voto commissionato al Preti dai calabresi Tommaso e Schipani.

E fu commissionato si sa per gratitudine alla madonna ed ai santi, ai quali, è stata attribuita l’intercessione benevole contro i tremendi episodi legati alla peste del 1656.

  • Il ringraziamento per essere scampati all’epidemia è spiegato nel cartiglio sorretto dal putto raffigurato al centro in primo piano. I due committenti, inoltre, erano cugini del pittore per parte materna e appartenevano ad una delle quattordici famiglie nobiliari di Taverna, paese natale del Preti. Nel 1989 il Clifton e lo Spike hanno avanzato l’ipotesi che la pala possa esser stata donata dall’artista ai suo parenti; inoltre, il suddetto contratto, stipulato fra gli Schipani ed i padri Agostiniani stabiliva che il dipinto fosse collocato in una cappella ancora priva di un patronato nobiliare o, qualora fossero state acquistate tutte le cappelle, nel coro così da rimanere in visione perpetua nella chiesa.

In alto un putto alato incorona la Madonna riconoscendola Regina Coelis.

La scena è caratterizzata dalla Madonna col Bambino in trono nell’atto di porgere una corona di rose a Santa Rosalia da Palermo, inginocchiata in abito francescano.

  •  A sinistra di questo gruppo è visibile San Giuseppe che regge il manto della Madonna, mentre alla sua destra è raffigurato San Gennaro con in mano la fiala miracolosa del Sangue. I due santi posti in primo piano rispondono a San Rocco e San Nicasio con la corazza decorata della croce di Malta. Quest’ultimo particolare testimonia la devozione di Mattia Preti all’Ordine di San Giovanni; invece la presenza dei Santi Rosalia, Gennaro e Rocco che venivano abitualmente invocati dai napoletani contro la peste e che non hanno legami eponimi con i committenti, è giustificata dal carattere di ex-voto della pala. “La composizione semplice ricorda le sacre conversazioni dipinte dal Carracci per emulare il Rinascimento. In effetti lo stile è evidentemente influenzato dal Guercino giovanile, nei tratti morbidi e rotondi del San Nicasio in corazza, le pennellate distanti color crema del carnato sovrapposto ad un fondo grigio, ed il ben noto armonizzarsi del color cacao con il marrone scuro e l’oro brunito; il risultato è un bel tributo al Maestro di Cento“3.

La pala realizzata nel 1656 si pone nel soggiorno napoletano del pittore avvenuto tra il marzo del 1653 e la fine del 16604.

Mattia Preti nasce a Taverna, una cittadina calabrese della Sila Piccola, nel 1613. Dal 1636 è fermamente documentato a Roma insieme al fratello maggiore Gregorio che frequentava dai primi anni Trenta le riunioni dell’Accademia di San Luca. 

  • In alcuni documenti dell’Accademia databili al 1633 è menzionato anche il giovane Mattia. Nelle opere raffiguranti giovani cantanti, giochi di carte, giocatori ed altri soggetti del methodus manfrediana, datati agli anni Trenta o comunque antecedenti al 1644, dimostrano l’entusiastica adesione di Mattia al naturalismo e al chiaroscuro caravaggesco. Come sostiene lo Spike “dipinti come La fuga da Troia (Roma, Galleria Corsini) e Cristo e l’adultera (Zurigo) sono indicativi della ricerca del Preti, negli anni 1635-40, di un mezzo per trasferire le sue storie dagli interni bui alla luce del sole, pur mantenendo il modello del chiaroscuro caravaggesco“5. Tra il 1635 ed il 1640, il Preti esegue anche Il Rinnegamento di San Pietro della Galleria Corsini di Roma e l’Incredulità di Tommaso di Palazzo Rosso di Genova. In pochi anni e certamente prima della fine del quarto decennio del Seicento, il pittore si inserisce nell’alta società romana. Già nel 1640 aveva realizzato delle pale d’altare per una chiesa vicino Teramo e per San Pantaleo a Roma. Nel novembre del 1641 l’artista presenta a Papa Urbano VIII Barberini la richiesta di ammissione all’Ordine di San Giovanni; l’investitura a Cavaliere d’Obbedienza Magistrale avvenne il 31 ottobre 1642. Il suo periodo romano è interrotto da un viaggio a Venezia compiuto nel 1644-45. Tornato a Roma nel 1646 egli non era più un pittore puramente caravaggesco e " ... le opere Il figliuol prodigo di Le Mans, La morte di Sofonisba della Galleria Pallavicini di Roma e L’Olindo e Sofronia liberati da Clorinda di Genova, esprimono una nuova ampiezza di veduta, una teatralità senza precedenti e un apprezzamento per gli effetti d’atmosfera che Preti non poteva che aver imparato guardando le grandi tele nelle scuole e nei palazzi di Venezia“6. Nel 1943 Roberto Longhi sosteneva che il Preti, nelle opere anteriori al 1650, sperimentò il neovenezianismo di Nicolas Poussin e Andrea Sacchi ed il monumentale figurativismo di Giovanni Lanfranco e, occasionalmente, del Guercino. Nel 1650 il pittore stipula il contratto per la decorazione della chiesa dei teatini di Sant’Andrea della Valle a Roma; tra il 1650 ed il 1651, l’artista porta a termine gli affreschi dell’abside con le Storie della vita di Sant’Andrea. Tra l’ottobre del 1651 e la primavera del 1652 il pittore si reca a Modena dove esegue gli affreschi della cupola della chiesa carmelitana di San Biagio. Tornato a Roma realizza il San Carlo che Borromeo distribuisce l’elemosina nella chiesa di San Carlo ai Catinari.

Nel marzo del 1653 Preti è a Napoli.

La sua prima opera documentata è il San Nicola di Bari, oggi al Museo di Capodimonte.

  • Fu però eseguito giusto nel primo anno napoletano per la chiesa di San Domenico Soriano all'interno della quale, un tempo la cupola fu dallo stesso Mattia Preti affrescata dalla Gloria di San Domenico di Guzman. L'opera è oggi del tutto andata perduta. Tornando al San Nicola di Bari, fu quest'ultimo definito dallo Spike come “un energico esercizio di pittura barocca romana influenzata da Domenichino“. Come si è scritto in precedenza, nel 1656 realizza la Madonna di Costantinopoli con uno “stile neorinascimentale alla Carracci, con esplicite reminiscenze della tecnica cremosa del primo Guercino“7. Tra il 1656 ed il 1659 il Preti svolge, con uno stile ispirato a Lanfranco, le sue più importanti opere pubbliche in città: gli affreschi della peste sopra le porte della città come quello della Porta di San Gennaro, il ciclo con le Storie della vita di San Pietro Celestino e di Santa Caterina di Alessandria per il soffitto di San Pietro a Maiella. L’artista lascia Napoli nel 1660 per trasferirsi l’anno successivo a Malta. Tra la partenza da Napoli e l’arrivo a Malta esegue gli affreschi con figurazioni allegoriche nel palazzo Pamphili a Valmontone vicino Roma. Nell’isola il pittore si fermerà per oltre trent’anni, fino alla morte. A Malta Mattia Preti ritorna ad utilizzare uno stile che evoca il Rinascimento veneziano con la lucentezza delle opere dipinte nei primi anni Cinquanta. Caratterizzato da questo stile è il lavoro nella chiesa di San Giovanni alla Valletta durato dal 1661 fino al 1666 quando le pitture della volta furono scoperte, precisamente il 20 dicembre, con una grande celebrazione. Nell’abside, nella volta e nella facciata interna della fabbrica conventuale dei Cavalieri di Malta l’artista realizza il grandioso ciclo con Storie della Vita del Battista e personaggi eminenti dell’Ordine. Nel periodo degli affreschi di San Giovanni, l’artista dipinge altre pale d’altare a Zurrieq, a Lija, al Castello di Verdala a Buskett e nella Cappella di Francia in San Giovanni. Anche negli ultimi anni del settimo decennio il Preti esegue opere per altre città maltesi come l’Assunzione della Vergine a Luqa ed Il martirio di Santa Caterina a Zurrieq. Tra il 1677 ed il 1678 il pittore realizza il ciclo di sette dipinti per la chiesa di Sarria a Floriana. Negli anni Ottanta, invece, il pittore s’impegna nella realizzazione di pale d’altare per chiese di Santa Barbara e di San Domenico della nativa Taverna. Tra il 1688 ed il 1689, l’artista settantenne dipinge le sette enormi tele con le Storie di San Paolo per il coro ed il transetto della Cattedrale di Mdina; sempre nel 1689 il Preti realizza “la più grande tela della sua carriera: il tizianesco Martirio di San Lorenzo nella chiesa della Collegiata dell’omonimo Santo, a Vittoriosa, oggi conosciuta come Birgu8. Anche ottuagenario, l’artista continuò a dipingere; negli anni Novanta realizza Il San Michele Arcangelo nella Collegiata di San Paolo a Rabat, datato al 1690, ed I Santi Cosma e Damiano del 1698. Mattia Preti morì il 3 gennaio 1699.


Spazio note

(1) L’articolo è liberamente estratto da John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999; Mariella Utili, Scheda dell’opera "La Madonna di Costantinopoli", in Mattia Preti tra Roma, Napoli e Malta, catalogo della mostra tenutasi a Napoli nel 1999, Electa, Napoli, 1999, p. 144; Aurora Spinosa, Scheda biografica "Mattia Preti", in La pittura in Italia. Il Seicento, riedizione accresciuta e aggiornata, Electa, Milano, 1989, vol. II, p. 852.
(2) Olio su tela, cm 286,5 x 196. La tecnica, il supporto e le dimensioni sono riferite nella Scheda dell’opera "La Madonna di Costantinopoli", in John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999, p. 212.
(3) Scheda dell’opera "La Madonna di Costantinopoli", in John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999, p. 213.
(4) Per la biografia di Mattia Preti e la relativa cronologia dei dipinti ho seguito le indicazioni del saggio di John T. Spike, Una nuova cronologia dei dipinti di Mattia Preti, in John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999, pp. 13-21.
(5) John T. Spike, Una nuova cronologia dei dipinti di Mattia Preti, in John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999, p. 15.
(6) John T. Spike, Una nuova cronologia dei dipinti di Mattia Preti, in John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999, p. 16.
(7) John T. Spike, Una nuova cronologia dei dipinti di Mattia Preti, in John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999, p. 17.
(8) John T. Spike, Una nuova cronologia dei dipinti di Mattia Preti, in John T. Spike, Mattia Preti. Catalogo ragionato dei dipinti, Museo Civico di Taverna/Centro Di, Firenze, 1999, p. 20.