Ex Rione a Santa Brigida a Napoli

L’area su cui sorgerà la Galleria Umberto I a Napoli1, inaugurata il 10 novembre del 1890 è stata per tutto il Seicento, il Settecento e l’Ottocento l’antico rione a Santa Brigida, toponimo giustificato dalla presenza sul posto della veneranda chiesa di Santa Brigida di Svezia, in parte inglobata nel mastodontico edificio della Galleria2.

Seppur del tutto scomparso, il rione è tuttavia stato reso famoso dagli episodi del colera scoppiato a Napoli nel 1884.

A partire da quella data, su proposta dell’ingegnere capo direzione tecnica del Municipio di Napoli, Adolfo Giambarba, l'ex rione Santa Brigida venne incluso nella lista dei Quartieri Bassi da sottoporre a sventramento, unitamente ai quartieri del Porto, Pendino, Vicaria Vecchia, Forcella, Borgo Loreto e Santa Lucia al Mare3.

Nello studio pubblicato da Ugo Carughi del 2008, si annota che il vecchio Rione a Santa Brigida pur mostrando un perimetro lineare composto da patrimonio immobiliare corretto e dignitoso, al suo interno, riparava un’esasperante parcellizzazione delle proprietà preesistenti, regnandovi per tanto disordine promiscuo, assediato dallo smercio alimentare generalmente proibito, spacciato alle locande indigene, famosissime per aver ospitato a lungo a bere e a mangiare, la soldatesca delle guarnigioni vicereali di stanza sui Quartieri Spagnoli.


Le chiese di San Ferdinando e Santa Brigida son rimaste dov'erano e com'erano.

La costruzione della Galleria Umberto I, quindi, avviò un lento e progressivo smembramento della condizione urbanistica del rione, procedendo a vita nuova, con ”tenacia, pazienza e tanto, tanto denaro”4.

  • Va solo aggiunto e ricordato come importante il condizionamento offerto dalla chiesa di San Ferdinando di Palazzo e dalla chiesa dei Lucchesi su Via Santa Brigida, le quali, determineranno il perimetro del vecchio rione a Santa Brigida, rimaste dov’erano e com’erano anche dopo la costruzione finale della Galleria che in parte finirà per assorbirle. Queste due chiese hanno da sempre condizionato la vicenda sulla costruzione della Galleria, e sono sempre state presenti nelle diverse versioni progettuali proposte come invarianti della bonifica ed anzi, la fortuna critica prodotta attorno a questa storia vuole che le due chiese in parte inglobate abbiano conferito all’immobile della Galleria Umberto I un aspetto urbanistico generale funzionale allo stesso intervento connotandolo ampiamente come soggetto nuovo nel panorama esistente con un proprio valore architettonico di forma e bellezza imparagonabile, certamente, alla situazione preesistente. L’area è già visibile sulla carta cinquecentesca del Dupérac-Lafréry, osservandosi, tra l’altro, la medesima trama viaria conservata fino ai mesi che precedettero la costruzione del complesso immobiliare. Procedendosi da oriente in direzione d’occidente, sulla mappa è chiaro il disegno che traccia il vico 2° a Santa Brigida tra le attuali propaggini confinanti dei quartieri Montecalvario e San Ferdinando di Palazzo. Fino alla fine dell’Ottocento, il vico 2° a Santa Brigida formava, contiguo a quel che oggi è l’ex palazzo Capone, una sorta di T col vico 1° a Santa Brigida e ancora più che visibile i vicoli cinquecenteschi ed oggi scomparsi di vico Sant’Antonio Abate, il Vico Campane, il Vico Cagliantesa ed il tracciato poco regolare del vico Rotto a San Carlo, già vico della Chianche. Per quanto riguarda quella che oggi è Via Santa Brigida, nome che prenderà solo nel 1792, questa anche sulla mappa si osserva segnare il limite orientale dell’area, chiamandosi fino al 1540, Strada di San Francesco o anche strada di don Francesco della Golletta, aperta, tirata dritta e lastricata da don Francesco Tovar onde creare un facile collegamento tra il suo palazzo ad angolo con via Toledo ed il “Largo di Castello”, ovvero, piazza del Municipio. Nonostante l’effettivo richiamo topografico ed urbanistico sostanziale del vecchio Rione a Santa Brigida, sulla mappa del Lafréry mancano le due importanti chiese del comparto: Santa Brigida di Svezia e la chiesa di San Francesco Saverio, quella cioè oggi più nota col nome di chiesa di San Ferdinando di Palazzo a piazza Trieste e Trento5. Questa poi tra l’altro è descritta sulla mappa senza cupola e tale rimarrà anche sulla carta topografica di Alessandro Baratta del 1629, comparendo con tutta la cupola solo sulla mappa del medesimo autore datata 1670. La mancanza delle due chiese oltre a mostrare ampi spazi vuoti, serra meno il rapporto tra le aree interessate dal vecchio rione ed il patrimonio immobiliare del Cinquecento, oggi in parte scomparso ed in parte stravolto dalle superfetazioni. Sulla mappa del Lafréry si nota, in maniera del tutto suggestiva, l’andamento curvilineo di Via San Carlo, che, seguendo l’orografia dei giardini di Palazzo Reale Vecchio, non è del tutto diversa dalla sua attuale conformazione. Infine, il vecchio rione a Santa Brigida apparirà densamente occupato sulla cartina del Duca di Noja del 1775, fatta salva la sola eccezione del Palazzo Capone a quell’epoca non ancora costruito. Il completamento definitivo del concentrato urbano avvenne con la costruzione di questo edificio nel XIX secolo, apparendo rappresentato in tutto e per tutto sulla carta dello Schiavoni del 1880. La situazione preesistente del rione a Santa Brigida verrà meglio descritta dal Pepe, nel suo Bollettino del Collegio degli Ingegneri ed Architetti6, del 1885, stimando in 21.000m2la superficie totale del quartiere da sventrare, dei quali, continua il documento, 2.800 sono solo stradine, e 4.000m2 sono rappresentati dalle due chiese di San Ferdinando e Santa Brigida; mentre i rimanenti 14.200m2 restano occupati da un fitto edilizio costituito da case senza cortili, in parte piani bassi che danno direttamente su strada ed in parte si raggiungono perfino i sei piani e su tutto vivono 6.500 persone, ognuno, stante a soli 2mm2 di spazio vitale; ripete il Pepe, che i 21.000m2 sono attraversati da solo cinque vicoli, con una larghezza media tra i 3 ed i 4,5 metri. Essi, precisa, sono il 1° e 2° vicolo a Santa Brigida, il vico Rotto a San Carlo, il vico Campane ed il vico Sant’Antonio Abate.

La presentazione dei progetti di bonifica dell’ex Rione a Santa Brigida.

Cinque furono i progetti presentati al Comune di Napoli per proporre bonifica del rione a Santa Brigida, sei se si conta due volte lo stesso progetto presentato da Ferdinando Savino.

  • Gli seguirà Alfredo Cottrau, gli architetti Pisanti e Cassitto, il progetto dell’ingegner Emanuele Rocco ed infine dagli ingegneri Ferrara e Sacerdote e di quest’ultimo, il progetto sarà respinto perché considerato troppo meschino7. La proposta del Savino nel febbraio del 1882 presentava la possibilità di insediare i luoghi sventrati di Santa Brigida da una galleria coperta in ferro e vetro e lo stesso ingegnere ripresenterà nuova proposta, questa volta privando la galleria della copertura vetrata, e, singolare, il progetto venne pure approvato dal Consiglio tecnico municipale il 20 gennaio del 1885. Il progetto di Alfredo Cottrau verrà presentato, così come lo chiarisce lo stesso autore, prima del secondo progetto Savino e degli altri progetti in questione, rammaricandosi con nota a latere, di una commissione incaricata di valutare progetti senza accorgersi che lo stesso, cioè Alfredo Cottrau, avesse già depositato mesi prima un progetto di bonifica mai condotto all’attenzione della commissione. E ad ogni modo tutti e cinque i progetti ebbero vita difficile perché ognuno a modo proprio mancava di elementi bene accertati, ed in gran parte son venuti definendosi via a via. Il consigliere capo Campodisola ricordava i tre requisiti fondamentali che avrebbero dato luogo ad esito positivo di qualsivoglia progetto, ed ovvero, primo: necessità di risanare igienicamente tutto il rione Umberto I da riqualificare anche in termini di rappresentatività; secondo: tutto ciò che ne verrà dopo dovrà essenzialmente improntarsi alla natura visiva e prospettica, senza perturbare gli elementi preesistenti e tutto quanto il relativo ambiente urbano scelto come invariante di riferimento; terzo: l’aspetto economico di tutta quanta l’impresa, che ovviamente, manco a dirlo, doveva riferirsi al massimo ottenimento con la minima spesa possibile. Questo dell’aspetto economico, terzo dei criteri posti come inscindibili per il successo di un progetto, apre alla discussione su cosa ne sarebbe venuto fuori subito dopo aver sventrato il vecchio rione a Santa Brigida. Le caratteristiche urbanistiche furono considerate prioritarie su tutte, importantissime poiché in rapporto alla larghezza delle nuove strade che ne sarebbero venute, Municipio di Napoli e proprietari dei nuovi edifici avrebbero dovuto pagare tasse; per questo particolare aspetto sarebbe stato più comodo per il Municipio se le strade interne al nuovo rione subito definito, rione Umberto I, fossero state larghe quanto in quel punto è larga Via Toledo. Ma il progetto del Savino presentava due strade a crociera larghe tra loro 14 ml e le altre quattro strade che avrebbero dovuto recintare l’isolato solo 7 ml, mentre per i quattro bracci delle Galleria presentati sul progetto di Emmanuele Rocco la larghezza fu stabilita a 15 ml. Diversamente, per la Galleria presentata da Alfredo Cottrau, la larghezza della crociera fu studiata per evitare che si ripetesse a Napoli l’effetto serra che si si presentò nella Galleria di Milano, ottenendone dunque una dimensione trasversale non superiore ai 20 ml, e le stradine del tracciato esterne si presentarono tutte porticate, intelligentemente supportate dall’idea di favorire il Municipio di Napoli. Cottrau tra l’altro, allegò al suo progetto un piano diversificato di lavori da operarsi in un due distinte fasi, una solo per il bonificamento del vecchio rione a Santa Brigida con il contestuale abbattimento della chiesa San Ferdinando di Palazzo, e l’altro per la realizzazione di strade debitamente annotate sui disegni come di via Genova, via Palermo, via Venezia, via Torino e via Bologna, con i due bracci della galleria che sarebbero sbucati su via Roma e via Firenze8. Gli altri progetti di Pisanti e Cassitto ebbero l’eccezionale qualità di presentarsi in perfetto equilibrio tra attivo e passivo sulle somme di denaro da incassare e da sborsare, sia sugli espropri, sia sulle relative costruzioni, concludendosi i due progetti con cifre colossali per l’epoca da caricare in conto al Municipio di Napoli ed anche il progetto del Cottrau, tra l’altro anche già appoggiato da una banca, risultò penalizzato dall’eccessiva spesa preventivata per le casse del Comune, 10.980.000. L’unico a non presentare addebiti per il Municipio fu il progetto Rocco, che si limitò appena ad un deposito cauzionale di lire 100.000, motivo per cui, si crede, abbia ottenuto il favore della commissione e vinse.


Spazio note

(1) Galleria Umberto I. Architettura del ferro a Napoli di Ugo Carughi prefazione di Giancarlo Alisio, Franco Di Mauro Editore. Il presente volume nasce da una ricerca condotta nell’’ambito dei programmi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ISBN-88-85263-86-0 BNN distribuzione 2008 D 12 Sono state trovate utilissime informazioni su questo argomento nel lavoro monografico della dottoranda DANIELA DE CRESCENZO tutor prof. arch. ANTONELLA DI LUGGO. in: GLI AUTORI, LE OPERE E LE TECNICHE DI RAPPRESENTAZIONE IL DISEGNO DI PROGETTO A NAPOLI DAL 1860 AL 1920. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FEDERICO II DOTTORATO DI RICERCA IN TECNOLOGIA DELL’ARCHITETTURA E RILIEVO E RAPPRESENTAZIONE DELL’ARCHITETTURA E DELL’AMBIENTE. Università degli Studi di Napoli Federico II Dottorato di Ricerca in Tecnologia dell’Architettura e Rilievo e Rappresentazione dell’Architettura e dell’Ambiente ciclo XXVI Coordinatore del Dottorato Mario Rosario Losasso Coordinatore di Indirizzo Riccardo Florio Collegio dei docenti ICAR/17 Jean François Cabestan Massimiliano Campi Mara Capone Raffaele Catuogno Antonella di Luggo Riccardo Florio Francesco Maglioccola Alessandra Pagliano Tutor Antonella di Luggo.
(2) Questa avviata ai lavori di costruzione per iniziativa di Natale Longo nel 1640, verrà conclusa solo nel 1726.
(3) Giancarlo Alisio, Il Risanamento di Napoli, a pagina 28 e seguenti
. (4) G. Labrot, Palazzi Napoletani, storia di nobili e cortigiani. 1520-1750., Napoli 1993, pagina 85
(5) G. Cantone, San Ferdinando, in AA.VV., Napoli città d’Arte, a pagina 144
(6) G. Pepe I progetti per la bonifica del rione S. Brigida in B.C.I.A., N°16 del 1885, a pagina 123.
(7) A.S.C.N., Tornata del 14 novembre del 1885
(8) A. Cottrau Carte in Tavola in B.C.I.A., numero 22 aprile a pagina 178