Ex Palazzo Capone a Via Verdi Napoli

All’indomani dell’inaugurazione della Galleria Umberto I a Napoli1(1bis), avvenuta il 10 novembre del 1890, nell’area settentrionale del quartier San Ferdinando, mancava da condurre a termine solo l’isolato B della stessa Galleria.

E vale a dire l’angolo urbano a sud tra Via Verdi, già Via Municipio con Via Santa Brigida2, rimasta sventrata in seguito all’esproprio di un suolo sui cui, si legge dal capitolato, fu eretto già dall’inizio dell’Ottocento il palazzo Capone.



Rimasta sostanzialmente inoccupata fino a tutto il 22 novembre del 1893, l’area fu interessata da un blocco dei lavori causa la controversia giuridica che vide rivolti contro il Comune di Napoli e l’Impresa Esquilino di Roma, rea di non aver saputo sorvegliare adeguatamente la direzione dei lavori, per causa della quale, e durante i quali, venne realizzato dagli appaltanti Deserti e Fantoni un piano attico abusivo.

La controversia giuridica restò ferma alla quota prescrittiva che imponeva ai soggetti interessati la rimozione delle parti strutturali considerate fuori progetto e a rimediare al danno a proprie spese nella realizzazione di un teatro che potesse, all’occorrenza, riordinare la ripresa del teatro San Carlino.


Il piano di spesa per il nuovo palazzo fu previsto non oltre le 480.000 lire.

La prescrizione non venne mai rispettata ed in vece del teatro fu realizzato, nello spazio un tempo occupato dal cortile del palazzo demolito, il Salone Margherita.

  • Ma il blocco edilizio della Galleria Umberto I andava completato a tutti i costi ed in tempi sufficientemente brevi e ciò indusse appaltanti e concessionari ad adeguarsi ad un fronte enorme di interessi speculativi portati fino alle estreme conseguenze. Infatti, trovate le somme necessarie all’uso di una buona costruzione, ci si trovò però dinnanzi anche ad un numero enorme di progetti, e bisognava certamente approvarne uno soltanto3. Un primo progetto presentato all’ufficio tecnico del Comune di Napoli portava con sé la firma dell’ingegner Francesco Ciccarelli della ditta Stampa De Angelis e C°, in parte già esecutrice dei lavori nel medesimo cantiere occupato dalla chiesa di Santa Brigida. Nello stesso anno venne presentato e forse era già stato fatto presente, un progetto dell’ingegner Emmanuele Rocco, l’unico a cui è stata riconosciuta la paternità della Galleria Umberto I4. In realtà, il Carrelli, testè citato, alla direzione della Banca d’Italia inviò non uno, ma due progetti di fabbrica alternativi al vuoto da colmare ed un piano di spesa che non superava le 480.000 lire; ai progetti, il Carrelli allegò anche dieci tavole e sulle prime cinque presentava un edificio giudicato tutto sommato buono, ma scartato perché poco conforme all’assetto complessivo delle decorazioni della Galleria, mentre, sulle altre cinque tavole, seppur lo stesso edificio venne rifatto grandioso e meglio decorato, lo si scartò comunque per il troppo sciupio di spazio5.

La copertura dell’intero fabbricato sarà eseguita a terrazza con battuto di lapillo bianco.

Il progetto dell'Esquilino prevedeva la colmata in calcestruzzo e pozzolana vulcanica delle terre di Bacoli.

  • Nella sommatoria degli impegni da prendere, alla fine spuntò fuori, redatto in soli 15 giorni e nemmeno di intenso lavoro, un progetto a firma dell’Impresa Esquilino di Roma, presentato il 31 dicembre del 1893 ed approvato dal Consiglio Tecnico del Comune di Napoli il 17 febbraio del 1894, considerato per tanto, il migliore tra i migliori poiché lo stesso impiegava egregiamente il criterio di massimo sfruttamento dello spazio di fondazione, preferendo, si legge sugli allegati al progetto, le piccole alle grandi abitazioni e l’idea niente di meno geniale di lasciare massima disponibilità a realizzare quartini perfettamente disimpegnati dall’incastro delle abitazioni, semplicemente accorpando lo spazio di più quartini6. Il progetto dell’Esquilino presentava quindi le spese previste per la demolizione del vecchio fabbricato e la colmata in calcestruzzo e pozzolana vulcanica delle terre di Bacoli e questo fino al piano dell’acqua, proseguendo poi con scardoni e malta idraulica. Piattabande ed archi furono disegnati ed indicati sui disegni progettuali in mattoni, fino al piano dello spiccato ed il solaio del primo piano, e sempre in mattoni furono presentati i pilastri e gli archi del secondo piano nobile, mentre per il restante corpo di fabbrica, i piani superiori furono progettati per esser costruiti in muratura di tufo listata con mattoni. Sul capitolato si legge che le volte delle scale furono pensate alla Siciliana, cioè, gesso e mattoni a quattro fughe. Le volte delle scale saranno costruite in travicelli di ferro, e la copertura dell’intero fabbricato sarà eseguita a terrazza con battuto di lapillo bianco. E nel pieno rispetto delle norme edilizie in tema di igiene, per tutte le stanze che risulterebbero costruite a cielo scoperto, sarà provveduto di realizzare un vespaio ad incannizzata. Per quanto riguarda il rivestimento esterno sarà rispettato il decoro già assunto dalle parti di fabbrica della Galleria già esistenti, eseguendo decorazioni in stucco e colore che imita il travertino, assolutamente vietato l’uso anche in quantità minori del gesso nella complicata gestione delle decorazioni di facciata sia su Via Verdi che su Via Santa Brigida.

Le cornici sporgenti oltre i 50 cm vivono di ossatura propria.

La pietra di malta e copertura in marmo verranno realizzati per la balaustrata del 2° piano ammezzato e per il 1° e 2° piano nobile.

  • Ed infine, va ricordata la raffinatezza di ricoprire di ardesia le cornici con sporgenza superiore allo 0,16 cm, mentre quelle che superano i 50 cm vivono di ossatura propria in mattoni installati all’interno del muro maestro. Al pian terreno del palazzo, il pavimento dell’androne verrà eseguito in esagoni di cemento compresso, mentre il pavimento di tutte le botteghe fronte strada e le retrobotteghe sarà invece eseguito in lastre di marmo. A differenza dei pavimenti dei piani ammezzati all’uopo adeguati in esagoni all’uso Marsigliese o in quadretti di buona qualità. Elegante sarà il disegno pensato per le ringhiere parapetto forgiate in ferro e ghisa, per un peso specifico di 35 kg per m2 oltre al peso degli ornati ed il passamano in noce a pulitura. Per quanto riguarda i serramenti a sbarrare il passo ai locali scantinati saranno installate porte di castagno, mentre il portone dell’androne è di Castagno a specchiatura impellicciato d’Abete; tutte i serramenti delle finestre su tutte e due le facciate saranno uguali a quelle già esistenti e le chiusure interne, c’è scritto sul documento, saranno in Picht-Pine laddove è possibile, o altrimenti in Abete del nord di decorato spessore e disegno con buona ferramenta. La decorazione interna ai magazzini sarà costituita solo da uno zoccolo ad olio alto un metro a tinta unita e colla forte alle pareti ed al soffitto; mentre per i piani ammezzati è stata prevista oltre allo zoccolo ad olio anche il relativo bordino alle pareti e sempre colore a fondo unito sia per le pareti che per il soffitto con la sola differenza di semplici riquadrature.

La cucina di ogni appartamento fu opportunamente equipaggiata di focolaio e rosticciera.

I piani superiori invece, avranno stanze con soffitto attintato meglio, colore misto su fondo di seta incartata sulle graticole.

  • Lo spazio cucina oltre ad esser opportunamente equipaggiato di focolaio e rosticciera, vaschetta per l’acqua in ferro smaltato, nelle voltine presenterà tinta a calce ed avrà uno zoccolo alto 1,20 a quadrelli maiolicati. Sempre nelle stanze principali dei piani superiori le pareti presentano uno zoccolo ad olio che imita marmo ed in qualche caso il legname, alto non più di un metro. Gli infissi sia interni che esterni saranno trattati con non meno di 2 passate di vernice. Nota graziosa nei regesti dell’archivio è la notizia sui cessi delle abitazioni: avranno, c’è scritto, vaso di grés con seditoio in legno lucido, e l’acqua del Serino estratta dal condotto pubblico dovrà esser distribuita a tutto il casamento come fornitura principale assieme al gas e all’energia elettrica. In un nota del 26 settembre 1896 il Coniglio comunale rifletteva sull’approvazione per questo edificio della soluzione arcuata in luogo di quell’architravata da eseguirsi per il portale d’ingresso, aggiungendo in nota che sarebbe stato più facile adattarsi alla comodità del vano arcato superiormente come accade del resto per gli altri ingressi agli altri stabili della Galleria, limitando la parte rettangolare del nuovo vano al medesimo livello degli architravi dei vani botteghe fronte strada, e poi chiudere la parte rimanente del portone con la soluzione detta a coda di pavone, in ferro battuto con un buon disegno studiato per adattarsi anche quest’ultimo alla complessa decorazione che riveste tutto quanto l’immobile. Le complesse vicende di questo edificio, vera e propria spina nel fianco della Galleria seguirono l’iter processante del Comune e dell’ufficio tecnico municipale che continuò per un certo periodo a chiedere ulteriormente modifiche al generale disegno architettonico del palazzo specie per il fronte su via Verdi all’incrocio con via Santa Brigida. Il 2 ottobre di quello stesso anno, Adolfo Giambarba chiederà al costruttore appaltante altre proposte di modifiche alla soluzione adottata ed ancora, il 16 febbraio del 1897 parte la grande critica che finirà anche sulle riviste dell’epoca rilasciata dal Consiglio Comunale, su quel fregio incastrato sulla parte più alta del portale e che tutt’oggi ben si può ammirare. Una scultura decorativa a grandi linee accettabile ma, a parere degli esperti, la grandezze delle figure in esso ritratte sembrerebbero non esser proporzionate alla grandezza del riquadro che le ospita, e lo stesso riquadro poi, sembra appesantire una condizione architettonica già di per sé abbastanza pesante. Il riquadro scultoreo a ben vedere si adagia quasi sulla curva del vano del portone, e questo, ancora, è evidente manca di un perfezionato archivolto. Il portale durante tutto il corso della sua vita è stato più volte smontato e poi rimontato dai professionisti.


Spazio note

(1) Galleria Umberto I. Architettura del ferro a Napoli di Ugo Carughi prefazione di Giancarlo Alisio, Franco Di Mauro Editore. Il presente volume nasce da una ricerca condotta nell’’ambito dei programmi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ISBN-88-85263-86-0 BNN distribuzione 2008 D 12
(1bis) Il 14 ottobre del 1894, il liquidatore Carlo Pezzi, comunica alla Banca d’Italia l’avvenuto interesse di contrarre appalto per gli ingegneri Rocco e Martire alla presenza del notaio Zarbaglio di Roma (A.S.B.I.N, avvocato Miche Rubini, vol. II anno 1919, Indice degli Atti e Documento atto del 18 ottobre 1894). Col documento le persone testè citate si impegnarono per 480.000 lire alla demolizione del casamento Capone e alla rinnovata ricostruzione di un edificio per chiudere l’angolo tra Via Verdi e Via Santa Brigida (A.S.B.I., Fondo Liquidazioni Impresa Esquilino, pratiche numero 81 fascicolo 1 del 22 luglio, 27 agosto, 26 ottobre, 22, 28, 29 novembre e 1 e 4 dicembre del 1893) .
(2) A.S.B.I., Fondo Liquidazioni, Impresa Esquilino, pratiche n° 82, fascicolo 1, 12 novembre del 1893, Progetto di completamento dell’edificio della Galleria Umberto I sulle via Municipio e S. Brigida. Napoli.
(3) A.S.B.I., Fondo Liquidazioni, Impresa Esquilino, pratiche n° 82, fasc. 1 febbraio 1894.
(4) Ed infine e certo non gli ultimi, si fecero avanti i progetti a firma dell’avvocato Gaetano Rossi Romano e quello della Società per Opere Pubbliche del Mezzogiorno d’Italia e per chiudere la prima rosa di nome, il progetto dell’ingegner Michele Franchini.
(5) A.S.B.I., Fondo Liquidazioni, Impresa Esquilino, pratiche n° 82, fascicolo 1, 22 novembre del 1893, Progetto di completamento dell’edificio della Galleria Umberto I in Napoli
(6) A.S.B.I., Liquidazioni Impresa Esquilino, pratiche n° 82, fascicolo 1 1984, Progetto tecnico e finaziario presentato dall’Impresa dell’Esquilino in liquidazione, per la esecuzione dei lavori occorrenti al completamento della Galleria Umberto I, nella parte posta in angolo tra le vie di S. Brigida e Muncipio.