Edificio Facoltà di Ingegneria Napoli

Mantiene il fronte principale aperto su piazzale Tecchio a Napoli1(1bis), zona Fuorigrotta, con un nucleo immobiliare centrale iniziato nel 1955, ed ultimato con il complesso dei laboratori su via Guglielmo Marconi nel 1972 al margine di una zona archeologica recuperata all’uso.
Questo edificio è il risultato finale di un lungo adeguamento non solo strutturale della Facoltà di Ingegneria a Napoli ma anche dei servizi in materia di didattica offerta agli studenti.
Questi infatti, negli anni che vanno dal 1910 al 1975, aumentarono esponenzialmente fino a rendere insufficiente lo spazio adeguato a questo scopo nel corpo di fabbrica occidentale di via Mezzocannone, là dove era stata per un primo momento sistemata la facoltà di Ingegneria, nel vecchio monastero di Santa Maria di Donnaromita, quando ancora si chiamava, Scuola Superiore di Applicazione per Ingegneri di Ponti e Strade.
In ragione del crescente numero di iscrizioni, relativamente al 1937, a seguito di una bozza di progetto a firma Gastone Martini, in forza di finanziamenti stanziati dalla ”fondazione per Il Mezzogiorno d'Italia", si ebbe criterio di costruire una nuova sede del politecnico presso una zona del centro storico di Napoli chiamata Scudillo, progetto che per molte ragioni, in primo luogo il sopraggiungere della Grande Guerra non fu mai realizzato1ter. Si ricorda il termine dei lavori in data 1980 per le sedi del biennio su via Claudio2.
Gli usi ingegneristici dell'edificio di piazzale Tecchio.
Si tratta di un edificio collocato all’interno di un insieme di altri immobili a composizione di un organismo architettonico emblematico dell’offerta dei sotto servizi.
- In relazione alla distribuzione del verde tutto intorno e al proporzionamento delle aule e per questo intendimento, si adotteranno, validi per tutti gli elementi dell’insieme, la ”pianta a T” ottima per regolare la pendenza del terreno soprattutto in rapporto all’altezza degli immobili destinati all’uso e alla loro lunghezza adeguata ai requisiti premessi. Oltre alla soluzione di un corpo di fabbrica centralizzato su piazzale Tecchio, dalla facciata che riflette con fedeltà la maglia strutturale, attraverso una griglia portante intonacata e posta a rilievo da un rivestimento in Kinkler delle specchiature. Ed infine, la torre centrale dell’edificio della Facoltà, fu giustamente pensato come fondale scenico per l’asse della Domitiana, composizione, questa, molto in voga a quell’epoca, di fatto poi già sperimentata con la collocazione del palazzo dei Mannajuolo su via dei Mille allo storico incrocio di questa con le Rampe Brancaccio e via dei Filangieri, ed il palazzo Volturno a piazza Carità per fondare una quinta scenica per l’asse di Via Toledo. Questo edificio è uno dei tanti elementi architettonici che sarebbe dovuto sorgere nell’area dello Scudillo al Rione Sanità, cuore del centro antico di Napoli. Un esteso perimetro urbano caratterizzato da orografia estremamente accidentata, descritta sulle proiezioni del piano regolatore del 1939, come area da riqualificarsi, poi formalmente tutto caduto in rinuncia per sempre, anche e soprattutto in vista dei benefici che ne avrebbe tratta questa zona di Napoli, all’indomani del piano che l’avrebbe coinvolto nelle raccomandazioni Historic Urban Landscape. Per questo impianto destinato allo studio delle scienze ingegneristiche, invece, si decise di insediare le aree più prossime al quartiere fieristico della Mostra d’Oltremare, area considerata idonea sia per la facilità di comunicazione in sostanza col centro storico della città, garantito dai collegamenti interrati e quelli più storici scavati nel monte, sia per la vicinanza alle aree industriali di Bagnoli ed Agnano onde poter favorire l’integrazione dell’insegnamento teorico allo studentato ingegneristico con le più pratiche e prammatiche esperienze di cantiere.
Fu realizzato negli anni Sessanta del Novecento, a seguito di sperimentazione progettuale durata quindici anni.
Già nel 1948, verranno disegnati i primi ruoli di attraversamento di piazzale Tecchio a firma di Luigi Cosenza, Camillo Guerra e Gastone De Martino.
- Con un’ipotesi progettuale che avrebbe previsto la fondazione dell’edificio della Facoltà di Ingegneria, in un lotto d’angolo compreso tra via Lepanto, viale Giambattista Marino e via Galeota, concludendolo giusto al centro dell’arco settentrionale di piazzale Tecchio, laddove oggi sorge in superficie lo stadio San Paolo, motivo per cui venne rifiutata e respinta la prima versione del progetto, che avrebbe poi anche previsto, tra l’altro, l’attraversamento di parte dell’area settentrionale di piazzale Tecchio, da due lunghe pensiline porticate. Questo esplicito riferimento progettuale assorbiva tutta la sua forza inventiva dalla conformazione trecentesca dell’Università di Cracovia, in Polonia, ma all’indomani dell’insediarsi sul posto degli stabili impianti di costruzione per il Rione Miraglia-Nicola Amore, il corpo di fabbrica che avrebbe poi ospitato le aule di insegnamento per la Facoltà di Ingegneria, venne così trasferito a monte laddove oggi prospetta il suo fronte principale sul piazzale Tecchio. La soluzione elaborata dallo stesso Luigi Cosenza ebbe così previsto che un primo blocco sul viale Augusto presentasse, così come attualmente è conformato, una cortina poco compatta di quattro corpi di fabbrica che agganciano tramite un porticato, l’edificio della Facoltà alle Case Popolari del Genio Civile, mentre all’interno, proprio l’idea di un chiostro genera e organizza gli spazi. Un secondo gruppo di immobili appartenenti al medesimo impianto, è composto da sei corpi di fabbrica tutti prospiscienti via Claudio, disposti a pettine sulla strada e destinati alle aule e laboratori di sperimentazione; su piazza Gabriele D’Annunzio, alcuni immobili furono destinati alle attività di ricreazione e sport per gli iscritti all’Ateneo. L’aula magna e l’aula per le lezioni sul viale Augusto determinano una depressione al centro di una microarea di fondazioni, attorno alla quale sorgono vari complessi, di cui, quello relativo all’Istituto Motori è il più rappresentativo della facoltà di Ingegneria, poiché è il più alto, ben visibile dal viale Augusto su cui affaccia e da dove è possibile scorgerne gli ultimi livelli molto rastremati. A questo edificio si accede attraverso un grande atrio porticato, in intima e diretta relazione col giardino di corte al suo interno. Scale in ferro aperte, tipiche dell’architettura napoletana, conducono da questi ambienti ai piani superiori, dove vi sono le sedi della Presidenza, la biblioteca di facoltà e le aule per le lezioni. I grandi pannelli di Paolo Ricci e Domenico Spinosa impreziosiscono il tema della decorazione parietale.
Spazio note
(1) L. Cosenza, Nuovo Politecnico di Napoli, in L’architettura. Cronache e storia, n° 12 1956; P. Ricci. Itinerario di un razionalista a Napoli. L’opera di Luigi Cosenza., in L’architettura. Cronache e storia, n° 160 1969; G. Cosenza, F.D Moccia a cura di Luigi Cosenza. L’opera completa, Electa Napoli 1987, pagine 174-183 in Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo Architettura e urbanistica del Novecento, premmessa di Mario De Cunzo, prefazione di Renato De Fusco Editori La Terza maggio 1994 BNN S C ARTE B 495/ter BNN SC ARTE B 495/ter pagina 245(1bis) Brevissima disamina sulla sede universitaria di Ingegneria nella sua storia. Vai a questa nota.
(1ter) Riguardo a questo progetto e all’intera vicenda della nuova sede della Facoltà di Ingegneria, si veda FRANCESCO VIOLA, L’architettura degli edifici universitari tra Otto e Novecento: i progetti per il «Politecnico» di Napoli, in ALFREDO BUCCARO, SALVATORE D’AGOSTINO (a cura di), Dalla Scuola di Applicazione alla Facoltà di Ingegneria. La cultura napoletana nell’evoluzione della scienza e della didattica del costruire, atti del convegno di studi, Napoli 5-6 giugno 2002, Benevento, Hevelius, 2003.
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