Costume di Procida III decennio dell’800

Costume di Procida, è un olio su tela di ignoto pittore napoletano del III decennio dell’800 in esposizione permanente presso la ricca Quadreria di palazzo della Prefettura a piazza del Plebiscito di Napoli.

Per la presenza sullo sfondo del quadro, della distesa di Chiaia a Napoli, il dipinto si unisce all’insieme delle illustrazioni d’abbigliamento regionale riattivate in esclusiva nel 1773, da Pietro Fabris, per la Raccolta di vari vestimenti ed arti del regno … dedicati a sua E. il sig. Cav. Hamilton.


Alla rassegna del Fabris, seguì in quegli stessi anni di quel secolo, un tentativo più sistemico da parte di Ferdinando IV di Borbone, attraverso appunto la produzione artistica di tele e quadri, di rilevare la popolazione e mappare il territorio, relativamente all’uso del costume e delle abitudini cittadine, poi di fatto, tutta quanta la raccolta verrà conclusa nel catalogo Vestiture del Regno ad uso della real Fabbrica di Porcellana, a cura di Alessandro D’anna e Saverio della Gatta, per la Stamperia Reale tra il 1783 ed il 1794.
Qui in questo dipinto è ritratta donna con bambina abbigliata alla moda riconosciuta procidana grazie alla pettiera in tela d’Olanda che le cade increspata sul petto.


L’abito che indossa la donna sul dipinto è considerato ”greco” d’origine.

Ed anche dalla redingote scura e ricamata col fazzoletto dalla frange annodato in avanti sulla testa.

  • Straordinaria somiglianza del costume alla veste della ”Luciana di Napoli”. L’abito che indossa la donna sul dipinto è considerato ”greco” d’origine, attribuito all’uso armeno, nato quasi sicuramente in età aragonese, si diffuse largamente tra la gente di mare durante gli insediamenti ottomani dell’isola nel golfo di Napoli. Un quadro simile, ottenuto per ragioni provvedute dalla Casa regnante, è edito col numero 117, dal Martinet a Parigi, appartenuto alla collezione Cosutmes des Dipartiments de l’Empire Francais, sul quale è tuttavia riprodotta una figura di donna procidana, ritratta di spalle, si che sia visibile la caratteristica zimarra a tre lembi, utile, c’è scritto sul documento, a rialzarla sul capo in caso di pioggia improvvisa, quando si entrava in chiesa, ma ancor di più, per civetteria. E in effetti, dagli studi demoetnoantropologici condotti sulla vita e le abitudini degli isolani, si evince che questo particolare costume procidano si arricchì di gioielli e preziosissimi ricami in oro solo nel Quattrocento. Tuttavia, non è escluso che l’abito in sé fosse già stato considerato dalle indossatrici come un vanto sociale di riscattata prosperità legata all’attività agricola, alla pesca, al commercio, o anche solo alla condizione di vedovanza. Qui, il soggetto del dipinto, una donna, è vestita di pannicello di castoro rosso scarlatto, come rosso è anche il colore della gonna in tessuto setoso e rossa anche la zimarra invernale, ricamata dalle spunte di Spagna, che le conferiscono la preziosità del ricamo dicesi in cocciole di oro. Ma la suggestione del complesso iconografico della donna di Procida sta tutto nel manteseno, legato ai fianchi da fiocchi di nastro azzurro, il fazzoletto di Messina colorato coi fiocchetti in oro, i papusci di seta frangiati in oro ed infine, gli orecchini di perle e filigrana con pendenti in mandorla, che sostengono i più giri della collana ferma al petto da una spilla d’oro. Si ricorda che il dipinto è interessante principalmente per la straordinarietà della resa dei tessuti, tra i quali, ad emergere su tutti è il raso, segue il velluto e la seta nelle due versioni rosso-blu, verde-rosso. Gli abiti ancora una volta occupano tutta l’attenzione del complesso visivo del quadro, che si differenzia da tutti gli altri della sua specie per la postura delle due figure e per la qualità degli incarnati, qui trattati non alla maniera legnosa.


Spazio note

(1) Olio su tela cm 210x131 inventario Gianni De Martino Prefettura Napoli
(2) Contributi: Ugo Carughi, Luisa Martorelli, Annalisa Porzio in Il Palazzo della Prefettura introduzione di Agatino Neri. Sergio Civita Editore Officine Grafiche Peerson Napoli 1989.