Villa Ebe a Pizzofalcone Napoli

È la villa Ebe, una delle tante ville storiche di Napoli1, arroccata sul promontorio di Pizzofalcone dal quale spunta con corpo emergente ed alla base due contrafforti sul muro di contenimento della Caserma Nino Bixio.

Si presenta in pietra grigio vesuviana, faccia a vista e sormontato da due torri che ne segnano il senso in verticale, mentre elementi di fascia marcapiano ne scandiscono l’andamento in orizzontale. Si chiama Villa Ebe dal nome della moglie di Lamont Young.

Si tratta di una delle ultime ville del repertorio architettonico di Lamont Young, l’architetto inglese che, assieme al banchiere Astarita, col quale fondò pure la SEMEN, Società Edilizia Monte Echia a Napoli, nel 1914, ha dato lustro all’architettura napoletana.

Dell’atteggiamento eclettico ed ultramoderno di Lamont ne è stata resa memoria nella targa in maiolica colorata posta all’ingresso di questa villa con su scritto: ”LAMONT YOUNG NAPOLI 1851/1929 UTOPISTA, INVENTORE, INGEGNERE DI UNA NAPOLI MODERNA”.

 Questa struttura, forse tra le più affermate nel solitario paesaggio di architettura Liberty esposta sulla distesa del golfo, sorge sull’area acquistata dagli anzidetti personaggi, che, a partire dal fondo di Via Chiatamone, cioè dalla chiesa delle Crocelle, e la sequenza di palazzi in direzione del fronte Galleria della Vittoria, con l’uso di rampe carrabili, composero il percorso con cui è possibile raggiungerla.


Molte furono le istanze promosse dall’architetto inglese che non trovarono accoglimento.

Pur tuttavia va ricordato che lo stesso architetto ed il banchiere suo socio, ebbero altrimenti intenzione di assediare il Monte Echia.

  • Dalle spalle dei palazzi dei Grandi Alberghi di Partenope fino al fronte rivolto all’interno, che domina il settore del pallonetto a Santa Lucia, di un edificio mastodontico uso uffici ed alberghi, che in stile perfettamente neoindiano, dalla sommità del capo, scendesse di quota in quota fino al borgo dei Marinari. Ma così non fu, come per altro, molte furono le istanze promosse dall’architetto inglese che non trovarono accoglimento presso le sedi del Comune, ed all’ennesima, trovatosi nuovamente senza autorizzazioni, nel 1920, a vent’anni dalla consegna del palazzo Aselmeyer al Corso Vittorio Emanuele, Lamont Young diede avvio alla costruzione della Villa così come oggi la si osserva, per risiedervi lui e la famiglia del socio Astarita. Questa parte di struttura poi fu distrutta dai bombardamenti del 4 agosto 1943. L’arco della finestra del primo piano, perfettamente replicante un’ogiva gotica d’oltralpe, il loggiato all’ultimo piano della villa, contrassegnato da archi a sesto acuto, poggianti su di un lieve aggetto sorretto da mensole, ed una merlatura in funzione di coronamento, ne connotano l’aspetto più proprio di un castello tipico della valli inglesi. La facciata della “villa-palazzo-castello”, si articola proprio attorno al corpo aggettante sopra descritto, offrendo visibilità ad un’asimmetrica posizione di terrazze, finestre e verande, alcune di queste costruite molto probabilmente fuori dal progetto previsto e molto tempo dopo rispetto alla data di consegna dell’immobile. Gli interni della villa sono praticamente sopraggiunti all’era moderna quasi del tutto intatti: la massiccia scala in legno mista ad elementi in ferro che la sostengono al muro maestro, il soffitto in legno scuro cassettonato, i bow-windows, le articolatissime porte in legno a masso, gli elementi della decorazione ottenuta col ferro battuto, una stufa a legno ed il rivestimento in maiolica.


Spazio note

(1) Pasquale Belfiore e Benedetto Gravagnuolo Architettura e urbanistica del Novecento, premmessa di Mario De Cunzo, prefazione di Renato De Fusco Editori La Terza maggio 1994 BNN S C ARTE B 495/ter BNN SC ARTE B 495/ter