I milionari

Tre milioni di euro ogni 24 ore per un gruppo-zona che gestisce fino a quindici piazze di spaccio per la distribuzione di quattro chili di buona Coca Honduregna.
Da un punto fisso del Sistema inondi di droga tutta l'Italia ma se vuoi esser davvero un capo non devi drogarti. Devi esser pulito come uno che va in chiesa tutte le domeniche.
Milionari. È il titolo del lungometraggio realizzato dal regista salernitano Alessandro Piva, nel 2013, produzione Teodora Film, con la partecipazione di Francesco Scianna, Gianfranco Gallo e Valentina Lodovini, tratto dal discreto successo editoriale del romanzo: I Milionari, edito da Mondadori, scritto dal pm antimafia Luigi Alberto Cannavale e dallo scrittore Giacomo Censini, sulla base delle dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Maurizio Prestieri, il boss camorrista del rione Monterosa a Secondigliano di Napoli, uno dei capi del direttorio che governava in parte l'Alleanza di Secondigliano, nonché ex braccio destro di Paolo Di Lauro capo indiscusso dell'omonimo clan.
Il lungometraggio sarà in corsa per il film festival di Roma dell'anno successivo alla sua pubblicazione riscuotendo un discreto successo e seppur nulla lo fece intendere col film si diede inizio alla lunga epopea cinematografica sulla vera storia di Gomorra.
Le dichiarazioni del collaboratore furono da sempre ritenute attendibili oltre ogni modo; esse riguardarono principalmente la vita economica del gruppo dei sodali di Secondigliano, i padroni della città, succeduti al potere egemone di Luigi Giuliano, Gennaro Licciardi, detto, Gennarino la Scimmia, e più di tutto l'ascesa ed il declino di uno dei più potenti tra i boss della malavita organizzata napoletana dopo Raffaele Cutolo, Paolo Di Lauro e per qualche tempo, anche il figlio, Cosimo.
Il tesoro di Gomorra.
I milionari è però anche la sintesi perfetta per descrivere la personalità del gruppo criminale che visse il ventennio d'oro all'ombra delle Vele di Scampia.
- Oro a lingotti, diamanti a cascate, cassette di lapislazzuli, pietre preziose, quadri, oggetti d'arte, case, ville con piscine, e palazzi, grattacieli a Milano e nel mondo, e soldi di carta, tanti, tantissimi soldi di carta, da non farne più specie a vederne tanti. Le dichiarazioni del Prestieri iniziarono col suo stesso stupore per la tanta, troppa ricchezza accumulata dal gruppo in poco più di vent'anni di lavoro sporco. La questione della ricchezza è un dato di fatto abbastanza delicato, poiché proprio dalla gestione delle immense fortune accumulate si è iniziati ad uccidere praticamente chiunque. Pochi sanno infatti che a Paolo Di Lauro quand'era solo un gregario di Aniello La Monica venne affidato il compito di remunerare le famiglie dei carcerati ed i carcerati stessi facendo loro dei vaglia postali. Su questa faccenda sia Paolo Di Lauro che il capo Aniello La Monica si giocarono la vita. Tra di loro ci fu per molto tempo il sospetto che l'uno fregasse l'altro i soldi che servivano invece a mantenere i carcerati e famiglie. Nessuno saprà mai se ciò corrisponde a vero oppure no, non c'è ne è prova, né certezza che fosse vero. Vero è che invece tra i due girava avanti e dietro il sospetto che la cosa fosse invece vera. Nella malavita è praticamente una mossa falsa verificare un sospetto, perchè non ne potresti avere il tempo. Paolo Di Lauro infatti non ebbe il tempo di comprendere che si vide addosso i sicari spediti dal suo capo e fortuna per lui andò male per La Monica. E mentre il sospetto continuava a vivere come tale, Paolo Di Lauro risponde all'agguato con agguato ed avendo più fortuna riuscirà nell'impresa, uccidendo il capo e sostituendosi ad esso. Racconta lo stesso Prestieri che tanti erano i soldi ancora n circolazione che la camorra gli avrebbe offerto un milione di euro per ognuna delle denunce che egli stesso firmò di suo pugno e che avrebbe voluto ritrattare. Una cifra enorme di danaro per interrompere il flusso delle dichiarazioni ma Prestieri non ci ripensa, ed anzi, denuncia anche quest'ultimo tentativo di corruzione. Ma secondo le dichiarazioni di Prestieri, il vero tesoro di Gomorra sono gli affiliati, altro ecosistema di Secondigliano; solitamente se ne fa parte da giovanissimi, primo ruolo quasi sempre lo sguattero, quello che fa il lavoro sporco, l'assassino. Un esercito di poveri cristi tra i quali, in embrione, esiste già il futuro boss. E prende ad esempio se stesso, ricordano di un viaggio che egli fece Napoli-Torino andata e ritorno solo per farsi vedere dagli amici salire e scendere la scala mobile che lo portava all'interno di un aereo. Il primo, secondo quanto lui stesso dichiara, di tutto il suo rione a prendere un aereo, anche quello un modo di dimostrare la propria ricchezza, ostentare la propria ” … bossaggine”. Volo per Torino, arrivo all'aereoporto scende, un giro per il Ternminal e ritorno a Capodichino. Senza alcun senso, solo la capacità e la libertà di poterlo fare. Poi in futuro ne prenderà altri e altri ancora di aerei per girare l'Europa, il mondo, in nome e per conto degli affari del clan suo e quello del suo capo, Paolo Di Lauro. Con gli aerei avanti e indietro, aggiunge, siamo diventati ricchi, potenti, inarrestabili. Abbinante, alias, Papele e Marano, a quell'epoca non sapeva neppure cosa fosse un assegno. Si racconta che ne lasciò cadere uno a terra, la prima volta che qualcuno glielo lasciò in pegno di pagamento urlando come un pazzo: ” …. io voglio i soldi quelli veri”. Dopo vent'anni la stessa persona investe in borsa, compra e vende titolo petroliferi, oro virtuale, un uomo d'affari, insomma.
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