Ruota degli Esposti Napoli

È tutto ciò che sopravvive dell’attività assistenziale del brefotrofio interno all’ospedale dell’Annunziata Maggiore a Forcella di Napoli, ente assistenziale di notevole portata ed importante per il Mezzogiorno d’Italia.
Fu seconda solo al bastione degli Incurabili tra Caponapoli e Sant’Andrea delle Dame sul colle a piazza Cavour, e suffragato dall’azione congiunta del monastero di Sant’Eligio al Mercato e l’Albergo dei Poveri a piazza Carlo III.
Entrò in funzione nel primo decennio del Seicento3, registrando elevati picchi di esposizione nel Settecento4 e tutta la buona metà dell’Ottocento, secolo in cui fu soppressa per poi esser ripresa e musealizzata da un progetto di recupero d’ambiente pilotato dalle municipalità Mercato e Pendino, lungo il corso del Novecento.
Venne chiusa per sempre nel 1875, in luogo di un apposito ufficio per le adozioni regolato sulla base dell’articolo 5 dello Statuto organico alla Real Casa Santa, siglato nel 1875 e convalidato nel 1883, all’indomani del periodo italiano interessato dal dibattito circa le condizioni di vita all’interno degli ospedali con accoglienza affidato al “sistema ruota”.
La geografia degli abbandoni a Napoli e nelle altre città d'Italia.
Per quanto riguarda il brefotrofio, questo fu chiuso nel 1980. I primi abbandoni sono registrati non oltre il 1623, gli ultimi portano data 1874.
- Le zone di Napoli da cui provenivano i bambini sono in massima parte legate al centro storico della città; fuori Porta San Gennaro, Sanità, ma anche e soprattutto le zone dei Quartieri Spagnoli, Santa Lucia al Monte, Santa Maria Ognibene, Pignasecca, Sant’Anna di Palazzo; la fascia periferica ha contribuito col maggior numero degli esposti, 572 solo nel 1815, attestando in alto all’indice le zone di Chiaia e Capodimonte5(6). L’opera di accoglienza della Ruota napoletana di Forcella ha funzionato fin da subito ispirandosi alla pratica della Ruota dei Projetti dell’Ospedale di Santo Spirito in Saxia di Roma7, della Ruota degli Esposti del Pio Ospedale di Pietà di Venezia8, all’Ospedale di Santa Caterina alla Ruota di Milano, al Santa Maria degli Innocenti di Firenze, ospedali questi adattati dagli immobili di chiese e vecchi monasteri sull’onda del fenomeno degli abbandoni in Italia, che dal Seicento fino all’Unità d’Italia assunse un andamento niente affatto dissimile dagli altri Stati d’Europa primo tra tutti la Francia. Piuttosto, con questo strumento, si diede luogo in Italia ad una assistenza sanitaria pediatrica che finì per coesistere in simbiosi col baliatico, e cioè, l’attività di accoglienza riservata alle donne altrettanto bisognose di assistenza, economicamente inquadrate come possibili nutrici9, messe a stare assieme al già corposo gruppo delle maieutiche napoletane e levatrici professioniste provenienti dalla provincia di Terra di Lavoro, persone fisiche, queste ultime, che andranno poi a costituire le prime forme di persone giuridiche mobilitanti il sistema economico del maritaggio10(11).
La Ruota degli Esposti ed il cognome Esposito.
La Ruota ha accolto bambini e bambine con prevalenza per le femmine12 nate fuori dal matrimonio o pur legittime.
- Ma comunque non sussidiate dai genitori naturali, cui, spesso le proprie condizioni di vita denunciavano afflizioni ed indigenze perpetue, o episodi pregressi di morte per fame in famiglia, o più semplicemente e più spesso, solo per salvare l’onore della famiglia e la reputazione di una donna fanciulla sedotta. Passerà alla storia del borgo di Forcella anche col termine di buca, per testimoniarne l’uso infamante che se ne è fatto, poiché spesso, l’abbandono avveniva praticamente sotto gli occhi di tutti, al punto tale che questa pratica il più delle volte fu accompagnata da motti ed improperi rivolti alla donna che stava per buttare nella buca il bambino e appena ciò era stato compiuto si procedeva ad una piccola festa di quartiere in onore dell’abbandonato, il quale, a tutti gli effetti giuridici, da quel giorno in poi, portava con sé una seconda data di nascita13, seguito da un nuovo cognome, molto spesso, scelto come: Esposito.
La Ruota degli Esposti nel Seicento.
L’esposizione non era necessario che avvenisse per mano diretta della madre naturale.
- Ma è già pratica diffusa nel primo quarto del Seicento, che i bambini venissero trovati abbandonati per strada e solo da altre donne condotte piamente all’assistenza della Ruota; le notizie circa l’andamento delle immissioni alla Ruota non vanno oltre il carteggio remoto del 1623, anno in cui, si sa solo che l’ospizio riuscì a dar posto fisso a 1.063 abbandonati di varia età, di sesso differente senza specificare quanti i maschi e quante le femmine, la maggior parte, attestato che furono ritrovati per la pubblica via, prefigurando una vera e propria geografia degli abbandoni: molti provenienti dalla provincia, dai casali di San Pietro a Patierno, Barra, Ponticelli, Secondigliano, Marano, Piscinola, Miano e Fuorigrotta. I luoghi degli abbandoni non furono solo catalogati per zona, ma anche per tipologia di classe sociale, nel senso, che son state ritrovate cartelle residenziali di esposti su cui, se ne dichiarava il ritrovo dello stesso in un luogo dove sorgeva una casa signorile, un posto di guardia, una casa cantoniera, un monastero, una chiesa; quest’ultima veniva scelta solo perché abbastanza frequentata da garantire il ritrovo dell’abbandonato in tempo sufficientemente breve, prima del sopraggiungere della morte, per fame o per stenti. Dalla lettura degli atti emerge un quadro significativo delle chiese che prevalsero in questo tipo di fenomeno: San Giacomo degli Spagnoli figura tra le prime chiese, segue Santa Maria di Costantinopoli sull’omonima strada, San Gennaro dei Poveri alla Sanità, ed infine, ma non ultima, la chiesa della Trinità delle Monache ai Quartieri Spagnoli.
Il maritaggio per i figli maschi ed il baliatico per le femmine, tutti figli della Madonna.
L’affidamento del pupo alla ruota, concedeva per ”pacifica et consolidata giurisprudenza”, alla Real Casa Santa dell’Annunziata il privilegio delle donazioni da parte di vari organi dello Stato religioso.
- All’epoca della fondazione questo privilegio fu poi traslato allo Stato Civile con la pia pratica del maritaggio e la costituzione del fondo dotale per le fanciulle povere e bisognose, di cui, l’ultimo atto, firmato 31 dicembre 1884, porta la firma dei Governatori del Pio Monte di Misericordia già pienamente attivi a questo scopo presso l’omonimo palazzo ai Tribunali. Per i bambini maschi inoltre, si provvedeva per atto costituito, di risarcirlo dei diritti alienati dalla mancata potestà per effetto diretto dell’abbandono, ed all’idoneità al sacerdozio perduta durante il parto illegittimo14. Diversamente, per le femmine, venne concesso loro, a partire dal giorno del ritrovo alla ruota, di restare a vita presso la Casa dell’Annunziata oppure, cessato il periodo di baliatico, di poter esser affidate come serve in famiglie di classe agiate, o anche, altrimenti generare nuova famiglia coi fondi messi loro a disposizione. Logisticamente, dall’altro lato della ruota ad assistere all’abbandono, la rotara, una donna posta al servizio di guardia, la quale, al suono della campanella, provvedeva a girare la ruota e a consegnare l’abbandonato alla levatrice, che stava sul posto fissa. È esistito fino al 1739, una diversa forma di esposizione considerata inammissibile per procedura data; capitava più volte, infatti, che alcune donne insistevano a nascondere agli occhi del quartiere l’esigenza di abbandonare il figlio e per questo si procurarono di esporlo per un altro ingresso e senza la liturgia della ruota, fatto per cui, però, tali bambini, mai registrati alla Ruota, non godettero necessariamente dei diritti concessi ai figli di Ave Gratia Plena, cioè non furono giuridicamente riconosciuti figli della Madonna.
Il funzionamento della Ruota nel Settecento
Il funzionamento dell’esposizione degli infanti alla ruota, è stato definitivamente regolato per il brefotrofio durante i primi anni Trenta del Settecento.
- Ciò è stato possibile da regolamenti raccolti sugli strumenti di redazione giuridica aventi il titolo di Istruzioni da osservarsi nella Ruota della Casa Santa della SS. Annunziata di Napoli e dato alle stampe il 27 giugno 1735, poi riprese ed integrate al Regolamento generale della Santa Casa dell’Annunziata con titolo questa volta di: Regole ed Istruzioni della Real Casa Santa della SS Annunciata di Napoli finito di stampare il 27 giungo del 1739. Fu a partire dalla scrittura dei regolamenti che si ebbero più chiare le mansioni di ognuno dei presenti alle spalle della Ruota: il Reverendo custode della Ruota, provvedeva alla marcatura dell’infante, operazione detta anche Mercatura, una sorta di registrazione d’ingresso del nuovo giunto alla Ruota, curato da una specifica tradizione di far indossare al bambino il Merco un collare di corda rinforzata, alla cui estremità, veniva piombata la nuova identità del bambino, composta di una medaglietta di piombo, sulla quale, veniva incisa l’effige della Vergine sulla prima faccia, e sulla faccia opposta la matricola, ovvero: una lettera corrispondente all’anno di ammissione alla Ruota ed il numero progressivo. Una, forse delle più importanti figure professionali, parte del meccanismo di processo d’acquisizione sull’identità del bambino, fu il Portinaro del Monistero, colui che oltre a custodire le chiavi delle porte di accesso al monastero, s’occupava anche di seppellire i cadaveri dei bambini giunti morti alla Ruota; il chiostro dell’Annunziata, all’epoca conosciuto anche come chiostro dei Santi Quaranta ne fu il luogo per la sepoltura. Altro atteggiamento considerato inaspettato, ma che arricchisce le suggestioni recate all’esposizioni dei bambini al brefotrofio fu la ”cartula”, in sostanza il bigliettino che le madri travolte dall’ansia disperata un giorno di riprendersi il bambino, lasciavano tra le stoffe usate per avvolgerlo e sul quale veniva annotato il desiderio di come si sarebbe dovuto chiamare il bambino, età, provenienza, paternità ed altre raccomandazioni di sorta, probabilmente scritte con emozione, fatto per cui, le cartule sopraggiunte all’epoca moderna sono poco chiare, in alcuni casi illeggibili. Nonostante ciò, è più che sicuro che in tutti i casi, un piccolo segno di croce nera, stava a significare che il bambino abbandonato aveva già ricevuto battesimo, ed in ogni caso, giusto per sicurezza, venivano tutti prontamente battezzati, fatto per cui, è proprio di quegli anni, un significativo, drastico cambiamento di affidare un nome15. Non mancarono casi di abbandono con cartula lasciata in bianco o senza alcun tipo di segno di riconoscimento, ed in altri casi invece, capitava che anni dopo l’abbandono, ne veniva fatta richiesta di recupero del bambino presentandosi all’ufficio preposto con una cartula praticamente copia dell’originale, grazie alla quale, fu possibile riacquisire i pieni diritti sulla paternità del bambino. In taluni casi, la cartula veniva sostituita da un segno distintivo, tra i quali, spicca per massima frequenza, l’Agnus Dei, l’Agnello di Dio ricamato sulla vestina detta la zigarella. Quel che sorprende più di tutto sono le Pietre di Sale lasciate tra i panni del bambino, ancor oggi gesto inspiegabile, ed ancor di più la metà di un oggetto, tipo la metà di una moneta, di un santino, un carta da gioco, una chiave, una stringa, un ditale, di modo che anni dopo bastava presentare l’altra metà dell’oggetto per reclamarne l’affidamento. Ma più di tutte, furono le gole, cioè macchie della pelle, quelle che oggi si definiscono come voglie, bastava indicare l’esatta posizione della gola sul corpo del bambino ormai cresciuto per ottenerne ancora una volta l’affidamento.
La fonte principale per indagare sul periodo relativo ai primi anni dell’Ottocento sono i registri gestanti detti, Libro della Rota o Registro delle immissioni.
- In particolar modo per il periodo compreso tra novembre 1815 ed ottobre del 1817. In ognuno dei documenti di inizio Ottocento, si continua a registrare l’immissione alla Ruota secondo i criteri guida che hanno determinato il carteggio dei secoli precedenti: anno, mese, giorno ed ora d’entrata al brefotrofio, con stagionalità fissa tra i mesi estivi, con punte massime raggiunte a maggio, e le minime per i mesi invernali con punte massime a dicembre e poi, nome e cognome dell’esposto, sesso, età, fede di nascita, i tratti somatici, il vestiario, ed eventualmente e solo per la prima volta, informazioni utili anche sui genitori nell’eventualità ci fossero le condizioni per un riaffido futuro. Grande particolare indiscutibile ed esclusivo solo per la Ruota napoletana fu, proprio negli anni del XIX secolo, la rottura della tradizione delle Ruote d’Europa di introdurre bambini durante le ore notturne, onde salvaguardarne l’anonimato della donna che abbandonava il bambino. A Napoli capitava strettamente l’inverso: il bambino veniva abbandonato durante il giorno, e, in sostanza, l’abbandono avveniva tra schiamazzi ed urla in una situazione ambientale come di festa più che di drammaticità. In rappresentanza della provincia napoletana degli abbandoni, in lista, nel posto più alto, troviamo le regioni di Terra di Lavoro, corrispondente oggi alla zona sud-orientale della Campania, Pomigliano d’Arco, Acerra e Torre Annunziata. Ce ne sono molti provenienti dalla costiera, dalle isole, dalla Sicilia, e più ci allontanava da Napoli, più diminuiva il numero delle esposizioni alla Ruota; infatti, alla lettura dei documenti in analisi, si scopre che, nei due anni compresi tra novembre 1815 ed ottobre 1817, su 4.670 immessi alla Ruota, 2.999 provenivano dalla sola città di Napoli. E questo va detto, non vuol dire che fossero stati tutti figli di madri napoletane, quanti piuttosto tutti bambini partoriti a Napoli da madri scappate dalla provincia. L’andamento delle esposizioni in termini di sesso ed età degli esposti tra il 1815 ed il 1817 accumulò 2.169 maschi contro le 2.501 femmine; nel 1836 i maschi esposti alla Ruota furono 968 a differenza del numero delle femmine attestato a 1.100; nel periodo post-unitario, la tendenza ad esporre figlie e non figli sarà confermata dalla presenza nel periodo compreso tra il 1871 ed il 1883 di 11.000 maschi contro le 11.200 femmine. Per quanto riguarda le età dei bambini abbandonati, questa si aggira tra il 55 ed il 60% di almeno 2 giorni di vita al momento dell’abbandono, fino poi a raggiungere i 5 ed anche 6 anni con notevoli difficoltà d’esposizione legata al fatto che i bambini più grandicelli non potevano fisicamente attraversare la ruota perché troppo piccola e per questo dunque, la stessa esposizione condizionava definitivamente il soggiorno dei più piccoli. Infine addirittura ci sono stati casi di abbandono di bambini di età superiore ai sette anni. Ed ancora: l’Ottocento fu il secolo dell’acquisizione dei cognomi per gli esposti alla ruota.
L'abolizione del cognone Esposito.
Nell’ambito di un generale senso giuridico di riabilitazione di tutti gli esposti, fu stabilito per decreto proprio negli anni dell'Ottocento che ai bambini non fosse mai più imposto il cognome Esposito.
- Ma altro cognome d’ufficio; all’indomani delle medesime prescrizioni, dunque, sopraggiunsero difficoltà contingenti nell’applicazione della norma che prevedeva casi in cui, ad un gruppo di bambini corrispondesse lo stesso cognome; è il caso specifico di 14 bambini entrati per la Ruota il 24 ottobre del 1817 aventi tutti lo stesso cognome: Laurino. Dagli archivi della Casa Santa dell’Annunziata di Napoli, quelli relativi al periodo 16 dicembre 1816-31 ottobre 1817, si evince in maniera suggestiva quanto ci fosse di toponomastico nell’assegnazione del cognome, designando tra l’altro l’origine dell’abbandonato, tra quelli che ricorrono maggiormente ricordiamo Campania, Molise, Basilicata, Puglia, Abruzzo. Vent’anni dopo questa norma fu abolita e sostituita con modalità attributive che riconducessero ai caratteri somatici dell’abbandonato; si avranno perciò dunque alcuni bambini che godranno del cognome corrispondente tipo: Enorme, Delicata, Lieta, Olivastra, Rosata e via discorrendo. Alcuni tipi di cognomi, ricordiamo, spesso si ispiravano alla natura di certi mestieri: per cui si avranno: Fornaro, Ferraro, Fabbricatore, Molinaro, Faenzaro in altri casi sembra imporbabile, ma è accaduto anche di riprendere cognomi che si ispirassero alla natura, e con questo abbiamo Bosco, Delfino, Dentice, Erba, Fiore, Giglio, Lilla, Tavolo, Pietra. Nonostante gli sforzi contributivi dell’Amministrazioni religiose dell’epoca e dell’azione ducale del feudo interessato al mantenimento della Casa Santa dell’Annunziata, il destino degli esposti comunque era segnato per il novanta per cento di esso alla morte in tenera età.
Spazio note
(1) Per i versi in epigrafe: C. Grandi Benedetto chi ti porta, maledetto chi ti manda. L'infanzia abbandonata nel Triveneto (secoli XV-XIX), Treviso 1997(1bis) Giovanna da Molin I Figli della Madonna- Gli esposti dell’Annunziata di Napoli XVII e XIX secolo Università degli Studi di Bari dipartimento di scienze storiche e geografiche- Consiglio Nazionale delle Ricerche Bari 2001 A Napoli per la Cacucci Editore BNN Sez Nap 9B 539
(2) Gli esposti non potranno esser ricevuti altrimenti nello stabilimento se non passando per una buca quadrata di tre quarti di palmo, che, dalla strada dell’Annunziata risponde ad una ruota N. De Crescenzio I Brefotrofi e la esposizione dei bambini. Relazione presentata al governo della R. Santa Casa dell’Annunziata di Napoli, Napoli, 1873, pagina 210.
(3) L’articolazione, scritto sul testo, del fenomeno degli abbandoni di neonati e di bambini di età superiore anche ai due anni, oscilla tra le 500 e 700 unità l’anno,fino a scendere attorno alle 400 unità negli anni Sessanta di questo secolo per poi riguadagnare la nuova soglia delle 800-1000 unità nel corso degli ultimi vent’anni del XVII secolo.
(4) Durante tutto il Settecento, la stessa organizzazione d’impresa dei brefotrofi italiani agirà come mobilitante per il fenomeno delle esposizioni alla Ruota; a Napoli l’abbandono cavalca le grandi cifre dei 1.000-1200 unità l’anno nei soli primi trent’anni, 1.500-1.700 a metà secolo fino anche ai 2.000 unità l’anno, la media di 5 bambini al giorno con un tasso di mortalità prevalente rispetto alle stesse esposizioni. Nell’anno della fame, 1764, per effetto anche di una concomitante carestia ed in seguito un’epidemia di peste, alla Ruota verranno esposti 5.000 bambini ed infine nel decennio 1791-1800 si toccheranno le punte più alte fino a 24.000 bambini esposti.
(5) Più che un ospizio, la Santa Casa dell’Annunziata divenne una tomba: nell’anno della Fame a Napoli, 1764, la rota condannò molti, moltissimi dei bambini e delle bambine esposte, causa la mancanza di balie e di latte, anch’esse soppresse dalla fame a dalle malattie. C. Petraccone, Napoli dal ‘500 all’800. Problemi di storia demografica e sociale., Napoli 1974 e confronta per questo aspetto anche: G. Da Molin, Carestia ed Epidemia del 1763-64, in Capitanata ora in Popolazione e società. Sistemi demografici nel Regno di Napoli in età moderna, Bari 1995 alle pagg. 135-174
(6) Sui registri gestanti del 1852, figura il nome di Vincenzo Gemito, esposto alla Ruota e dato in affidamento ad Emanuele Caggiano, emerito professore dell’Accademia di Belle Arti, Il suo futuro ispiratore alla pratica dei calchi e dei gessi, divenuto il massimo rappresentante della scultura realistica di scuola napoletana nel mondo. L’unica bambina sopravvissuta alle morti del 1764, fu una bambina esposta alla rota il 3 aprile di quello stesso anno, e, evidentemente la scelta del nome fu forse l’unico caso in cui cadde su: Fortunata.
(7) C. Schiavoni Gli esposti o i projetti alla ruota dell’archiospedale di Santo Spirito di Roma dal 1700 al 1824, in S.I.D.E.S., La demografia storica delle città italiane, Bologna 1982 pagg 663-679, del medesimo autore anche: Gli infanti esposti del Santo Spirito in Saxia di Roma tra ‘500 ed ‘800: numero, ricevimento, allevamento e destino, in Enfance abandonnée et sociètè en Europe. XIV_XX siècle, ‘Ecole, Francaise de Rome, Roma 1990 pagg 1071-1064
(8) C. Grandi Il baliatico esterno nel piano di generale regolazione del Pio Ospitale della Pietà di Venezia del 1791, in G. Da Molin Trovatelli e balie in Italia. Secc, XVI-XIX Bari 1994, pagina 222
(9) Le balie, cioè le donne preposte alla nutrizione dei bambini con latte proprio furono a loro volta, oggetto di altra storia parallela di cui, la precisa indicazione sulla retribuzione, il vitto e l’alloggio, furono redatte da Francesco Pepe nel 1790, e nonostante tutto, oggi ancora restano oscure le prescrizioni addotte per regolare il flusso delle balie alla Real Casa Santa dell’Annunziata, né tanto meno si sa come veniva gestita la pratica di adozione di uno solo degli esposti, come venivano valutati i requisiti economici e morali della famiglia affidataria e sulle generali condizioni di vita del bambino in corso di affidamento; si sa solo che, tra le riserve presenti nel regolamento del 1739, era obbligatorio affidare il bambino ad una famiglia scelta per sorteggio e soprattutto, alle balie della provincia veniva affidato l’esposto proveniente dal centro città e diversamente, alle balie del centro storico, capitavano gli esposti provenienti dalla provincia. Questo sistema di ricapitolare le posizioni, cioè il bambino del centro ad una madre della provincia e viceversa, fu operazione necessaria all’uso di frenare la drammatica questione delle frodi perpetrate a danno del fondo dotale della Santa Casa dell’Annunziata da parte di donne aspiranti nutrici esterne, istanti a loro volta di richieste d’adozione solo per lucrare il diritto pecuniario legato all’adozione, il più delle volte poi, si è registrato una fuga del bambino dall’ambiente d’adozione per niente diverso dall’ambiente d’origine. F. Pepe Memorie per servire al miglior ordine e trattamento degli esposti della Santissima Annunziata di Napoli e del Regno, Napoli, 1791, pagina 180 (10) Le procedure di pagamento alle nutrici esterne, venivano espletate dagli Ufficiali detti del Libro Maggiore dei Projetti, secondo il quale, si evince che le cosiddette paghe alle balie si differenziavano in base al sesso dell’affidato, l’età e le condizioni di salute, fin tanto che man mano che cresceva l’affidato, man mano diminuiva il compenso. Troppe volte è accaduto che man mano che cresceva l’affidato, al diminuirsi della dote necessaria per il mantenimento, spesso diminuiva anche l’interesse della nutrice a proseguire il percorso adottivo. C’è da aggiungere che molte volte, alla Casa Santa dell’Annunziata venivano inoltrate richieste di danaro per la prosecuzione dell’ufficio detto di madre d’allievo da parte di donne a cui era stato affidato un bambino nel frattempo morto, oppure venduto ad altre famiglie o peggio ancora, nuovamente abbandonato.
(11) Durante gli anni Venti del Seicento, la Santa Casa dell’Annunziata dava lavoro a 4000 donne, di cui 2.500 erano nutrici, 700 di queste, pagate giorno per giorno, il resto contribuite con mensilità regolare. Discorsi intorno all'origine, regimento e stato della gran casa della santissima Annunziata di Napoli, di F. Imperato,... con la nota di tutti li economi governatori nominati per il governo di quella... - Napoli : appresso E. Longo, 1629. - 115 p. ; 20cm. B. Branc. 035B 37
(12) Solo nel 1764, alla ruota furono esposti 4.675 bambini, in media, 13 abbandoni al giorno, di cui 2010 furono i bambini maschi e 2665 le femminucce; impressionante se solo si confrontano i dati relativi al 1763, solo 1.670 bambini, 5 abbandoni al giorno, 727 maschi e 943 femmine; l’anno successivo alla ruota si introdussero 1.544 bambini, 712 maschi e 832 femmine. Il numero quindi degli abbandoni di figlie femmine in luogo di preservare quelli maschi è stata una costante del fenomeno, anche perché tra l’altro, proprio il brefotrofio napoletano garantiva alla ragazze una dote in caso di matrimonio o in alternativa, assicurava loro un vitalizio sul soggiorno alla Santa Casa. A partire dalla costituzione del 1875, il soggiorno a vita fu soppresso e fissato a 25 anni l’età massima raggiunta per il diritto all’assistenza, con divieto di ritorno alla Casa per le esterne che avessero già compiuto il 21 anno d’età. Caratteristica demografica degli esposti G.Da Molin, Nati ed abbandonati. Aspetti demografici e sociali dell’infanzia abbandonata in Italia nell’età moderna, Bari 1993, pag 239
(13) A.S.A.N., Archivio Storico dell’Annunziata di Napoli, Regole ed istruzioni della Real Casa della SS Annunciata di Napoli, Napoli 1730, cap. III Della Ruota, art. 1, pagina 59
(14) Teresa Filangieri Ravaschieri Fieschi Storia della Carità napoletana, Napoli 1875, vol I, pagina 45
(15) F. Doriguzzi I messaggi dell’Abbandono: bambini esposti a Torino nel ‘700, in Quaderni storici, 53, a XVIII, 1983, pagina 422; cfr: L. Tittarelli, Gli esposti all’Ospedale di S. Maria della Misericordia in Perugia nei secoli XVIII e XIX secolo, estratto da: Bollettino della Deputazione di storia Patria per l’Umbria, LXXXII, 1985 pagg 67-73; cfr: C. Delasselle, Les enfants abandonnès à Paris au XVIII siécle et leurs nourrices à Limoges au XVIII siécle, in “Revue d’histoire moderne et contemporaine” XXIII 1976, pagina 421; cfr: J.P. Bardet, Rouen au XVII et XVIII siécles. La mutation d’un espace social, Parigi, 1983, pagina 342 e segg.
Categorie delle Guide
- archivi, fondi e biblioteche
- articoli di storia locale
- bosco di Capodimonte
- cappelle napoletane
- chiese chiuse di Napoli
- chiese di Napoli
- cimiteri di Napoli
- conventi e monasteri di Napoli
- musei e gallerie di Napoli
- Non Categorizzate
- opere d'arte napoletana
- palazzi e case storiche di Napoli
- palazzi moderni di Napoli
- palazzo Reale di Napoli
- rioni, quartieri e zone di Napoli
- teatri di Napoli
- territorio e archeologia
- tombe e sepolcri a Napoli
- vie e piazze del centro di Napoli
- ville della cittĂ di Napoli
- ville della Provincia di Napoli
- Visite Guidate
- zona Mostra
Strutture sponsorizzate
Aggiungi la tua struttura

Lista dei desideri
La tua lista dei desideri è vuota