Il sistema delle Colline di Napoli

Il Parco Metropolitano delle colline di Napoli1, rappresentativo, senza considerare la collina di Posillipo, di un quinto del territorio cittadino, comprende le colline di Capodimonte, CamaldoliVomero

Area immensa a settentrione della città a differenti salti di quota, con tracciato viario primario rimasto intatto ed una rete idrica superficiale restaurata durante gli anni del Giubileo del 2000.


E' stato inserito, nella cosiddetta buffer zone, ovvero area d’allargamento dell’influenza World Heritage List1bis a cui è sottoposto tutto il centro storico UNESCO di Napoli.
Esso è punto d'unione della città bassa e la sua periferia settentrionale, confinante con le pendici degli Astroni, i Senga e Pisani ed il Cratere di Agnano ai Campi Flegrei, dalle quali, restano terre estranee al progetto di delibera del Consiglio Comunale, febbraio del 2001.

A partire dalle disposizione del PRG 2004, sono tutt'oggi 3.000 gli ettari di terra che danno corpo alla grande riserva ambientale, ed è sostanzialmente tutto ciò che resta delle colline di Napoli a partire dall'espansione urbana della città che, dal 1946 al 1983, di episodio in episodio via a via ha alimentato di significato storico il concetto di sacco di Napoli.
Quindi i suoi confini oggi sono ammessi al di qua dei Comuni che formano il primo tratto di conurbazione nordoccidentale con una conformazione altimetrica che le spinge per tendenza orografica verso il centro urbano della città raggiungendolo in più punti.
 


Gli ingressi al Parco si trovano agli accessi delle stazioni metropolitane e ai caselli della Tangenziale.

San Martino è l'unica eccezione che fa isola nel contesto territoriale lasciando il manufatto elevato sul colle, massiccio e prospisciente al tempo stesso verso la valle insediata dalla fondazione del Centro antico della città.

  • Posillipo, che in effetti oltre ad esser un quartiere di Napoli1ter  è principalmente però la sua sola collina esposta al golfo, lungo la sua cresta nella direzione del nord si collega, mediante il colle del Vomero, alla collina più interna dei Camaldoli. La stessa collina di Posillipo circoscrive prima della valle di Mergellina, un'immensa conca semicircolare che trova inizio e fine solo alle falde della conca dei Pisani interessando appena un tratto dei Camaldoli, in un settore conosciuto come Contrada Romana. La strutturazione di queste tre alture, una più alta dell'altra, è il risultato finale di un imponente eruzione vulcanica verificatasi circa 36.000 anni fa e secondo gli specialisti dovette esser stata la massima espressione di forza di questo territorio nell'ultimo milione di anni, conosciuta nella letteratura specialistica come l'Ingimbrite Campana. Tutte e tre le colline anzidette, Posillipo, Vomero e Camaldoli poggiano su di un banco tufaceo di proporzioni gigantesche, di formazione millenaria, caratterizzato da piroclastiti dell'ultimo periodo flegreo, le quali, a potenze variabili affiorano nella sostanza tufacea da 0 a 50 metri. Altra grande caratteristica di questa settore della città, sono le cave, testimonianza dell'attività estrattiva risalente alcune al periodo greco, altre a quello aragonese e altre ancora al periodo viceregnale. Molte di queste cave sono oggi dismesse e mantengono attivo lo stato di riutilizzo permanente, ma più significativamente raccontano le alternate vicende storiche del sottosuolo della città1quater, dal quale, è stato estratto tutto quanto il materiale necessario a costruire in pratica, tutta quanta la città di Napoli. Resta detto che la situazione delle colline di Napoli da un punto di vista geo morfologico ed anche da un punto di vista storico ed urbanistico raccontano della millenaria storia del sottosuolo di questa città.

 

Le colline di Napoli ad est.

Il parco medesimo è posto a ricovero e salvaguardata dalla specifica partecipazione della Giunta Regionale e del piano di salvaguardia ambientale della Provincia2.

  • Con adozione oltre che della variante PRG3 con la quale si è voluto ampliare il Parco al Centro Storico della città, la zona orientale con le propaggini dei vecchi casali di Melito e Secondigliano e la zona nord Occidentale4 anche degli strumenti urbanistici del Comune di Napoli grazie al quale utilizzo è stato possibile istituire l'intera area come parco urbano di interesse Regionale5. Inserito nell'area metropolitana, in più punti ad altissima pressione antropica, coesistente con le specie floristiche e faunistiche autoctone, con habitat e luoghi di sosta per la fauna selvaggia frammiste all'intensa industrializzazione delle attività di ricreazione, i biotopi di formazione geologiche e geomorfologiche collegate alle funzioni ambientali rese compatibili ed un sistema più o meno complesso di attività agricole avanzate su quelle già preesistenti e a carattere forestale.Ritornano, le Colline, in direzione del centro interessando le sezioni comunali di Pianura, Soccavo, Arenella, Chiaiano, Piscinola Marianella, Miano, dal basso della municipalità Stella San Carlo all'Arena, risalgono vero le aree di recente espansione edilizia dei Colli Aminei ed infine raggiungono il Vomero. Le formazioni morfologiche del Parco comprendono le colline dei Camaldoli, la selva di Chiaiano, il Vallone di San Rocco da dove per conformazione naturale riesce a raggiungere le case popolari della Cooperativa Scodes nell'area dei Ponti Rossi ad est delle antiche paludi napoletane, aggirando, quindi, in posizione nord-sud il parco di Capodimonte, non compreso nel perimetro del parco giuridicamente detto, ma ad esso è agganciato in stretta contiguità con piazza Carlo III altezza Orto Botanico e Real Albergo dei Poveri.

Le colline di Napoli ad ovest.

Ad ovest è lo Scudillo affluente sulla piana del Rione Sanità, ad esser interessato dal passaggio delle sue lunghe estensioni territoriali.

  • Ad occidente confina col Comune di Pozzuoli; il Parco vero e proprio inizia alle pendici della collina dei Camaldoli separata territorialmente a Nord dalla Conca dei Pisani e quella di Pianura. L'area di riserva integrale, corrispondente alle aree boscate ed i versanti collinari ad altissima instabilità, localizzate alla sommità degli acclivi del territorio, (475 mt sul livello del mare) coincidente con l'eremo camaldolese, nella normativa di salvaguardia del parco sistemizzata, è classificata come ZONA A, (188 ettari in tutto, circa l'8%), l'area di riserva generale orientata e di protezione in ZONA B, (702 ettari, circa il 32%), l'area di riqualificazione dei centri abitati, di protezione e di sviluppo economico e sociale sono comprese su una vasta area delimitata giuridicamente in ZONA C (1325 ettari, il 53%). Si tratta di circa 3.000 ettari di verde che hanno dato corpo alla grande riserva ambientale di scala metropolitana, di grande pregio paesistico con aree ancora coltivate a maggese, occupata per la sua metà da insediamenti agricoli e case palaziate del dopoguerra e di insediamenti urbani appartenuti all'opera di Risanamento classe 1975 ne hanno strutturato la forma urbanistica arroccata sui versanti a Ponente del Golfo di Napoli, ed i terrazzamenti distesi sotto il sole della Baia in posizione di vantaggio sulle brezze di Marechiaro, restituiscono la dimensione effettiva del territorio geografico del Parco, il suo autentico significato anche storico circa il celebratissimo paesaggio.

Analisi delle fonti cartografiche delle colline.

Un grande contributo per l'analisi del territorio delle colline di Napoli, area settentrionale della città, sono le mappe topografiche realizzate dal Porpora.

  • Queste furono date alla stampa fino a tutto il 1779, col titolo di Mappa della città di Napoli e dei suoi casali per l'Arrendamento della Farina. Quasi tutte le mappe della città di Napoli, disegnate all'epoca del governo Borbone, ebbero il solo scopo di rivedere i confini della città settentrionale, al fine di isolare gli antichi casali che nel frattempo, poichè inglobati nella crescente espansione del centro antico, persero questo carattere, e dunque furono soggette nuovamente al pagamento delle tasse, dal quale erano state esclusi fin dal tempo degli Aragonesi. Nei documenti antichi scovati e studiati è venuta fuori la relazione di Alessandro Manni, tavolario del regno, impegnato fino a tutto il 1733 a trascrivere una dettagliata relazione sui confini della città ad istanza, c'è scritto sui documenti dell'Archivio Municipale di Napoli, dei governatori dell'Arredamento sul Vino. Questa mappa fu pure ritrovata e citata dal Capasso e da lui segnalata sul finir del XIX secolo, oltre alla scoperta anche di una copia della mappa data alle stampe come pianta dimostrativa. Su questa faccenda della confinazione napoletana del suo centro con i casali fu nuovamente oggetto di grandi attenzioni da parte dei Governatori dell'Arredamento della Farina e su decreto del Collaterale vi misero mano il tavolario Mario d'Urso nel 1698 e Biagio Zizza tra il 1700 ed il 1712. Tuttavia gli anzidetti tavolari non poterono per motivi mai chiariti adempiere ai loro obblighi di rendere una mappa generale dei confini della città con la sua area settentrionale, e tra l'altro le loro produzioni topografiche oggi sono andate irrimediabilmente perdute, motivo per cui la lacunosa situazione topografica ha spinto gli studiosi ed i ricercatori a prestare massima attenzione al lavoro encomiabile di Giambattista Porpora, che nel 1776 conclude il delicato compito consegnando la propria pianta della città giustamente confinata, unita ad altre 16 piccole piante in grafate e miniate in carta d'Olanda. Oggi questi preziosi contributi restano in custodia presso la biblioteca di Storia Patria Napoletana nelle sale del Maschio Angioino. Va soltanto aggiunto che quanto disegnato dal Manni indubbiamente molto è stato importato nell'opere del Porpora, e che il Manni abbia poi a sua volta molto materiale cavato via dai lavori del Zizza e del d'Urso anche questa è condizione assai verosimile. Non è quindi importuno credere che del Porpora molto lo si deve ai lavori precedenti degli omologhi suoi colleghi. Sia chiaro dunque che tutte quante le mappe non possono che ricalcare uno schema già conosciuto, e che in sostanza impegnavano ben poco in termini di cambiamenti territoriali, che per parte loro, hanno solo subito l'inurbamento del centro storico da e per il settentrione, in quanto, il lato sud non abbisognava di alcun confine da stabilire. Per questa condizione ci aveva già pensato il mare.


Spazio note

 (1) Liberamente estratto da: FACOLTA’ DI ARCHITETTURA DIPARTIMENTO DI STORIA DELL’ARCHITETTURA E RESTAURO Dottorato di Ricerca in Storia dell’architettura e della città XVII Ciclo Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano. Tutor Agostino Di Lorenzo Prof. Leonardo Di Mauro Coordinatore del Dottorato Prof. Francesco Starace. Le colline nord-occidentali di Napoli: l’evoluzione storica di un paesaggio urbano, Agostino Di Lorenzo Gennaio 2006. A questo link per il consulto del pdf on line.
Sugli Arrendamenti cfr., fra gli altri, L. Bianchini, Storia delle finanze del Regno delle Due Sicilie (1834), Napoli 1971; L. De Rosa, Studi sugli Arrendamenti del Regno di Napoli, ivi 1958. Sull'attività dei tavolari e degli ingegneri statali cfr. infine F. Strazzullo, Edilizia ed urbanistica a Napoli dal '500 al '700, ivi 1968, c Id., Architetti e ingegneri napoletani dal '500 al '700, ivi 1969.
Altri contributi da: Parco Metropolitano delle Colline di Napoli. Giuda agli aspetti naturalistici, storici ed artistici della città di Napoli a cura di Leonardo Recchia e Renato Ruotolo per la Clean Edizioni
 (1bis) Con decreto legge 77/2006 varato in Italia nel 2007 e a cui si è fatto ricorso anche per il tessuto urbano antico del capoluogo campano . Linee guida per la rendicontazione tecnica ed amministrativa finanziati a valere sulla legge 77/2006; leggi tutto il PDF. Maurizio De Stefani, in Restauro e riqualificazione del centro storico di Napoli, Patrimonio dell’UNESCO, tra conservazione e progetto. a cura di Aldo Aveta e Bianca Gioia Marino, Edizioni scientifiche italiane. Stampato a Napoli nel 2012 ISBN 978-88-495-2568-7. Sono gli atti del ciclo di seminari tenuti presso la scuola di specializzazione in Beni architettonici e del Paesaggio dell’Università di Napoli Federico II, 16 febbraio 2011- 5 maggio del 2012 Copia alla BNN distribuzione 2013 B 455 a pagina 129. World heritage convention and buffer zone ICOMOS symposium di Kyoto (2006) e dell'International Meeting on world heritage and buffer zone di Davos (2008) ed infine: UNESCO (WHC-08/32.COM/7.1, Paris, 20 May 2008).
(1ter) Cfr. App. Doc.: ASNa, Corpo delle Miniere, fascio 220, 223, 224, 226, 227, 231.
(1quater) Cfr. D. Bardi, Influenza sui dissesti dei metodi di coltivazione del materiale litoide nell'area metropolitana e della presenza nel sottosuolo di antichi manufatti, in AA.VV., Il sottosuolo di Napoli, cit. pp. 109-120.
 (2) [ L’art. 22 della legge 394/91, prevede specificamente la partecipazione delle province al procedimento di istituzione dell’area protetta, attraverso conferenze per la redazione di un documento di indirizzo relativo all’analisi territoriale dell’area da destinare a protezione, alla perimetrazione provvisoria, all’individuazione degli obiettivi da perseguire, alla valutazione degli effetti dell’istituzione dell’area protetta del territorio.”]
(2bis)Manoscritto conservato nella Biblioteca della Società Napoletana di Storia Patria (Ms XX.D.36).
 (3) [delibera di Consiglio Comunale n.35 del 18 febbraio 2001]
(3bis)Cfr. B. Capasso, Sulla circoscrizione civile ed ecclesiastica e sulla popolazione della città di Napoli dalla fine del sec. X111 fino al 1809, Napoli 1889, pp. 87-103
 (4) [Improntata secondo criteri di perimetrazione processati dalla legge quadro 394/1991 con un più generale principio di tutela dall'articolo 1 dell'anzidetta legge che detta nello specifico il compito di promuovere e garantire in forma coordinata la conservazione del patrimonio naturale. Con inneschi laddove è compatibile di processi di valorizzazione e fruizione degli spazi pubblici ad alta pressione antropica.“L’istituzione di parchi e riserve naturali in Campania” dettate dalla Regione Campania, ai sensi dell’art.23 della citata legge 394/911, con legge regionale n.33 del 1 settembre 1993, ]
 (5) [legge 6 dicembre 1991, n.394, articolo 2, comma 8, il sistema dei parchi urbani di interesse regionale, costituito da: a) parchi urbani; b) parco metropolitano.” (art.1 Lr n.17 del 17.10.03) affidato alla gestione di un parco esistente ed i una persona giuridica [Presidente della giunta regionale“ (art.1, comma 8, Lr n.17 del 17.10.03).]
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