Galleria Umberto I ed il palazzo Barbaja
La costruzione della Galleria Umberto I a Napoli1, inaugurata il 10 novembre del 1890, nell’area settentrionale del quartier San Ferdinando, comportò com’è noto, la modifica strutturale delle preesistenze, a partire dal Palazzo Barbaja, pur tuttavia considerando che altri aspetti dei lavori di sistemazione dell’immobile coinvolsero altri casamenti già presenti sul posto.Tra questi: il palazzo Cirella, segue poi, l’abbattimento e la contestuale ricostruzione del palazzo Capone.
Detto palazzo Capone costituisce a sua volta testata d'angolo col palazzo della Borghesia2, il Salone Margherita, il piano attico con affaccio su Via Santa Brigida, senza dimenticare i lunghi tempi che provvidero al contenzioso tra l’Impresa dell’Esquilino di Roma, la Deserti e Fantoni, contro la Diocesi contrariata dall’andamento dei lavori attorno alla chiesa di Santa Brigida.
Non ultima, fu la particolare ubicazione e lo sfettamento necessario all’uso del portico colonnato sul fianco a destra della veneranda chiesa di San Ferdinando di Palazzo, alla quale, per accordi presi col Duca di Carignano, Felice di Carignani, nonché vice della congregazione con sede proprio nella stessa chiesa, fu sottratta parte del portico ed il lato destro del presbiterio per la costruzione di una scala a chiocciola3.
La controversia giuridica più importante la sistemazione del cortile interno al palazzo Barbaja.
Per quanto riguarda il palazzo Barbaja vi furono anche in questo caso danni strutturali ripagati dall’Equilino per una somma di 15.000 lire versate in danno di un muro divisorio in parte alterato con il confinante palazzo Cantone4.
- Mentre la controversia giuridica più importante, ruotava attorno alla sistemazione del cortile interno allo stesso palazzo, che, nell’ambito della costruzione della Galleria finì oggetto di studio per una nuova e migliorata sistemazione addirittura di tutta la planimetria del palazzo medesimo, fatta salva la sola facciata prospisciente via Toledo. A settembre del 1889 la Giunta comunale bocciò un primo progetto di sistemazione del vano all’aperto di palazzo Barbaja, poiché, si legge scritto sul documento, questo non rispondeva ai requisiti citati dall’articolo 37 del Regolamento Edilizio del 1880. Questo recitava testualmente, che ” … i cortili debbono esser la sesta parte della superficie complessiva dei muri che li recingono”5. Nel progetto della transazione tra l’Impresa dell’Esquilino ed il Municipio di Napoli nella persona dell’ingegner Di Mauro, si ” … accolse la soluzione di un cortile rettangolare continuo introdotto da un androne stretto senza alcuna cesura trasversale”, diversamente da com’era stato proposto proprio dal Di Mauro, che lo divise invece in ” … settori col solo mezzo delle coppie di pilastri in successione”. Oggi, il cortile in questione è al servizio di una Banca ed un corpo basso sul fondo fissa il confine della profondità nello spazio aperto, equilibrando il rapporto tra larghezza e lunghezza.
Spazio note
(1) Galleria Umberto I. Architettura del ferro a Napoli di Ugo Carughi prefazione di Giancarlo Alisio, Franco Di Mauro Editore. Il presente volume nasce da una ricerca condotta nell’’ambito dei programmi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ISBN-88-85263-86-0 BNN distribuzione 2008 D 12(2) Il 14 ottobre del 1894, il liquidatore Carlo Pezzi, comunica alla Banca d’Italia l’avvenuto interesse di contrarre appalto tra gli ingegneri Rocco e Martire, uniti nella stessa sorte di perdite e guadagni, pattuiti con l’Impresa dell’Esquilino di Roma, alla presenza del notaio Zarbaglio di Roma (A.S.B.I.N, avvocato Miche Rubini, vol. II anno 1919, Indice degli Atti e Documento atto del 18 ottobre 1894). Col documento le persone testè citate si impegnarono per 480.000 lire alla demolizione del casamento Capone e alla rinnovata ricostruzione di un edificio per chiudere l’angolo tra Via Verdi e Via Santa Brigida (A.S.B.I., Fondo Liquidazioni Impresa Esquilino, pratiche numero 81 fascicolo 1 del 22 luglio, 27 agosto, 26 ottobre, 22, 28, 29 novembre e 1 e 4 dicembre del 1893). I due però, Rocco e Martire verranno liquidati alla fine del lavoro avvenuto il 20 maggio del 1897, per una somma maggiore rispetto al contratto di 100.000 lire. Nel tal caso i documenti ricordano che proprietario dei capitali investiti per la costruzione dell’edificio fu il Martire, e che il Rocco fu collega, impresario e socio in affari solo per le competenze di tecnico.
(3) A.S.B.I.N., atto del 6 novembre del 1889
(4) A.S.B.I.N., Fondo Liquidazione, Impresa Esquilino, pratiche numero 75, fascicolo 1 del 2 gennaio del 1889, e n° 62, fascicolo 1 del 30 agosto 1891
(5) Regolamento edilizio approvato con R.D. dell’11 febbraio del 1880.
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