Impresa Esquilino di Roma nei lavori a Napoli

Una di queste fu l’Impresa dell’Esquilino2, coinvolta nella realizzazione a Napoli della Galleria Umberto I nel quartier San Ferdinando in luogo della bonifica dell’ex-rione Santa Brigida, conclusosi con una gara d’appalto vinta all’ultimo momento.
E fu grazie proprio a quella gara d'appalto che ancora all’Impresa dell’Equilino vanno attribuiti i lavori per il Salone Margherita pensato all’interno del cortile dell’ex palazzo Capone ed infine la lunga e complicata faccenda del piano attico abusivo.
È piuttosto noto che l’Impresa Esquilino di Roma durante il corso d’opera nella città di Napoli finì per indebitarsi enormemente nel riguardo del consorzio bancario che la mantenne in vita nella costruzione di buona parte del quartier San Giovanni a Teduccio e sull’acquisto e demolizione del palazzo Capone all’angolo di Via Verdi con Via Santa Brigida.
Il fallimento dell'impresa e le banche coinvolte nel credito sulla costruzione della Galleria.
Dell’Esquilino è anche l’ingresso principale all’Organismo immobiliare lato teatro San Carlo.
- Per far fronte ai debiti contratti, inevitabile, fu il fallimento dell’Impresa che di fatti, morirà a Napoli, il 30 marzo del 1890 con comunicazione ufficiale data al comitato degli azionisti che fino a quel giorno ebbero sostenuto l’impresa nella costruzione del suo patrimonio immobiliare smembrato e diviso in parti eque ed allocato per assegnazione innanzi tutto ai creditori minori ed infine, gli ultimi chiamati ad optare furono poi le banche, ed ossia: la Banca Nazionale del Regno, la Banca di Torino, il Credito Meridionale, il Credito Mobiliare, la Cassa Sconto e la Banca Generale. La sostanziale perdita di credito dell’Impresa Esquilino, ed il suo inevitabile fallimento è da imputare alla congiuntura degli anni della giovane Italia, sedotta dallo stile Liberty napoletano e ad esso connesso la speculazione edilizia legata alla produzione in ferro degli ultimi dieci anni dell’Ottocento. Ma più in particolare, il nucleo del problema che ha condotto l’Impresa alla rovina, è, dagli studi condotti, la scelta optata di quegli anni di affidare l’opera muraria della Galleria Umberto I alla società Deserti e Fantoni, alla quale non verrà mai lasciata libera iniziativa o ingerenza di sorta nell’ambito amministrativo dell’affare Galleria di Napoli, posta in essere al di là di un finto accordo tra le parti siglato con scrittura privata a dicembre del 1885, e venuto poi alla luce dello stesso fallimento curato dal tribunale civile di Napoli nel dicembre del 1887.
La società edilizia subappaltata Deserti&Fantoni.
Sempre dalla sentenza tribunalizia, si evince che gli appaltanti Deserti e Fantoni non poterono durante tutto il corso dell’operazione di esproprio e contestuale costruzione degli immobili rendere conto all’Esquilino di perdite o di guadagni e che anzi, questa operazione potè effettivamente quantificarsi solo a liquidazione avvenuta.
- Salvo perdere comunque tutto nel merito specifico di un contenzioso aperto tra gli stessi appaltanti e l’Impresa Esquilino, considerato dal tribunale tardivo e pretestuoso nei confronti di una società, cui, il rapporto è sempre stato mai del tutto chiarito. Deserti e Fantoni tra l’altro si sa che persero anche la causa in Corte d’Appello celebrata a Roma il 31 dicembre del 1890, quando ormai la Galleria Umberto I, alla presenza dell’allora sindaco, Nicola Amore, fu inaugurata. Ed è proprio alla luce di quest’altro passaggio, cioè la conferma della condanna in Appello inflitta in primo grado, che i due imprenditori inaspriranno i rapporti coi rappresentanti a Napoli dell’Impresa Esqulino, facendo di tutto per impedire alla stessa di godere del beneficio di un ulteriore finanziamento erogato dal Municipio. In una lettera carica di angoscia, al direttore generale Grillo, il Moscino, direttore della sede napoletana della Banca Nazionale, paventò possibili ritorsioni anche fisiche contro l’ingegner Mascolo, nel frattempo subentrato al Biaja nella rappresentanza a Napoli dell’Impresa Esquilino. La crisi sociale intestina agli accordi tra la Deserti e Fantoni e l’Impresa Esquilino di Roma, si risolse con una conciliazione da tutte le parti auspicata con atto notarile rogato il 4 ottobre del 1891, e sul quale, l’Esquilino solleva i due imprenditori da ogni qualsiasi altro impegno salvo che questi restituiscano all’Esquilino 100.000 lire relativa alla quota di proprietà sul cantiere di San Giovanni a Teduccio e che per effetto delle detrazioni fiscali si ridussero a 70.000 lire. Anche questa somma, gli imprenditori si sa che non restituirono nonostante tutto. Ed infine, all’indomani dell’avvenuto accordo conciliativo tra le parti, alla rappresentanza dell’Esquilino di Roma a Napoli succedette Paolo Cottrau, nipote di Alfredo Cottrau, ingegnere e costruttore per gran parte della copertura metallica della Galleria.
La costruzione della Galleria e gli accordi con la Società Generale Immobiliare.
Si evince dai testi consultati dagli studi di Ugo Carughi, che lo stesso Paolo Cottrau mise in licenziamento un certo numero di operai in esubero rispetto alle reali esigenze di mano d’opera.
- Tutti operai assunti per interessamento proprio del Fantoni. Ma prima di queste vicende, però, vi sono altri episodi che ne anticiparono le sorti. Nell’opera napoletana, l’Esquilino ebbe come suo maggior creditore l’Impresa dei Fratelli Moroni, pari al 54% dei crediti complessivi, suggestivamente ricordata come impresa fallimentare nella seduta del Consiglio comunale napoletano del 18883. L’Impresa verrà però ricordata dagli studi storici principalmente per il sempre, crescente bisogno continuo di quest’ultima di soldi, motivo per cui, il patto suggellato dall’Esquilino con il Comune di Napoli verrà continuamente modificato, talvolta anche motivato dall’urgenza di fatti legati a situazioni economiche molto precarie. Impegnandosi dunque a restituire una rata del valore di 217.000 lire ogni sei mesi, la prima il primo marzo e la seconda il primo settembre di tutti gli anni e per 50 anni di seguito, l’Impresa dell’Esquilino, nel 1887 contrae un mutuo fissato al 4% degli interessi con la Società Generale Immobiliare per una concessione di 7 milioni di lire in luogo dei lavori di esproprio tra via Toledo e Via Santa Brigida in Napoli già effettuati per un valore 16 milioni4. Verranno quindi ipotecati tutti gli immobili presenti in quella zona per la somma modesta di 1.320.000, onde giustificare tre anni di interessi e rimborso spese più provvigioni, col proposito, si legge scritto sul documento, di trasferire sulle aree da edificarsi il valore aggiunto dell’ipoteca, che ad ogni modo non varrà per quegli immobili che, appunto, spariranno per diventare poi un tratto di strada. Va ricordata la condizione riscontrata come attenuante della crisi societaria che ebbe investito l’Esquilino e con essa anche l’Impresa dei Fratelli Moroni, ed ovvero il procedimento spedito di demolire molta buona parte del rione antico di Santa Brigida e ricostruire ex novo, con altrettanta massima speditezza. Ma l’intenzione ottima della Giunta comunale fu invece quella di agevolare l’opera con prescrizioni di sorta, perché questo atteggiamento di demolire e ricostruire in brevissimo tempo, portò proprio alla conclusione di una crisi sostanziale della società appaltante. Per tanto, in forza dei titoli dell’asse ecclesiastico del valore di 500.000 lire, depositati presso le casse del Banco di Napoli come tesoriere del Comune, si applicò un’ipoteca sui terreni, sugli edifici e anche sui materiali stessi di risulta che sarebbero serviti alla ricostruzione di San Giovanni a Teduccio, che, a quel tempo, faceva Comune a sè. Prescrizioni osteggiate con tanto di istanza presentata dalla stessa Esquilino che ne chiese la conversione, offrendo in cambio, testualmente riportato: ” … nuova garantia che, il Comune, sarebbe stato vano dissimularlo, dichiarò non equivalente a quell’antica".
I costi sostenuti da tutte le parti per la costruzione della Galleria Umberto I.
Tuttavia, la posizione della stessa Giunta Comunale fu comunque remissiva e comprensiva.
- E questo accadeva in forza dei riconoscimenti dovuti all’Esquilino che si fece promotore a proprie spese di tutti i lavori ed i costi ad esso connessi sull’esproprio immobiliare del vecchio rione a Santa Brigida, con un esborso personale di 10 milioni di lire contrariamente alle concessioni deliberate; l’Esquilino per conto suo, intese giustificare questo atteggiamento nell’occorrenza capitata di procedere alla demolizione e contestuale ricostruzione in tutta l’area della Galleria Umberto I interessata dall’ottagono centrale, poiché gli elevati murari su cui sarebbe poi stata appoggiata la cupola, dovettero esser per forza costruiti contemporaneamente per ottenerne un uguale e graduale assestamento. Nel 1889 l’ingegner Vitale fu incaricato di verificare per conto del consorzio delle banche che ebbero deciso di coprire le cambiali di debito dell’Esquilino in sempre maggior bisogno di soldi per ovviare ai lavori; in rapporto ormai all’evidente crisi finanziaria che investe l’Esquilino, l’opera di controllo del consorzio bancario si fa serrato, e la relazione dell’ingegner Vitale si basa su l’apprezzo per metro quadro d’opera già realizzata, comprese ogni variante su tutte le categorie di lavori e stimando un prezzo definitivo basandosi su pregresse esperienze di analoghe opere pubbliche. La valuta di reddito fornita dalla Galleria Umberto I a Napoli, dunque, sulla valutazione dell’ingegner Vitale, verrà stimata, e con relata inviata al Commendator Moscino, direttore della sede napoletana della Banca Nazionale e che a sua volta la gira al direttore Grillo. Nel rendiconto che fa l’ingegnere su quanto possa valere la Galleria allo stato dei fatti raggiunto dai lavori dell’Esquilino aggiunge solo il 5% in più rispetto ai soldi spesi per altre opere pubbliche di analoghe dimensioni, con risultato finale di spesa raggiunto all’epoca a 15.121.123,12 e che a farsi necessitano altri 7.150.741,54, quindi con una spesa totale di 22.271.864,75 fatto suggestivo non poco, nelle spese calcolate, l’ingegner Vitale non scorda i lavori mai costruiti di un modernissimo teatro da piazzare nel cortile dello scomparso Palazzo Capone a Via Santa Brigida angolo con Via Verdi5. Ma tra il 1889 ed il 1890, nel giovane paese Italia la crisi economica raggiunge il suo acme ed allo scoperto vengono i sistemi bancari più colpiti: la Banca Nazionale, la Banca Romana ed il Banco di Napoli; il sistema bancario di Torino mostra anch’esso la deficienza strutturale del suo conto economico in tutta la sua effettiva portata, gli seguono la Banca Generale, la Società Veneta di Costruzioni e la Società Generale Immobiliare anche quest’ultima coinvolta nell’affare della Galleria napoletana e nei lavori diretti dalla Società per il Risanamento di Napoli.
Il sequestro della Galleria all'impresa dell'Esquilino.
E l’Esquilino era ancora lì a chiedere soldi nonostante iniziassero i primi sequestri operati sul materiale presente nel cantiere della Galleria da parte delle ditte fornitrici e delle società appaltanti6.
- La vendita degli attrezzi sequestrati in cantiere avverrà a partire dall’emissione del documento tribunalizio venuto fuor all’indomani della causa vinta dalla ditta bancaria Ricotti, contro i concessionari costretti a pagare 235.000 lire; seguiranno il sequestro del Duca di San Cesario Marulli ed il 4 settembre del 1889 quello relativo ai fratelli Occhetto per conti sulle provviste mai saldati di sole 41.000. E poi il sequestro Salsi avvenuto il 7 settembre per operare confisca sugli arredi d’ufficio dei concessionari poi sospesi addirittura per un prevalente di pegno da parte del concorrente Ricotti. Con i proventi dei sequestri si pagarono i 700 operai impegnati nel corso d’opera ma anche e soprattutto per evitare la sospensione dei lavori ed il 29 settembre di quello stesso anno verrà sciolto il contratto sui lavori di muratura della Galleria Umberto I, stipulato il 16 novembre del 1887 tra l’Esquilino e Deserti e Fantoni, sulla base del documento datato 20 luglio 1885.
Spazio note
(1) Galleria Umberto I. Architettura del ferro a Napoli di Ugo Carughi prefazione di Giancarlo Alisio, Franco Di Mauro Editore. Il presente volume nasce da una ricerca condotta nell’’ambito dei programmi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ISBN-88-85263-86-0 BNN distribuzione 2008D12(2) L’impresa nacque a Roma, con un capitale sociale di soli 15 milioni di lire, come società anonima il 6 luglio del 1872 onde poter avviare e condurre a termine i lavori per la costruzione del nuovo rione nella località romana detta l’Esuqilino, secondo i criteri stabiliti dalla convenzione 18 novembre del 1871, stipulata tra il Comune di Roma e le banche genovesi, la Compagnia Commerciale Italiana e la Banca Italiana di Costruzione. In quegli anni di mercato florido per lo stile Liberty e le iniziative speculative incoraggiate anche dalla remissione creditizia del governo e della banche, la società l’Esquilino ottenne licenza di poter costruire immobili destinati anche ad uso ufficio e per abitazioni. Ed infine, nel 1885 la stessa fu ammessa allo sconto della Banca Nazionale del Regno d’Italia con un credito speciale su tutti i suoi immobili. Da quel momento in poi, la disponibilità della banca e le somme che questa continuava a liquidare vennero utilizzate dalla Società l’Esquilino per aggiudicarsi sempre nuovi appalti ed accendere a sua volta microcrediti in favore di ditte interessate ai subappalti o a compartecipazioni di sorta. L’anno seguente a quella data, sulla spinta dei successi economici e commerciali fino a quel punto ottenuti e dalla sempre più presente fiscalità bancaria, la società raggiunge le località romane dette "Sette Sale", e "Salario" nell’intento di firmare il nuovo quartiere Fuori Porta Pia e Salaria. In coincidenza in quello stesso anno, per effetto della legge 1892, del 15 gennaio 1885, si procedeva alla messa in opera circa il bonificamento del quartier Santa Brigida a Napoli, anche questo affidato alla Società l’Esquilino assieme alla Deserti e Fantoni. A.S.B.I.N., Instrumento di concessione, stipulato per notar Francesco Scotti di Vico.
(3) A.S.C.N., Seduta del 19 luglio 1888, pagina 695
(4) A.S.B.I., Liquidazione Impresa Esquilino, pratiche numero 115, fasc. 1 Atto di mutuo per L. 7.000.000 concluso dall’Impresa dell’Esquilino colla Società Generale Immobiliare sulla Galleria di Napoli, Roma 27 settembre del 1887.
(5) A.S.B.I., Fondo Liquidazioni Impresa Esquilino, pratiche 59 fasc. 1, 15-12-1889
(6) A.S.B.I., Fondo Liquidazioni Impresa Esquilino, pratiche n° 59, fascicolo 1, 23 febbraio 1889
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