Castel Capuano e Sergianni Caracciolo

La seconda condizione sono i quasi ottant’anni di favoritismo di corte frutto di socialità avvenuta tra la regina Giovanna con i suoi sudditi.
Ed infine la premeditazione dell’omicidio di Sergianni Caracciolo, avvenuto in Castel Capuano, la sera del 19 agosto del 1432, e rapidamente sepolto nell'omonimo sepolcro installato al centro della cappella del Sole in San Giovanni a Carbonara.
Una tesi che troverà numerose antitesi ed un solo epilogo: quattro anni di assedio alla città napoletana da parte degli Aragonesi e l’eroica resistenza degli Angioini, sopraffatti dall’astuta mossa di espugnare la città utilizzando le stesse condotte sotterranee usate dal generale bizantino Belisario.
Le brevi vicende politiche del regno in seguito all'assassinio di Sergianni Caracciolo.
L'omicidio del Sergianni è raccontato magistralmente in latino dalla versione greca riscritta e ripubblicata da ignoto.
- Si racconta che, Leonardo Aretino, questa stessa versione la inviò ad Alfonso. A seguito della morte di Andrea d’Ungheria, vi era scritto, sposo di Giovanna, la prima regina di Napoli, l'uomo fu ucciso da un gruppo di cortigiani congiurati durante una battuta di caccia in quel di Aversa, ed intanto, gli Ungheresi con a capo Luigi d’Ungheria, fratello di Andrea, assediarono il Regno Angioino lasciando ovunque sui territori occupati un presidio militare, prendendo possesso già delle fortezze nelle vicine contrade di Aversa, Capua, Acerra, Sessa Aurunca ed infine il cuore della città di Napoli, con un corpo d’armata di mille uomini acquartierati al Maschio Angioino di piazza Municipio2. La situazione prese a migliorare all’indomani del 1349, non prima di altri risvolti politici della vita di corte, determinata anzitutto dal nuovo matrimonio di Giovanna con Luigi di Taranto, e dall’azione congiunta e salvatrice di Roberto di Sanseverino, ed il Genovese Antonio Grimaldi, che, abilitati dalla corona, riuscirono a liberare Castel Sant’Elmo sul colle del Vomero e Castel Capuano alla Vicaria adattandola, quest’ultima a sede di corte in attesa che fossero liberate le stanze di Castelnuovo. I fatti riprecipitarono nuovamente nel 1382, con violente battaglie sulla spianata del castello angioino in seguito ai quali e grazie ai quali, Carlo III di Durazzo salì a trono e nel 1386. Cinque anni dopo il quadro politico e sociale della città divenne ancor più complicato per la morte dello stesso re e la successione al trono affidata alla moglie del regnante, Margherita con a seguito, il piccolo e futuro re Ladislao, il sovrano oggi sepolto nell’omonimo sepolcro in San Giovanni a Carbonara, pure lui, oltre il quale, attraverso le maestose cariatidi, si accede allo splendore della Cappella del Sole, centrata dal mausoleo di Sergianni Caracciolo, avvolto quest’ultimo, dagli affreschi realizzati per mano di Leonardo da Besozzo e Perinetto da Benevento negli anni Quaranta e Sessanta del Quattrocento in due distinti cicli figurativi. L’ascesa al trono di re Ladislao gettò Napoli nella rovina, in seno ai seri gravissimi danni per la residenza reale di piazza Municipio, e Ladislao, salito al trono nel 1399 dovette per questo motivo dimorare a Castel Capuano fino al completamento dei restauri della reggia3.
Figura della regina Giovanna.
Ma di gran lunga più storica e meglio studiata fu l’epoca di Castel Capuana presieduto da Giovanna la seconda regina di Napoli, sorella del dissoluto Ladislao, che, alla sua morte, ne ereditò il regno.
- Era l’anno 1414 e Giovanna aveva 43 anni. Non ebbe nessun’attitudine al comando, alla stessa maniera di quanto le fosse negato il concetto dell’obbedienza, e mai le fu riconosciuto la predisposizione alla cura e personalità degna di una regina; piuttosto, Giovanna curava solo la vanità del suo carattere; non si seppe mai se avesse anche minimamente sofferto la condizione di donna per niente protagonista della vita politica di un regno che le era stato affidato. Sarebbe dovuta diventare invece una figura emblematica della storia di Napoli angioina, storia però, si sa, avvolta da un percorso di vita di corte segnato da letteratura cronachistica e leggende popolari. Sempre incostante, insicura, circondata da uomini a corte che non esitava a promuovere a ministri del regno, poi diventati chi il marito, chi l’amante e chi anche solo il suo consigliere, tutti all’ombra della regina, ognuno con un proprio ruolo rilevante, a segnare un tempo in cui, la dinastia dei Durazzo versava in una condizione di vita calata negli intrighi e nelle lotte per il potere. Uno di questi, Pandolfello Alopo, di origini mai del tutto verificate, presente alla corte restò tuttavia oscuro negli obiettivi da raggiungere, seppur ambizioso, e nonostante fosse stato promosso a Gran Ciambellano del Regno, fu fatto arrestare da Giacomo II di Borbone, conte della Marca, secondo marito di Giovanna, perché, si dice, sorpreso nella camera da letto della regina. Alla condanna seguirà poi l’esecuzione per decapitazione di Pandolfello in piazza Mercato. Anche lo stesso Giacomo II di Borbone, non sarà che solo un personaggio secondario di quel clima di continua diffidenza politica; sposerà Giovanna II, e per volere di questa non verrà gli comunque riconosciuto il ruolo di re ma solo il titolo più prossimo di Principe di Taranto. Motivo unico per il quale, Giacomo II di Borbone, la confinerà in Castel Capuano alleandosi coi baroni nemici giurati della regina, che gliene conferirono il titolo. Era l’8 settembre del 1415. Le sale del regno, Castel Capuano ed il Maschio Angioino, ospitarono la vita della coppia reale unita e disunita in momenti di successione opportunamente studiati per meglio strumentalizzare le decisioni più importanti, che venivano prese solo dai secondari, e cioè, da quei personaggi minori, nobili e cortigiani, veri e propri protagonisti della storia politica di quell’epoca. Nel 1416, storia vuole, che una truppa di mercenari, al soldo di Ottino Caracciolo ed Annichino Mormile, un ex di re Ladislao, marciarono sul Maschio Angioino, assediandolo e costringendo Giamoco II di Borbone-La Marche ad abdicare, cosa che accadrà solo quando, costui si vide rapito della consorte, che nottetempo, fu fatta risiedere all’interno delle stanze del palazzo Arcivescovile e Castel Capuano occupato dalla soldatesca con a capo la figura leggendaria di Sergianni Caracciolo.
Figura di Sergianni Caracciolo.
Trattasi di un uomo di quarant’anni, allorquando comparve sulla scena politica, tra il 1417 ed il 1420.
- Fu descritto dal Peyronnet, come un uomo dal profilo delineato di bellezza robusta, grezzo di carattere, ma coraggioso più del richiesto. Non assai colto, e, anche se forgiata dalla forza del fuoco giostraio, la sua prima formazione va individuata nelle classi agiate dell’aristocrazia cittadina. Appartenne al ”ramo rosso cadetto” della dinastia dei Caracciolo, un vivaio di giovani promesse distinto dai rampolli di Casa Caracciolo del ”ramo schizzo”. Prevalse su tutti per le qualità omicide insite nella sua personalità, ed individuate da re Ladislao durante i combattimenti. Sua madre fu figlia di un commerciante pisano e a soli vent’anni, Sergianni si ammogliò con Caterina Filangieri, uno sposalizio benedetto dalle mani di re Ladislao in persona, in segno di apprezzamento per le enormi doti di gran coraggio che Sergianni ebbe dimostrato. Anche se, gli studi condotti sulla sua figura, inducono a credere che il matrimonio fu solo una combinazione per assegnare al Sergianni le terre occupate negli Stati della Chiesa4. Fu promosso a Gran Siniscalco dalla regina Giovanna, che ne figura in questa storia come ammaliata dalle qualità gagliarde del personaggio, ma più di tutto, sembra che la necessità di relegarlo a ruolo centrale nelle faccende di corte, stette nel fatto che Sergianni, rimasto pressocchè imbattuto anche tra i favoriti a corte, rimase solo a dover prendere la decisione di guidare eminentemente il governo del Regno tra il difficile passaggio segnato dal declino della Casa Durazzo e con essa la Casa d’Angiò e l’ascesa inarrestabile degli Aragonesi, rappresentati dalla persona di Alfonso V d’Aragona. Intanto la regina Giovanna, rimasta senza eredi, avrebbe dovuto seguire alla lettera le indicazioni rilasciate da papa Martino V e della classe dei nobili napoletani, che vollero alla sede del trono come possibile successore della Regina, Luigi III d’Angiò; ma, prima che tutto accedesse, Giovanna II, non è escluso con l’abilità politica del Sergianni, letteralmente adotta come figlio, Alfonso V d’Aragona, creando anche senza volerlo, le premesse necessarie che cambieranno la scena politica di corte e di conseguenza anche la storia del regno. Ed anche l’assedio di Napoli da parte di Alfonso V d’Aragona fu una contestuale per creare consenso politico, affermazione della corona sottoposta alle rivalità antiche delle linee discendenti; Alfonso V d’Aragona, partito dalle sue terre col sogno di rendere Aragona la più grande delle potenze del Mediterraneo solcò i mari del Sud conquistando la Sicilia e la Sardegna, ed accingendosi al dominio della Corsica, si ritroverà tra le mani, senza colpo ferire, il Regno di Napoli offertogli da una regina in fuga dai suoi cortigiani primi suoi nemici, dimostrandogli piena disponibilità nelle intenzioni di convivere in un rapporto di filiatura estemporanea. Alfonso ritornerà dalla Corsica passando dalla Sicilia, laddove radunerà sedici galee ed otto navi da carico, tremila tra cavalieri e fanti imbarcati alla volta del Golfo di Napoli con attracco sul ponte della Maddalena: lo sbarco è attestato storicamente l’8 luglio del 1421. Giovanna lo accolse al Maschio Angioino, e per l’occasione furono banditi tre giorni di feste; nonostante fossero state fatte le mosse giuste per salvare il trono e la corona, Giovanna tuttavia mostrò tutte le riserve del caso riparando a Castel Capuano5, ed ancora una volta, gli studiosi di questo delicatissimo momento storico, pensano che la continua permanenza di Giovanna II a Castel Capuano fosse invece legato ai motivi sentimentali col Gran Siniscalco, e non dall’impossibile convivenza di Giovanna II con Giacomo della Marca. E nel frattempo, lo stesso Sergianni si fece costruire il sontuoso caseggiato confinante col muro maestro della chiesa di Santa Maria della Pace ai Tribunali6. Negli anni a seguire, intuendo la presenza sul posto di Alfonso V d’Aragona come una possibile e potenziale minaccia per le proprie ambizioni, Sergianni ” … in perfetto stile caracciolesco”, promosse e realizzò una tale condizione di ostilità verso il regnante che, lo stesso Alfonso V d’Aragona, il 25 maggio del 1423 gli tenderà una trappola facendolo per tanto prigioniero al Maschio Angioino. Volendo fare altrettanto anche con la Regina, Alfonso si recherà a Castel Capuano col proposito di raggiungere Giovanna prima che sapesse dell’arresto del suo favorito, ma troppo tardi, la regina è già stata informata dal banchiere Gaspare Bonciani, notizia che darà la possibilità alla regina di farsi trovare preparata all’arrivo di Alfonso al castello. Il resto è tutta storia anche molto romanzata; sta di fatto che il piano di arrestare anche Giovanna II fallisce, ed anzi Alfonso per l’ira del popolo è costretto a ritirarsi a Castelnuovo. Questo episodio fu il solo motivo per cui la regina ritirò l’adozione di Alfonso V d’Aragona e quindi, ritirandolo dal trono, scatenò un altro lungo periodo di violenze intestine tra catalani ed angioini, con ripercussioni su tutto il territorio oggi corrispondente alla regione Campania, riformulando ancora una volta l’assetto politico del regno. Quindi, abbiamo seduto sul trono, Luigi III d’Angiò, i Catalani insediati a Castel Capuano non prima e non senza aver però saccheggiato e messo a soqquadro tutta Napoli e Giovanna fuggita ad Aversa. Sergianni Caracciolo, fatto arrestare da Alfonso V d’Arargona, dicono gli studiosi, fu liberato in cambio di una ventina di nobili spagnoli fatti a loro volta prigionieri dalle guardie dello Sforza, ma anche questa volta, lo scambio prigionieri è individuato come un’ansiosissima richiesta di Giovanna nel rivedere accanto a sé, il suo favorito, che, da quel momento in poi governerà anche dispoticamente e prudentemente e cautamente provvide per giunta a maritare tutte e quattro le figlie. Negli anni che seguirono, alla morte di Sergianni, Giovanna II lo seguì tre anni più tradi, ed oggi sepolta nella monumentale chiesa dell’Annunziata Maggiore a Forcella.
Spazio note
(1) Luciana di Lernia, Vittorio Barrella Castel Capuano. Memoria storica di un monumento. Da fortilizio a Tribunale. Prefazione di Giancarlo Alisio, Edizioni Scientifiche Italiane, Novembre 1993(2) Le truppe di stanza sul porto di Napoli erano essenzialmente costituite da mercenari al soldo dei due fratelli: Conrad e Ulrich Wolff Wolfurt, rimasti a guardia dei presidi assediati mantenendosi con le razzie ed i saccheggi. Racconterà in uno studio più approfondito il De Frede, che Giovanna, la prima regina, provò diverse volte a corrompere uno dei due fratelli Wolfurt, offrendo in cambio fiorini d’oro e titoli comitali se avesse ceduto il Maschio Angioino, ma, si racconta che vennero afforcati alle mura del castello angioino coloro che si apprestarono per mediare le sorti. Gli Ungheresi, continua il De Fedre, abbandonarono il castello e le altre fortezze occupate solo quando non ebbero più di che mangiare e ne tantomeno speranza di esser soccorsi. Tutto ciò accadde il 17 gennaio del 1349.
(3) Si racconta che re Ladislao Durazzo fosse stato re di indubbie capacità militari ma anche un re capriccioso, sempre desideroso di lusso e dello sfarzo più costoso, tra l'altro aggravato sul pressante fiscalismo connesso alla sempre maggiore richiesta di danaro. I soldi raccolti, poi, non servirono solo a mantenere attive guerre e guerriciattole, ma anche a sostenere uno stile di vita improntato alla vita mondana e in un qualche modo dissoluta, usando le sedi di Castel Capuano e Castel dell’Ovo al Borgo dei Marinari presso Santa Lucia al Mare, oltre che come prigioni, anche come harem privati. Ebbe molte concubine, di cui, la più assidua frequentatrice di corte, detta la contessella, Maria Guindazzo prese posto a Castel dell’Ovo conducendo vita da principessa. Nessuna di queste donne comunque, potè prendere parte attivamente agli affari di corte e alle cose di Stato, neppure la consorte regina Maria d’Enghien, appartata al Maschio Angioino. G. Peyronnet, I Durazzo e Renato d’Angiò (1381-1442) , in Storia di Napoli, III, Napoli 1969, pagina 387 (4) Nota 62 a pagina 31 di Luciana di Lernia, Vittorio Barrella Castel Capuano. Memoria storica di un monumento. Da fortilizio a Tribunale. Op.Cit.
(5) E. Pontieri, Ferrante d’Aragona re di Napoli, Napoli 1969, pagina 14
(6) Dell’Ospedale oggi non resta che il portale gotico con la caratteristica strombatura, attribuito dal De Domenici ad Andrea Ciccione. B. De Dominici Vite de’ pittori, scultori e di architetti napoletani, Napoli 1742-43, in seguito tutto l’edificio con cappella dedicata all’Assunta, fu denominato Della Pace, perché condotto a termine nel 1659, anno in cui, fu sancita la pace tra Luigi XIII di Francia, e Filippo IV di Spagna.
Categorie delle Guide
- archivi, fondi e biblioteche
- articoli di storia locale
- bosco di Capodimonte
- cappelle napoletane
- chiese chiuse di Napoli
- chiese di Napoli
- cimiteri di Napoli
- conventi e monasteri di Napoli
- musei e gallerie di Napoli
- Non Categorizzate
- opere d'arte napoletana
- palazzi e case storiche di Napoli
- palazzi moderni di Napoli
- palazzo Reale di Napoli
- rioni, quartieri e zone di Napoli
- teatri di Napoli
- territorio e archeologia
- tombe e sepolcri a Napoli
- vie e piazze del centro di Napoli
- ville della città di Napoli
- ville della Provincia di Napoli
- Visite Guidate
- zona Mostra
Strutture sponsorizzate
Aggiungi la tua struttura

Lista dei desideri
La tua lista dei desideri è vuota