Galleria Umberto I a Napoli: aspetti tipologici

Il sistema strutturale di copertura sia in ferro che la superfice vetrata congiunta della Galleria Umberto I di Napoli1, è opera del professor Francesco Paolo Boubée2.

Esso è articolato sull’irrigidimento delle centine metalliche a traliccio mediante più cavi in sostituzione delle tecniche obsolete che prevedevano invece l’uso di un solo tirante, applicate in altre strutture simili3.


La copertura rispetta il sistema del reticolato fitto costituito da insiemi di sbarre inclinate ognuna nella direzione opposta ed agganciate solo e soltanto ai loro estremi.

Prima che si potesse raggiungere questo tipo di copertura però, l’opera fu più e più volte disegnata e ridisegnata su di una quantità enorme di progetti a vario motivo tutti quanti respinti, tra i quali, fino a raggiungere il progetto definitivo di influenza storico ed architettonico riconosciuto in quello del professor Paolo Boubèe4(5)6.

Fatto straordinario per l’epoca, sui disegni veniva specificato un peso sovraccarico ed un peso accidentale, e ancora venivano considerate sollecitazioni tollerabili in uso alla copertura in sostanza ferrose ed acciaiosa un peso ideale di 105 kg/m2.


Il progetto della Galleria napoletana ed una tesi di laurea del 1800. 

Le centine collaudate per il progetto della galleria disegnate a partire da esperienze pregresse portate sul cantiere dalla galleria milanese, fu previsto che sopportassero un peso sostenibile in 110 kg/m2. 

  • Questi divisibile per la pressione del vento, 60kg/m2 ed il resto divisibili per la caduta neve, impensabile per questa città, ed il personale che vi camminasse sopra per la manutenzione, anche questo ritenuto fin dal principio, impensabile per questa città. Col tempo le unità di misura cambiarono notevolmente: il professor Boubée, considerò la concezione dei carichi dividendoli per carichi permanenti, ossia, l’ossatura metallica e per carichi accidentali, tra i quali, quindi l’accumularsi di neve o ghiaccio e la forza gagliarda dei venti. Rispetto alle valutazioni di quel secolo, nel 1982, una circolare del Ministero dei Lavori Pubblici fissava a 100 kg/m2 la pressione esercitata dal vento costiero a protezione delle armature esposte alla avversione naturale degli elementi atmosferici, tra cui le campate in acciaio e vetro della Galleria napoletana, fermo restando invece a 60 kg/m2 per l’omologa di Milano7. Alla pagina numero 4 di una tesi di laurea di un promesso ingegnere napoletano del 1868, si parlerà per la prima volta di carichi strutturali sospesi e reticolati, proprio come oggi si presenta la copertura della Galleria Vetrata Umberto I, e con la quale, l’ingegnere riuscirà a dimostrare quanto più facile fosse per una singola trave sostenere maggior peso se questa fosse sostenuta a sua volta solo ai suoi estremi, ricercando per tanto dimostrabile la perfetta condizione di equilibrio in due punti: uno, essenzialmente geometrico, e l’altro puramente analitico8. Giulio Emery confermerà per l’epoca indisposta ad accettare i cambiamenti, la superiorità del ferro rispetto all’uso superato del legno, poiché il ferro permette giunture validamente resistenti in tutti i versi, laddove, le incavallature metalliche si prestano a carichi considerevoli9 e che un approccio di tale metodo fosse nell’Ottocento improponibile trova anche conferma nelle affermazioni rese dal Mazzolani, il quale, aggiunge e specifica che il problema fin da allora mai assunto fu quello di dover per forza di cose analizzare gli effetti dei carichi sulla struttura di copertura sui singoli archi paralleli e meridiani effettuando all’uopo una suddivisione delle condizioni di carico in simmetriche e non10. Ed in effetti fu proprio questo il problema iniziale nel calcolo delle condizioni di carico per quanto riguarda la copertura della Galleria Umerto I, ed ovvero, il vento considerato inopportunamente nella direzione degli sforzi indotti come un agente di carico simmetrico escludendo senza apparente motivo giustificato, la possibilità di una sua reale azione di forza dissimetrica11.


Spazio note

(1) Galleria Umberto I. Architettura del ferro a Napoli di Ugo Carughi prefazione di Giancarlo Alisio, Franco Di Mauro Editore. Il presente volume nasce da una ricerca condotta nell’’ambito dei programmi dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, ISBN-88-85263-86-0 BNN distribuzione 2008D12
(2) Francesco Paolo Boubée è stato un collaboratore del cavalier Cottrau assieme alle eminenti figure di Francesco Kossuth, G. Stamm, L. Montezemolo, P. I . Martorelli, ed S. Panunzi; a partire dal 1875 fu professore della Real Scuola di Applicazione degli Ingegneri di Napoli e dal 1895 membro del Consiglio Direttivo della Scuola Industriale Alessandro Volta. A.S.C.N., Tornata del 28 marzo 1895, pagina 302
(3) Alla Galleria il professor Boubée applicò il metodo di copertura a più tiranti basandosi sulla teoria dei sistemi elastici formulata nel 1879 da Alberto Castigliano, ingegnere dell’ufficio dell’Arte della SFAI. R. Jodice L’Architettura del Ferro. L’Italia. 1796-1914, Roma 1985 pagine 410 e seguenti. Travature in ferro e legno. Confronto tra i metodi di calcolo delle travature semplici più comuni considerati come sistemi rigidi ed elastici. Limiti dell’errore usando metodi approssimati, pubblicato in Annali della Società degli Ingegneri e degli Architetti Italiani, Anno XV, parte II, Roma 1899
(4) La diffusione delle coperture di edifici pubblici in Europa come in Italia è stata resa possibile senza soluzioni architettoniche di sorta, solo grazie al progresso nell’uso del ferro e alla possibilità di poter sostenere investimenti in questo settore. La larghezza di imposta della sua cupola, alta 46 metri è di poco inferiore alla galleria vetrata Vittorio Emanuele II di Milano e più o meno simile nella luce trasversale dei suoi quattro bracci di 15 metri lineari. Nel totale delle unità di misura a vario genere studiate, la galleria napoletana risulta essere insuperata in tutta Europa per dimensioni. Tutta la sua configurazione tipologica e dimensionale ha da sempre rispettato i precipui termini tecnici trascritti nella documentazione allegata agli atti, costituente un intero piano di esecuzione e bonifica del vecchio quartiere di Santa Brigida, presentato al Comune di Napoli, da Emanuele Rocco ed approvato dalla Giunta Comunale il 28 aprile 1886. Si tratta di dieci elaborazioni scritte a mano, di cui la prima discute del progetto attraverso una relazione di testo e l’ultima mostra il disegno, oggi suggestivo, del profilo di una centina dell’ottagono, il profilo della centina della tettoia ed un dettaglio degli arcarecci. J. F. Geist, Passagen, Ein Bautyp das 19 Jahrunderst, Munchen, 1979, pagine 238-240
(5) A.P.G., Bonificamento di S.ta Brigida. Galleria Umberto I. Progetto dell’ingegner Cavaliere Emmanuele Rocco. Relazione. Allegato I; f.3°
(6) Il professore Boubée per quest’occasione offrì l’anteprima sull’acciaio, notato dall’Emery, come più resistente del ferro e della ghisa e certe sue varietà in fatto di resistenza superiore al ferro e alla ghisa, tuttavia, sembra che proprio l’acciaio rispetto al ferro e alla ghisa sia maggiormente disposto a deperire sotto gli urti e le vibrazioni, lasciando quindi la comunità degli ingegneri e degli architetti dell’epoca impegnati a riorganizzare l’assetto urbano moderno della città di Napoli in un insieme di opinioni discordanti. F. P. Boubée Sull’impiego dell’acciaio nelle grandi costruzioni metalliche, B.C.I.A., numero 17, Napoli 1 settembre del 1884 a pagina 130
(7) Ad ogni modo, sui disegni dell’epoca della sua costruzione, alla struttura metallica, bracci e cupola compresa, della Galleria Umberto I a Napoli, non venne presa in considerazione, come invece apparve su un articolo di Annali della Società di Ingegneri ed Architetti italiani, la possibilità di calcolare la forza del vento maggiore quanto più alto fosse l’edificio, solo e soprattutto in funzione dell’angolo di esposizione della struttura rispetto anche all’azione esercitata dalla sferza del vento. Annali della Società degli Ingegneri e degli Architetti Italiani. Bollettino. Anno VI n° 17, Roma, 1 settembre 1898, pagine 265 e 267. I carichi tollerabili ad ogni modo aumenteranno ancor di più a partire dal decreto ministeriale del 6 gennaio 1996.
(8) Cfr. G. Passerini, Delle travi reticolate e dei pinti americani. Dissertazione di G. P. allievo della scuola di applicazione per gl’ingegneri in Napoli per ottenere il diploma di ingegnere laureato, Napoli, 1868. M. Collingon dichiarerà che fu in Germania che questo tipo di copertura ebbe inizio sia in ambiente di studio che nelle applicazioni urbanistiche. Questa straordinaria rigidezza della copertura offerta da questo sistema gli guadagnò dai tedeschi stessi, il nome autonomastico di costruzione rigida. Così trovato scritto in: M. Collignon Théorie elementaire de poutres droites
(9) Giulio Emery, L’uso del ferro nelle costruzioni e sua influenza sul carattere delle medesime, in “Atti del Collegio degli Ingegneri ed Architetti in Napoli, a Napoli 1879, pagina 88
(10) C. A. Guerra e F. Mazzolani, Riesame statico della Galleria Umberto I in Napoli, , in Atti del Convegno. L’arte del fabbricare, Napoli 6-7 ottobre 1989, pagine 197 e 198
(11) Alla soluzione di questo tipo di problema grazie all’uso di modeste incognite si giunse solo verso la metà del Novecento. Da un saggio di Giulio Emery publbicato a Napoli nel 1878, E. Winkler, Determinazione degli sforzi molecolari ammissibili nelle costruzioni in ferro in conformità degli esperimenti del Wohler sull’effetto degli sforzi ripetuti pel Dr. Winkler, inserito nel Giornale del collegio degli Ingegneri ed Architetti d’Austria, anno 1877 vol. III