Contrada delle Celse

La contrada delle Celse1 è un fondo di carte topografiche antiche che trattano dell'estesa zona napoletana conosciuta proverbialmente come i Quartieri Spagnoli.

Più  precisamente il fondo schematizza la valle del Palazzo Cariati a ridosso dell'area di nuova formazione del quartiere spagnolo di Montecalvario a Napoli1bis, interamente lottizzata dagli eredi dei Conti di Cariati per la gestione non discreta di circa sedici moggi di terra avuti dai monaci della Certosa di San Martino.

I principi Cariati2 l'hanno a loro volta ceduta ad altri, non prima d'averla attentamente frammentata in diverse proprietà ottenendone un'area popolosa e residenziale, con eccessi di edificazione edile nelle aree di verde preesistente.

Unico motivo per i quali, nell'assetto generale precedente alla cosiddetta riqualificazione edile, alla zona venne conferita bellezza invidiabile, amenità, solitudine e salubrità.
Da questa contrada è possibile scorgere la splendida cupola ad embrici maiolicati della chiesa del Monacone ed l'apice del suo campanile al di là delle grate del Ponte Maddalena Cerasuolo della chiesa dei Minimi alla Stella e Santa Maria del Soccorso al Regresso di Capodimonte.
Dalla medesima altura è tutt'oggi possibile accorgersi del tetto plumbeo del onastero di Santa Chiara Vergine a Spaccanapoli, purtroppo non più visibili le cupolette delle chiese di Santa Maria in Donnalbina Opera Don Orione e quella più piccina di San Maria dell'Aiuto ai Banchi Nuovi, tuttavia s'intravede la cupola della monumentale chiesa di Santa Maria La Nova; le otto cupolette della chiesa di San Nicola alla Carità accoste alla vicinissima chiesa di San Liborio alla Pignasecca, la cupola delle chiese di Santo Spirito e Santa Maria delle Grazie a Toledo, la maestosa ed imponente cupola della Galleria Principe Umberto I la minutissima cupola della chiesa di Santa Brigida di Svezia al suo fianco e l'altra cupola non meno imponenete della chiesa di San Ferdinando di Palazzo a Piazza Trieste e Trento e la scenografica cupola della chiesa di San Francesco di Paola a Piazza del Plebiscito.

I solchi vallivi che si eran sviluppati in senso verticale onde collegare le abbarbicate masserie al tracciato più a valle comprendevano anche i sentieri battuti lungo il fianco orientale uno dei quali ancora visibile in qualche veduta di fine Ottocento e noto come la Pedamentina, viottola che dalla Certosa conduceva dritto a Porta Medina; gli annali degli Ordini dei Minori ricordano addirittura un sentiero detto poi Strada del Petraio appena distinto tra la vegetazione3 che dalla via di Toledo li conduceva fin sotto la pancia della Certosa, che sarà poi la stessa che verrà all'inizio del XVII secolo pavimentata assumendo l'aspetto di una gradinata sfiancante solo a guardarla, alla quale un tempo affluiva anche la salita del Cristo Grande collegante le porzioni barnabitiche col resto del poggio in salita e le strade costruite dai Conventuali di Santa Maria Apparente 4.

Tutto coperto dalle edificazioni di massa del dopoguerra napoletano non si vedono più le chiazze di piante di frutta, le uve e le pergole sostenute dai legnami e dalle piante di agrumi, da dove era possibile la bella e libera veduta grata a Mezzogiorno, a Ponente e a Tramontana e la goduta di Mergellina, la riviera di , gli speroni di Vivara e Procida, l'isola di Capri, i piccoli porti da imbarcazioni leggere di Torre del Greco, Portici e San Giovanni a Teduccio e nelle belle giornate anche Castellammare di Stabia e Ischia accosto al profumo dei cedri gialli e dei più verdi bergamotti5.

Per non parlare della sapiente disposizione delle terrazze e delle balconate, delle fontane disperse qua e là, le torri e i belvederi, i bellissimi alberghi visibilissimi dalla contrada delle Celse, e i giardini bellamente esposti alle brezze marine della vicinissima Posillipo e Marechiaro e gli orti un tempo colti, i ciliegi in fiore, i frutteti e le limonaie, il bosco dei Mirti, i campi e le masserie, i villini e i casini, le vaste logge pendenti sotto un disteso cielo azzurro coricate al sole caldo della Baia e di prospetto al loro le maestose facciate di Largo di Palazzo, Castelnuovo subito sotto, Castel dell'Ovo che sorge dal mare e l'Isolotto di Megaride6.
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Spazio note

(1)Estratto da i testi di Emilio Ricciardi, Dottorato in ricerca su “Il Poggio delle Mortelle in Storia dell’Architettura e della città” XVII ciclo COORDINATORE: PROF. ARCH. FRANCESCO SAVERIO STARACE, TUTORE: PROF. ARCH. MARIA RAFFAELA PESSOLANO.
(1bis) Ernesto Burattini Giorgio Castiello. Alcune platee del centro storico di Napoli. Costruzione di una base di conoscenza fondata su un’indagine documentaria. Istituto di Cibernetica- CNR Torre del Greco, 1994 BNN distribuzione 2006 C 231 Implementazione informatica di Giuseppe Della Monica Diritto di stampa 1744679 (2) (ASN, Monasteri soppressi, vol. 2212, f. 50)
(3( AGC, ms. cl. III 11 C, F. CIATTI , Annales Ordinis Minorum (1206-1695), III, f. 294)
(4) [“In questo pilastro dalla parte, che riguardava il Monastero, che sarebbe stato à Settentrione, vi era dipinta l’Imagine della Madonna, e sotto vi stava scritto: Questo Territorio, e Piazza sono della Chiesa di Santa Maria à Parete. Nel medesimo Pilastro per l’affacciata verso Ponente, dirimpetto la Croce stava scritto: In questo luoco non si giuoca, ma si lauda Iddio Signor nostro, e la Gloriosa Vergine sua Madre. E finalmente nell’istesso Pilastro verso Levante vi stava pittata una mano, quale col dito dimostrava, e diceva: Questa via saglie à S. Elmo. Volendo far nota la nuova strada delli tre portoni, perché non era ancora in notitia delle genti, che di là si andasse a S. Elmo. Sotto l’istessa mano vi stava scritto il nome di Giesù, e sotto quel nome vi era dipinta un’altra mano, con alcune parole, che dicevano: Questa via scende à Chiaia” (S. GOMEZ PALOMA, Allegatione di fatto e di legge per li RR. PP. del Monastero di S. Maria a Parete col Magnifico Dottor Nicola Cortese, in ASP, Corporazioni religiose soppresse. S. Francesco al Prato, inc. 44, ff. non numerati). Nel 1614 l’insegna, “per alcuni accidenti di carrozze, e altri”, si ruppe, così che Filippo Sangiorgio la riaggiustò, la rimise al suo posto il giorno della festa di Santa Maria Apparente di quell’anno e fece redigere, davanti a quattro testimoni che possedevano case nei dintorni, un atto notarile che attestava lo stato dei luoghi(ASN, Notai del XVII secolo, scheda 107, prot. 3, f. 198).]
(5) (Cfr. per esempio B. DI FALCO, Descrittione de i luoghi antichi di Napoli e del suo amenissimo distretto per Benedetto Di Falco Napolitano, Napoli s.d. (ma prima del 1550), pp. 13-14.[ , dai quali “escono mature le frutta, prima di ogni altro giardino e tutte perfettissime e di raro sapore” e “un’acqua che distilla da un monte che né più leggiera né più gustosa per la freschezza si può desiderare, ancorché in queste case arrivino i Formali”. (C. CELANO , Notizie…, cit., ed. con aggiunte di G. B. Chiarini, IV, Napoli 1859, p. 584)
(6) (C. CELANO, Notizie del bello, dell’antico e del curioso della città di Napoli, Paci, IV, Napoli edizione del 1724)