Natura Morta di De Caro a Napoli

È un olio su tela firmato Benedetto De Caro1, oggetto centrale della pittura delle nature morte, che, assieme a quelle del paesaggio, ne fanno uno stupendo pezzo d’arredamento, adatto per le sale da pranzo.

Opere simili, se ne rintracceranno molte nelle abitazioni dei ciambellani di corte. In effetti esso è di fatto un sottogenere nella forma esteriore delle Cucine e nature morte di caccia, tipiche dell’autore che si firma su tutte le sue tele.


Mentre, una sorta di analoga espressione non generica delle nature morte opera del napoletano Giacomo Nani è invece caratterizzata per la presenza nel ritratto di animali appena cacciati.

Il dipinto medesimo, assieme alla Natura Morta del Brueghel, collocato alla Quadreria del piano nobile del Palazzo della Prefettura in piazza del Plebiscito a Napoli, è l’esito finale di un atteggiamento artistico teso a ritrovare la pittura olandese del Seicento, più adatta a raccontare la vita spesa dai nobili per la caccia e per la selvaggina.

Tuttavia, anche se limitato alla sola espressione delle nature morte, nel contesto del quadro, un’unità compositiva lo inserisce nel repertorio dei tagli della pittura influenzata dallo stile rocaille, molto vicino a quel genere delle pitture del Seicento importate anche per il Settecento e per gran parte dell’Ottocento.


La cacciagione come elemento della pittura del Seicento. 

Dipinti di questo valore narrativo ve ne sono di altri e tutti concorrono a comporre scene di vita campestre meglio adatte per la ricostruzione delle vita quotidiana dei cacciatori nei fumoirs maschili.

  • Si ricordano a questo scopo Volpi che snidano uccelli, oppure Un albero di fico colmo di uccelli concorrenti a rendere più verosimile l’ambiente boschereccio. Il quadro in questione mostra tutti gli elementi della pittura olandese secentesca. Uccelli cacciati nel senso di morti, appoggiati sul tavolo attorno ad un cesto di paglia, con scelte di colore ben preciso tra il begie, il grigio ed il marrone, interrotto solo dal rosso delle zampe della selvaggina. Mentre invece, è settecentesco il modo di organizzare il fondo del quadro, in questo caso dato un paesaggio generico, qua e là un po’ di giallo tenue ed infine lo scenario occupato da un fiore di Cardo, sembrerebbe l’unica nota di grazia che fa molto riflettere sul valore del sacrificio delle povere bestie uccise. Unica eccezione quelle piume di cacciagione, molto approssimative, niente a che vedere con la perfezione tipica della pittura fiamminga e questo giustifica l’asprezza tenuta da Causa nella sua Natura morta a Napoli tra Sei e Settecento, laddove, a proposito dell’autore De Caro, lo criticherà affermando di lui esser solo un mero ripetitore delle cose olandesi.


Spazio note

(1)> (1) Olio su tela cm 75x102 Palazzo Reale di Napoli inventario 990/1950
(2) Contributi: Ugo Carughi, Luisa Martorelli, Annalisa Porzio in Il Palazzo della Prefettura introduzione di Agatino Neri. Sergio Civita Editore Officine Grafiche Peerson Napoli 1989. A pagina 78