Zona Vomero in epoca fascista Napoli

La collina del Vomero a Napoli1, durante il Ventennio fascista è cresciuta sul modello pianificato dal Risanamento classe 1925 e relativamente al riordino dell'assetto urbano moderno è stato organizzato secondo gli schemi dei piani particolareggiati del 1926, seppur con qualche riflessione al tema del piano urbanistico caro al De Simone, classe 1914.

Secondo questo stesso schema, infatti, la creazione di nuove aree edificatorie periferiche, riferendosi allo sventramento dei rioni Pendino, Mercato e Vicaria Vecchia in luogo di tracciare dritto il Rettifilo, avrebbe dovuto rendere più facile lo sfollamento dei residenti verso la collina del Vomero.

Là dove, appunto, tra il 1914 ed il 1925 fu ideata e realizzata la maglia a scacchiera ed i blocchi edilizi isolati come il Rione Gemito all’Arenella, e la definizione principale di piazza Medaglie d’Oro, piazza Bernini e piazza Muzi attigua a piazzetta Arenella, ed infine l’avvenuta congiunzione di queste con il Centro Storico UNESCO attraverso l’apertura delle strade carrabili di Via Salvator Rosa, Via Giacinto Gigante e l’inflessione di Via Confalone sul fianco a sinistra della zona Salute.


Fu tra l’altro una formidabile condizione di risveglio dell’attività edificatoria imperante.

Irripetuta nella città dalla fine del Seicento, con enormi contributi per l’architettura differenziata proveniente da codici linguisti diversi.

  • Si va dal Futurismo al Floreale, dal Neobarocco al Neo-medievale al Neo-Rinascimentale con qualche cenno alla cultura razionalista al pari di edifici come la Mostra d’Oltremare a Fuorigrotta e la Villa Oro a Via Orazio sulla collina di Posillipo. Tra il 1914 ed il 1926 dunque, sull’alto piano della collina del Vomero si addensò una cultura architettonica disinvoltamente internazionale o, come definito dal Migliorini, un’architettura deco-razionalista. Appartiene a questa diffusa pratica di lottizzazione Villa Italiacollocata nel tratto mediano di Via Giacinto Gigante prospisciente Piazza Canneto di fronte al palazzo della famiglia Buonocore. Per architettura fascista napoletana dunque, non solo sulla collina del Vomero, ma come in tutta Napoli, si intende la città urbanizzata da ciò che è stato prodotto ed edificato sul suolo tra le due guerre, negli anni in cui, l’intero paese Italia stava vivendo il risveglio dell’architettura segnata dall’uso dei nuovi materiali, primo tra tutti il cemento armato, come anche il ferro, ed infine, l’Urbanesimo, fenomeno moderno capace di orientare le scelte dell’architettura propria di quegli anni. La Collina del Vomero, nella pianificazione fascista della città, fu una delle aree collinari fortemente penalizzate dall’idea, mai attuata, di realizzare quartieri popolari scissi tra loro da ampi parchi urbani, segnando in rosso, sul progetto della fascistizzazione della città, la zona Vomero considerandola semintensiva a fronte unito.


Spazio note

(1)Liberamente estratto da: L’integrazione dei borghi alla città: il ruolo di San Potito, Materdei, la Salute, di Alfonso Gambardella-Giosi Amirante, Napoli fuori le mura: la Costigliola e Fonseca da platee a borgo, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1994, diritto di stampa 1757198 alla BNN distribuzione 2008 c 192. Cfr., Francesca Castanò ed Ornella Cirillo, la Napoli alta. Vomero, Antignano, Arenella, da villaggi a quartieri, Napoli 2012 Edizioni scientifiche italiane ISBN 978-88-495-244-0 Pubblicazione della Seconda Università degli Studi di Napoli, Facoltà di Architettura, dipartimento di Industrial Design Ambiente e storia, fondi PRIN 2007 a cura di Cesare De Seta BNN Sez Nap. VII B 149
(2) P. Mascilli Migliorini, Traslazioni e contaminazioni: l’architettura della città negli anni Trenta, in C. De Seta ( a cura di ) L'*architettura a Napoli tra le due guerre a cura di Cesare De Seta. - Napoli S.C. Arte H 0282 ter: Electa, [1999]. - 262 p: ill. ; 28 cm. ((In testa al front: Ministero per i beni e le attività culturali, Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Napoli e provincia. - Catalogo della mostra tenuta a Napoli, Palazzo Reale, 26 marzo-26 giugno 1999. Pagina 97