Il Paradiso al Tesoro di San Gennaro Napoli
Giovanni Lanfranco1(1bis), pittore parmigiano, tra i primi e più esaltanti protagonisti della decorazione barocca, nella sola città di Napoli è stato l’esecutore degli affreschi alle cupole della chiese del Gesù Nuovo2, la chiesa dei Santi Apostoli ed alla cupola della cappella del Tesoro di San Gennaro3, terza della navata destra presso della Cattedrale napoletana, ed ivi sopraggiunto a rifare Gli Affreschi "... lasciati imperfetti, e con qualche gran travaglio”4 dal maestro Domenico Zampieri, alias, il ”Domenichino”, suo eterno rivale, morto la notte del 6 aprile del 16415(6).Tutto certificato da una teoria di documenti che ne attestano i pagamenti già nel corso dell’anno solare 1641-1642, la sottoscrizione dell’artista fatta alla Deputazione di San Gennaro avverrà con l’impegno del Lanfranco di anticipare i soldi per le spese sugli stucchi ed i colori.
Fatta salva, però, per la sola eccezione sull’ultramarino, per il quale, la stessa Deputazione dovette ”cacciare subito subito” 1000 ducati e vedersi comporre definitivamente, il Paradiso.
Gli affreschi del Lanfranco visti da Spinosa.
Un’idea compositiva ardita, libera da ogni limitazione di tipo strutturale, di vasto ed ampio respiro, considerato da Spinosa, il gioiello del barocco allusivo e fantastico.
- Che, contrariamente al Paradiso della chiesa romana di Sant’Andrea della Valle, per quest’affresco nessun’opera antica è mai stata pubblicata a modo di guida, per cui, è da sempre ignota l’identità dei personaggi che lo popolano, mentre resta alquanto efficace ed attendibile il solo studio condotto da Erich Schleier e messo al catalogo della mostra Civiltà del Seicento a Napoli7. Il Paradiso al Tesoro, così è chiamato l’affresco, è realizzato attorno alle due figure del Cristo e della Vergine, le quali, il loro, diciamo ingombro, tagliano in due sezioni la calotta, mentre le figure minori di Santi e personaggi del Vecchio Testamento la riuniscono in uno spazio organizzato solo di spirali, diagonali e colori. Il complesso delle figure che abitano l’affresco replicano la stessa sostanza del mezzo grafico utilizzato in funzione di strumento, lasciando che restasse frammentaria e sommaria la cura del dettaglio rintracciata però in maniera del tutto inusuale e geniale nel pieno dell’acquerello8.
L'arte di organizzare un Paradiso nel Cinquecento.
Gli affreschi alla Cappella sono la consacrazione dell’ambiente alla tradizione veneta e romana del Cinquecento e la rimanda alle future imprese illusionistiche dell’arte del barocco.
- Per la figura di San Gennaro presente nel Paradiso, il Lanfranco si servì di carta grigia, riquadrato in sanguigna e matita nera e bianca ed ivi ne trattò il disegnò prima di inciderlo nell’intonaco; oggi questo preziosissimo documento è conservato al Teyler Museum di Haarlem in Olanda. Per affrescare la cupola col Paradiso, Giovanni Lanfranco ordinò che si chiudesse il lanternino con la successiva costruzione di una volta a canne, e, causa la troppa altezza del tamburo, il pittore ha raffigurato coppie di Virtù tra le finestre, figure mastodontiche, scorciate, rappresentate quasi tutte da esili corpi femminili, mentre, la Coppia della Carità Romana, o anche detta Allegoria della Giovinezza e della Vecchiaia, presenta una donna che tiene per mano un bambino inquieto e al tempo stesso ne allatta un altro sulla sua destra; è affiancata da un’altra donna, l’Allegoria della Fede, che, diversamente da tutte le altre coppie, regge in mano una gran croce. Alle loro spalle fu sistemata la decorazione a fresco di una balaustra. Tutte le coppie hanno una sola donna, quella di sinistra che serve a rispettare il programma iconografico, l’altra a destra invece solo a riempire lo spazio vacante. Le coppie figurano quindi in questo modo: la Giustizia, la donna che tiene in mano un fascio di verga ed una bilancia, mentre la donna della coppia che tiene saldamente legato al piede un leone, rappresenta la Fortezza; la figura di donna che rappresenta la Speranza, sta poggiata sopra un’ancora. Tutti gli altri elementi corporei hanno trovato una più difficile comprensione; la donna che poggia il piede su di una colonna reggendo in mano una ramoscello di palma, pare sia stata identificata come la Temperanza; ancora incerta se Fede o Pazienza è da definirsi la figura che tiene in mano una fiaccola da cui arde una fiamma. Invece non trova ancora nessun tipo di identificazione la figura di donna, che nel ciclo, tiene un braccio alzato e rivolto al cielo e l’altro poggia su di uno strumento musicale. Il personaggio disteso che guarda oltre la sua spalla,riconosciuto come San Sebastiano ed accanto probabilmente l’eminente figura di San Giovanni il Battista, che giace con la spalla scoperta ed addita ad un altro personaggio, forse la figura della Maddalena, insomma, questo personaggio secondo Schhleier, deriverebbe dal medesimo schizzo che servì all’Angelo che regge la croce, nella Pietà di Annibale Caracci eseguita nel 1585 per i Cappuccini di Parma.
La veste barocca del Paradiso a San Gennaro.
Prima di raggiungere la figura della Vergine, due apostoli restano accanto ad Agar, distesa in preghiera quasi nuda.
- Tuttavia il primo gruppo di personaggi sta separato dalla monumentale figura di Cristo da un altro gruppo di figure che inizia proprio con San Gennaro in posa per l’intercessione, seguito da altre figure poi variamente individuate forse nei personaggi storici di San Pietro l’Apostolo, San Giovanni l’Evangelista che leva il suo braccio al cielo e l’antica figura mitica di Matusalemme. Ed infine le figure di Sant’Andrea d’Avellino e San Gaetano. È a questo punto che un gruppo serrato di angioletti musicanti compone il passaggio al secondo cerchio di personaggi coinvolti nella scena, e nell’angolo, un gruppo di altri apostoli mai identificati aprono al nodo delle pie donne sul fianco della Vergine, tra le quali, una sola, con addosso un caffettano azzurro ed una mano sul petto in segno di penitenza, potrebbe essere la stessa Maddalena che l’artista ebbe già disegnato per un altro cantiere, e, che lui stesso, in una lettera datata 1 agosto 1637, dichiara di ”essersela portata appresso per metterla in mezzo ad altre sante”. All’apice della calotta, quasi all’altezza della figura di Gesù Cristo, un gruppo di personaggi estratto dal mondo delle antichità dei Libri Sacri, Noè che regge l’Arca, Mosè con le tavole della Legge, due figure nude forse Adamo ed Eva riaprono il percorso compositivo che sta per terminare nella luce soprannaturale, al di là della quale appena si scorgono i tratti di santi Domenicani e forse addirittura Santa Chiara.
Spazio note
(1) Per i versi in epigrafe: *Vita de' pittori scultori ed architetti che anno [!] lavorato in Roma. Morti dal 1641 al 1673. - Prima edizione. - Roma : stamp. G. Zempel, 1772 Codice SBN LIAN053574(1bis) Il restauro degli affreschi di Domenichino di Denise Maria Pagano, responsabile dei Labotratori di Conservazione della Soprintendenza per i Beni Artistici e Storici di Napoli. Per la Electa Napoli 1987, in occasione del restauro degli affreschi alla cappella tra il giugno del 1986 ed il dicembre del 1987 Fondazione Napoli Novantanove. I lavori, coordinati da Raffaele Garzone, furono eseguiti dalla ditta Tecni.re.com., Roma, pagg 13-45
(2) Crollata più volte di quelle opere oggi non esistono se non i disegni del progettista, Iappelli, “Guida Storica del Gesù di Napoli”, Napoli BUR 2000
(3) La commissione affidatagli sulla cappella del tesoro di San Gennaro non sarà il solo capolavoro a Napoli dell’artista Giovanni Lanfranco. Giunge a Napoli nel 1634, ma già quattro anni prima, il padre generale dei Gesuiti residente a Roma, col valido aiuto del preposto della Casa professa dei Gesuiti di Napoli, il padre Carrafa, segnano il soggiorno nuovo dell’artista nella città di Napoli, (cfr., R. Bosel, Giovanni Lanfranco e la Compagnia di Gesù, documenti per la sua attività napoletana. In Paragone, 1977, numero 329, pagg. 99-114) il soggiorno di Giovanni Lanfranco a Napoli esasperato dai contatti dei Gesuiti di Roma e di Napoli potrebbe esser stato pianificato col proposito di avviare nelle terre del Regno, attraverso un selezionato ciclo di lavori pittorici, la lunga e travagliata storia del dogma della Concezione Immacolata, protettrice della monarchia di Spagna, ovviamente favorevoli, quest’ultimi al dominio dei territori d’Europa da parte dei Gesuiti.(N.d.R)
(4) G. M. Bottari-S. Ticozzi, Raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura, ed. cons. Milano 1822-25, vol. I, pagg. 31-318
(5) Ancora in un’altra lettera del Lanfranco, spedita al suo amico letterato, nonché medesimo protettore, Ferrante Carli, con data 23 aprile 1641, si legge, come il Domenichino perdesse tempo ad affrescare la cupola, anzi che sarebbe meglio dire, a non affrescarla. Furono trovati alla sua morte, cento due disegni tipo bozze per preparare con grand’impegno il lavoro dell’affresco che però partiva e non partiva causa il desiderio dell’artista medesimo di levigare le nervature dello stucco che scompartivano la cupola, ed intese farlo, il Domenichino con l’idea di dipingere finti arazzi ad imitazione delle due volte del Chigi nella Lungara di Roma fatte da Raffaello Sanzio. C. Guerra Pitture della Cappella di San Gennaro, detta del tesoro, nella cattedrale di Napoli. Memoria originale., con note di M. Gualandi, Bologna 1884, pagina 39
(6) La tecnica pittorica del maestro Lanfranco è direttamente collegata ai suoi stessi disegni, fatto per cui spesso capiterà che studiosi d’arte rintracceranno numerosi disegni in giro per il mondo, ognuno con una ben precisa collocazione; uno studio di Putto del Paradiso al Tesoro con gessetto nero bianco su carta verde grigio è stato indicato nella collezione di Windsor Castle,[ in A. Blunt-H Cooke, The Roman Drawings of the XVIII Centuries in The Collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, London 1960 , pagina 46 numero 188 inv. 5717. Vedasi anche *Architettura e città barocca / scritti di Anthony Blunt, Cesare de Seta. - Napoli : Guida, 1978. - 84 p., 16 c. di tav. : ill. ; 18 cm. ((Contiene: Sull'uso ed abuso di barocco e rococò in architettura / Anthony Blunt . Sulla presunta città barocca / Cesare de Seta. - Tit. orig. della prima opera: Some uses and misuses of the terms baroque and rococo as applied to architecture. - Trad. di Maria Concolato Palermo. Codice SBN CFI0055847 BNI 88-5577. Un semplice schizzo con gambe di donna e drappeggio Perez Sanchez lo indica parte del Paradiso al Tesoro. Oggi il pezzo è all’Accademia di San Fernando a Madrid, un tempo appartenuto alla collezione del Maratti.
(7) Catalogo della mostra Civiltà del Seicento a Napoli, Napoli fondazione Napoli Novantanove 1984, II pagina 106 n. 3,51 (inv. 552 mm 133x271)
(8) Disegni del Lanfranco e del Benaschi / Jacob Bean, Walter Vitzthum Codice SBN NAP0527800 Fa parte di Bollettino d'arte , Anno 46, n. 1-2 (gen.-giu. 1961), p. 106-122
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