Chiesa dei Pellegrini a Napoli

Sta nascosta e ben riparata dalla chiesa Santa Maria di Montesanto, nello spazio tra la chiesa di Sant’Antonio a Tarsia e la chiesa dello Spirito Santo a via Toledo. Fu ereditata dagli anzidetti architetti a pianta ellittica, forma a sua volta egregiamente installata nel vano rettangolare del presbiterio da Giuseppe Astarita.
E fu proprio l'Astarita che, nell'impreziosire il borgo napoletano di nuove risorse immobiliari dedicate all'ufficio di culto, riqualificò la chiesa dei Pellegrini negli anni compresi tra il 1771 ed il 1792, in luogo della chiesa del Medrano, che invece, fu progettata già dal 1751 a croce latina e sei cappelle per lato, poco profonde da poter ospitare appena appena l’altare.
Oggi alla chiesa vi si accede per scale a doppio rampante con effetto scenografico per il cortile dell'ospedale, anche se quest'ingresso oggi non viene più usato. I fedeli vi accedono per un ingresso laterale aperto su via Nuova dei Pellegrini.
La chiesa dei Pellegrini alla Pignasecca nella nuova Terrasanta.
E’ rimasto un semplice oratorio fino a tutto il 1599, elevato a rango di chiesa solo nel 1704, realizzata in concomitanza col nuovo assetto del piano urbanistico che vide il riordino delle insule della Carità e della Corsea, sotto Montecalvario nell’area tra San Lorenzo e San Giuseppe ai Fiornentini, più semplicemente detta anche la nuova Terrasanta.
- L’immobile sacro ha trovato fondazione su di un’area, anticamente appartenuta a Camillo Pignatelli di Monteleone, Gran Maestro dell’Ordine di Malta e cavaliere di Gran Croce, nonché Baglivo di Sant’Eufemia in Calabria. E nel posto cioè dove lo stesso Camillo Pignatelli fondò l’ospedale e la chiesa di Santa Maria Materdomini approvata con bolla pontificia del 1574. Questa chiesa è fisicamente il frutto del nuovo sodalizio giuridico avvenuto l’8 agosto del 1582 dalla fusione degli otto membri della Confraternita della Santissima Trinità estratti tutti dalla Compagnia Bianchi della Giustizia aggregati ed assimilati specie per l’adozione dell’abito rosso, ad una congrega fondata trent’anni prima da San Filippo Neri a Roma. La Confraternita trovò posto inizialmente presso la chiesa di Sant’Arcangelo a Baiano e poi dai Minori di San Pietro ad Aram per poi stabilirsi presso la chiesa di Materdomini non prima e non senza aver dato seguito a detto sodalizio che stabiliva definitivamente lo jus patronato del duca Camillo sulla chiesa Materdomini e le spettanze amministrative dell’Arciconfraternita sul piccolo nosocomio.
Il patrimonio artistico della chiesa dei Pellegrini alla Pignasecca.
Ed è anche la chiesa che più di tutte nel territorio del suo decanato concentra il numero maggiore di opere eseguite da artisti diversi.
- L’Occhio della Santissima Trinità disegnato al centro della superficie della cupola a sesto ribassato è firmata Melchiorre De Gregorio, medesimo firmatario dei Quattro Evangelisti dipinti nei quattro cassettoni ad ottagono. Peppe Cammarano disegnerà e provvederà anche a dipingere le Quattro Virtù sulle porte ai lati della navata. Giacomo Farelli raffigura Sant’Antonio da Padova ed Onofrio Palumbo dipingerà San Filippo Neri che raccomanda alcuni suoi confratelli morti alla Santissima Trinità. Di Onofrio Palumbo ancora si avrà una collaborazione artistica col vedutista Didier Barra, nella realizzazione del quadro di San Gennaro che protegge la città di Napoli fatto collocare sull’altare della prima cappella di sinistra e dedicata al Martire beneventano per volere del canonico Giovan Battista Saggese. Di Marc’Antonio Del Santo, il pupillo napoletano di Battistello Caracciolo, si avrà L’Immacolata Concezione datata 1651-1652. Francesco Francanzano dipingerà il Transito di San Giuseppe del 1652. E poi ancora, una tela di Andrea Vaccaro dono del 1741 all’Arciconfraternita da parte di Vincenzo Campione ritrae il Cristo Corcifisso tra le Marie e San Giovanni l’Evangelista. I quattro teloni alle pareti del presbiterio sono opere di Giacinto Diano, allievo del De Mura. Esse raffigurano a sinistra la Piscina probatica firmata e datata 1778; altro simile episodio è ricordato sulla controfacciata della chiesa dei Santi Apostoli. In questo ambiente, si ricordano, la Lavanda dei Pellegrini ad opera dei confratelli e a destra abbiamo San Filippo Neri che istituisce l’Arciconfraternita e Gesù che lava i piedi degli Apostoli. Di queste opere oggi se ne conservano ancora gli antichi bozzetti raccolti in collezione privata presso il museo americano di Ithaca. All’altare maggiore alla sua destra opera attribuita a Paolo De Matteis sta San Giuseppe col Bambino e a sinistra scuola di Bonito sta la Madonna con Bambino.
Prova descrittiva della chiesa dei Pellegrini prima e dopo la demolizione del Cinquecento.
La chiesa prima della demolizione del Cinquecento era composta da tre diversi ambienti, raggiungibile per il sistema di scala ellittica.
- Nell’edizione prima dello smembramento, gli altari erano ornati dai quadri di Bonito, Giovan Battista Rossi, Francesco De Mura, ed anche il coro della chiesa è opera realzzata nel 1766 e non prima. L’altare maggiore datato 1747 è in giallo, verde e rosso antico. E’ opera di Mario Gioffredo, architetto ostracizzato dalla nobiltà napoletana per il pasticcio combinato al palazzo dei Casacalende a Spaccanapoli; la balaustra che chiude la zona dell’altare maggiore, eretta nel 1727, disegnata da Carlo Schisano e realizzata dal marmorario Carlo Jucci. La chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini si presenta con la facciata realizzata da Carlo Vanvitelli. Lesene corinzie si levano in alto a sostegno di un timpano triangolare ove venne alloggiato il gruppo in stucco ritraente la Trinità con Cherubini ed Angeli. Ai lati del timpano, opera di Angelo Viva, prima del termine del Settecento, furono collocate le statue anch’esse in stucco dei Santi Filippo Neri e San Gennaro Martire. All’interno prevale la pianta ottagonale per quanto riguardano i limiti che impone la forma della navata e la forma rettangolare è percepita invece nello spazio del presbiterio, oltre il quale, prende posto il coro e l’oratorio della Confraternita, coperti da una seconda cupola ribassata. Il coro della chiesa è reso inaccessibile ai visitatori; costituito da stalli rivestiti in radica di noce e dagli stucchi disegnati dall’Astarita, sul fondo trova posto il dipinto di Francesco De Mura Santissima Trinità e la Vergine eseguito nel 1755 per la Terrasanta ed undici anni più tardi di quest’ultima data verranno realizzate le tele di Paolo De Majo, poi utilizzate in occasione dell’inaugurazine dello spazio chiesastico del Medrano. La Gloria di San Filippo Neri opera di Crescenzo Gamba, sta nella volta della stanzetta di raccordo tra il presbiterio e l’oratorio. Del medesimo autore sono anche le decorazioni di una delle sale dell’Arciconfraternita dipingendo per essa, la Santissima Trinità sulla volta della sala, dove ancora si conservano, un bellissimo Abramo coi tre Angeli di Nunzio Russo anni 40 del XVII secolo ed una Strage degli Innocenti copia del Seicento di Massimo Stanzione. Nel corridoi che riportano alla chiesa la Memoria di Michele Arditi posta ivi solo nel 1831 e l’altra di Emanuele Suarez Coronel del 1860.
Spazio note
(1) Liberamente estratto da: Napoli Sacra *11. itinerario / [testi di] Gaetano Amodio ... [et al.] - Napoli : Elio de Rosa, c1994. - P. 641-704 : ill. ; 33 cm. Codice SBN NAP0159937 Fa parte di Napoli sacra : guida alle chiese della città , 11 Autore secondario Amodio, Gaetano ha per altro titolo Undicesimo itinerario. Anno pubblicazione 1994Categorie delle Guide
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