Chiesa Sant’Agostino alla Zecca Napoli

E’ la chiesa di Sant’Agostino Maggiore a Napoli12 meglio conosciuta col titolo di chiesa di Sant’Agostino alla Zecca, sezione Mercato seconda municipalità, nascosta dal lato del Corso Umberto I dal suo stesso edificio che un tempo fu il monastero di Sant’Agostino, poi mutato dal Risanamento in un palazzo di stile ottocentesco ed installato nella compatta cortina edilizia che ne fa da quinta scenica.
Dal lato di via Pietro Colletta è seminascosta dal palazzo Martone oltre il quale scorge la possente cupola tozza con appena soluzioni di continuità tra le tinte dei bastioni spuntati sul tracciato più a nord di Spaccanapoli.

La definizione architettonica della chiesa avverrà solo alla fine del Trecento, subito prima dell’avvio di un processo innescato di fondazioni di cappelle via a via profanate tutt’intorno alla stessa chiesa irradiatesi dal nucleo originario di un’antichissima cappella votiva sacra a Santa Candida e che fonti storiche del 1542 l’hanno intercettata a vico Cupidine oggi il vico di sant’Agostino alla Zecca.
La chiesa è il frutto di un modo di edificare aderente alle istruzioni architettoniche impartite più in generale dagli Ordini mendicanti, i quali, presenti sul territorio a sorvegliare le regole insediative, l’hanno severamente indotta a configurare un triangolo con la chiesa dei Predicatori di San Domenico Maggiore e la chiesa dei Minori Conventuali di San Lorenzo a via Tribunali.


Sant'Agostino Maggiore e la collocazione nello spazio delle Congregazioni. 

Appare nella veduta Baratta del 1629 con uno spazio chiesastico completato da un’ampia navata centrale all’incirca di pari dimensioni a quella dell’abside e navate laterali minori progressivamente occupate da cappelle.

  • Nella veduta Baratta del 1680 la si vede dal mare accompagnata dal campanile e la fabbrica religiosa di Sant’Eligio al Mercato. Documenti d’archivio parlano di una chiesa fondata inizialmente con impostazione poligonale della tribuna alla quale venne fatta corrispondere un’ampia navata centrale e navate minori ai lati separate da colonne in piperno3. Nella veduta Baratta come in tutte le altre sul finir del Seicento, la parte visibile della chiesa medesima è quella a sud, cioè quella prospettica sul chiostro, e dove è possibile osservare che, da dentro, la chiesa era illuminata da finestroni aperti sul secondo ordine. L’architetto Gioffredo in una perizia accomodata nel 1756 sul giro della struttuta gotica di Sant’Agostino ha stabilito esser di trenta metri l’altezza della crociera, escludendo con questi risultati che nella chiesa gotica ci fosse stato un deambulatorio. Nell’invaso ancora di stile gotico sulla tribuna furono apposte le insegne di Carlo II d’Angiò e del protonotaio Bartolomeo de Capua, colui che probabilmente pagò per ultimare i lavori dell’abside durante il regno di Re Roberto il Saggio in conicidenza di lavori di ripristino alle chiesa dei Frati Minori di Santa Chiara, laddove lo stesso re Roberto è sepolto. Verso la metà del Trecento, proprio all’abside di Sant’Agostino s’addossò la cappella del Presepe sacra a San Giovanni il Battista poi chiamata durante il XIX secolo, cappella Tufarelli, ove trovò sepoltura il beato Angelo da Furci. Fu praticamente quasi del tutto distrutta dal violentissimo terremoto del 1456; le volte delle navi laterali sottoposte alle sollecitazioni provenienti dalle campate la fracassarono al suolo, così scritto in una lettera redatta da Giannozzo Manetti al fratello Filippo nell’occasione di ricordare che il sisma buttò a terra anche la vicinissima chiesa di San Pietro ad Aram e la volta della Cappella Palatina al Maschio Angioino.

Le vicende della chiesa di Sant'Agostino e le prescrizioni sulla costruzione. 

Nella ricostruzione in parte avvenuta fino al 1469 l’abside della chiesa medesima divenne il passaggio alla Cappella della Santa Croce, fino ad allora rimasta priva di alcun accesso dall’esterno4(5).

  • Nel 1523 si ricorda tra la chiesa degli Agostiniani e i congregati della Compagnia della Santa Croce, in corrispondenza delle ultime due campate verso l’abside uno spazio venne occupato dalla Corporazione dei Pittori, Indoratori e Cartari, in una piccola cappella da questi dedicata a San Luca, aula rettangolare con sedili per le riunioni. E a nobilitare la cappella il vivo del dipinto di Giovan Filippo Crisconio ritraente il Santo titolare. E’ di quattro anni più tardi la commissione da parte degli Agostiniani agli intagliatori napoletani De Terso e Bartolomeo della Scalea e agli indoratori Marliano da Nola per la realizzazione di una gran cona lignea che in effetti avrebbe dovuto ospitare l’opera pluricelebrata di Marco Cardisco ritraente Sant’Agostino che disputa con gli eretici oggi parte della Collezione Reale in esibizione perpetua al Museo di Capodimonte6. A tre mesi dall’accordo preso non solo con gli anzidetti intagliatori ma anche coi pittori Polidoro da Caravaggio e Bartolomeo da Pistoia, il Lautrec pose l’assedio alla città di Napoli avviando una fase assai lunga per la città di ritrovare la pace perduta ed i mezzi di sostentamento che di fatto interruppero ogni tipo e forma di artigianato artistico. Nel 1650, ancora in fase embrionale la trasformazione barocca dell’invaso, la chiesa dovette presentarsi agli occhi di un visitatore agostiniano all’indomani della soppressione dei conventini in Europa, uno spazio ordinato in tre circonferenze di un diametro di circa otto canne, tipico delle composizini agostiniane, disposto di modo che tutto quanto l’asse longitudinale con le murature perimetrali restasse senza mostrarne sofferenza inscritto dentro un quadrato e dove fattori numerici proporzionati e pressocchè quasi rimasti segreti continuassero a guidare l’andamento della chiesa e la scansione serrata delle strutture, mostrando quindi di contenere un altare maggiore, otto cappelle per lato, un coro ed una sagrestia7.

Le opere d'arte di Sant'Agostino alla Zecca ed il sistema delle cappelle. 

Durante tutto il Seicento gli Agostiniani della chiesa alla Zecca potettero usufruire in comune con i congregati della Santa Croce di un piccolo cimitero poi scomparso nel ridisegno dell’impianto avvenuto nello stesso secolo.

  • Sull’altare della cappella del Rosario, la prima da sinistra per chi entra in chiesa abbiamo una tela di Curzio de Giorgio, Madonna con Rosario, 1589.
  • Nella seconda cappella sacra a San Tommaso da Villanova, una Madonna che consegna una cintola a Santa Monica opera di Evangelista Schiano, del 1763. 
  • Sul fondo della cappella di Santa Maria del Riposo, terza a sinistra, attribuito ad Evangelista Schiano, affresco del XVIII secolo ritraente San Nicola e Sant’Apollonia. Un altro San Nicola del XVII secolo è di autore ignoto sta sull’altare, mentre è del XVI secolo il Riposo della Vergine ugualmente di autore ignoto sta nella nicchia della medesima cappella.
  • Nella quinta cappella dedicata a Sant’Antonio Abate di Cesare Turco del XVI secolo è la Vergine tra Sant’Andrera Apostolo e Sant’Antonio Abate.
  • Nella sesta cappella detta di Santa Rita, L’Orazione dell’Orto, XVIII secolo di Filippo Barba.
  • Ancora di Evangelisata Schiano è il San Luca che ritrae la Vergine e sta nell’Antisagrestia.
  • Mentre in sagrestia di Giacinto Diano, del 1773 è La Deposizione, l’affresco del 1776 di Davide che mostra a Salomone i materiali per la costruzione del tempio e dello stesso anno e medesimo autore la Dedicazione del tempio di Gerusalemme.
  • Pressso la sala del Lavamano di Vincenzo Diano è il dipinto del Cristo e la Samaritana del 1769;  ignoto del XVII secolo è il Ritrovamento di Mosè; di Marco Cardisco del XVI secolo sono le tavolette con Cristo benedicente e gli Apostoli; un ignoto ritrae Scene di vita di Sansone
  • Nella zona dell’abside, di Pietro Sanbarberio, al di qua e al di là dell’altare maggiore, che è opera di Francesco Antonio Picchiatti, trovano posto il Battesimo e Conversione di Sant’Agostino del 1768 di Giacinto Diano.
  • Nella cappella di San Nicola da Tolentino, la scultura lignea dello stesso santo XVIII secolo è di Giuseppe Picano.
  • Sull’altare in marmo del 1766, il Calvario, la Flagellazione e la Deposizione stanno nel paliotto di Pacio Bertini.  Nella predella sono gli Apostoli di Salvatore Caccavello, ai lati della mensa invece di autore ignoto i Santi eremitani; di Girolamo d’Auria è opera in marmo ritraente del 1605 San Gioavnni il Battista.
  • Sull’altare della cappella di Sant’Agostino, è dell’Evangelista Schiano l’Elemosina si Sant’Agostino; 
  • di Giuseppe Marullo, la Sacra Famiglia con le anime del Purgatorio del XVII secolo e San Giuseppe col Bambino, scultura in legno di Giuseppe Picano alla Cappella Sant’Anna.
  • Alla Cappella del Crocefisso, sull’altare, di Giacinto Diano, La Crocefissione è del 1763.
  • Nella cappella di San Giacomo attribuito a Decio Tramontano una Vergine coi santi Giovanni e Giacomo del XVI secolo.
  • In corrispondenza, su progetto di Gaetano Fumo, ricomposto nel 1733 un pulpito in chiesa opera in marmo del 1567. Sul pulpito di Salvatore Caccavello gli altorilievi in marmo La meditazione di Sant’Agostino, la Predica di Cristo e Santa Caterina d’Alessandria che calpesta l’Eresia . Di autore ignoto, sempre sul pulpito, dipinto monocromo su legno una Storia di Cristo del 1764; del XVI secolo è di Silvestro Buono la Madonna del Buon Consiglio. Si procede sempre sul pulpito con le opere in stucco di Giuseppe Sanmartino, tutte del 1761. Esse sono: Sant’Agostino che calpesta l’eresia tra la Carità e la Fede, San Leone Magno, Sant’Ambrogio, la Santissima Trinità con Angeli, San Gelasio e San Celestino V.
  • Di Domenico Mancini sono la cantoria e l’organo.
  • Ed infine nella Cappella della Madonna della Neve, un’opera in marmo del XV secolo di Francesco Laurana ritrae una Madonna con Bambino oggi spostata al museo civico di Castelnuovo al Maschio Angioino. Mentre invece oggi fatta spostare al museo di Capodimonte, una scultura in legno sempre del XV secolo di Pietro Alamanno; riproduce una Madonna con Bambino.


Spazio note

(1) *Delle notizie del bello, dell'antico e del curioso della cittÆ di Napoli... date dal Canonico C. Celano... divise in dieci giornate... - Napoli : Raillard, 1692. - tomi 10 in vol. 6, tav. f.t.; 15 cm Codice SBN LIAN01018 pubblicato a Napoli nel 1692
(1bis) [G Wataghin Cantino Archeologia e “archeologie”. Il rapporto con l'antico fra mito, arte e ricerca., a cura di S, Settis che lo riporta in Memoria dell'antico nell'arte italiana. Vol. I pag. 182]
(2) [Liberamente stratto da; Valentina Russo Sant'Agostino Maggiore. Storia e conservazione di un'architettura eremitana a Napoli Edizioni Scientifiche Italiane, in Luoghi e Palazzi collana diretta da Alfonso Gambardella, a Napoli nel 2002 BNN 2002 C 481]
(3) [In ASNa, Mon. Soppr., f. 66 QQQ138]
(4) [Lettera dell'ambasciatore senese Bindo alle autorità della sua repubblica in B. Figliuolo Il Terremoto del 1456, Altavilla Silentina, 1988, al vol. II pag,. 9].
(5) [De Angelis D'Ossat Proporzini e accorgimenti negli interni, in Francesco d'Assisi, chiese e conventi, catalogo della Mostra a Milano 1982 e Bozzoni Il Cantiere mendicante. Osservazioni su chiese mendicanti dell'Umbria, incluso in Saggi in onore di Renato Bonelli, a Roma 1992, vol. I pagg 143 e 152 ed in particolare alle pagg. 144 e 146 Schemi di proporzionamento e di controllo planimetrico.]
(6) [F. Abbate, A proposito del Trionfo di Sant'Agostino di Marco Cardisco in “Paragone” 1970 n° 239 alle pagine 41-43]
(7) [AGA, Ii4, foll. 2-3 Relazione circa lo stato del Monastero di Sant'Agostino Maggiore di Napoli]