Arena Flegrea a Napoli

E’ l’arena flegrea alla Mostra d’Oltremare a Fuorigrotta di Napoli1, opera di Giulio De Luca al suo primo incarico datato 1937-1940.

Uno spazio pubblico detto a paletta esclusivo degli eventi di spettacolo e concerti organizzati. Come racconta Cocchia, il De Luca come primo approccio, volendo realizzare lo sfondo dell’area utilizzando l’incanto delle colline dei Camaldoli impostò lo schema della platea dell’arena nella direzione est-ovest.  

Ma così facendo gli spettatori presenti alle performance che si sarebbero tenute durante le ultime ore del giorno avrebbero avuto il sole negli occhi.
La modifica dello schema impose quindi il riordino delle direzioni prestandosi all’assoluta necessità di dover anzitutto re-interpretare l’invaso come un’integrazione armonica col paesaggio antico dei Campi Flegrei prima, e col quartiere urbanizzato tutt’intorno poi.
Tuttavia, nonostante anche la ridotta capienza dei posti per un limite suggerito dal direttore dei lavori dall’onorevole Vincenzo Tecchio al problema dell’acustica di un impianto di così notevoli dimensioni, per il complesso dell’arena flegrea, siamo ancora nel tema del teatro di massa, quei grandi spettacoli che ebbero dato luogo a manifestazioni pubbliche durante l’età classica del Mediterraneo dominato dagli avventi di Roma contro le soluzioni architettoniche adottate per impostare anche agli edifici per il teatro all’aperto la forma alla greca.


L'Arena Flegrea ed il mito dello spazio greco all'aperto.

Ma con ciò, l’imponente manufatto, ad ogni modo si confronta con una pendenza degradante molto differentemente rispetto ai canoni classi del teatro greco.

  • Lo schema interno a semicerchio venne preferito all’impianto assiale cui inizialmente fu progettato per l’uso dello spazio all’interno al quartiere espositivo. Il problema di una non adeguata orografia per l’edificazione di un edificio pubblico ad uso di teatro all’aperto, d’impostazione classica, è stato risolto con una gradinata continua che con una profondità di 27 metri solleva l’ingresso all’arena di oltre otto metri rispetto al viale esterno. Al di sotto della scalea gli ingressi che conducono alla cavaea aperta per un totale di 6.000 posti impiegati e dispiegati con ordine sul promontorio artificiale, la cui sagoma circolare trova il suo culmine nel mosaico di Nicola Fabbricatore sul frontone del teatro alto 114 metri. Ed è proprio l’altezza del frontone che determina il risultato finale di tutta quanta l’opera. La quale, si presenta appunto col frontone ridotto di soli sei metri come avveniva per la tradizione classica ellenistica che la separa nettamente dall’ordito dei teatri romani all’aperto poiché questi al frontone preferivano l’adagio dell’anfiteatro modellato sullo sfondo di una collina. Nel caso dell’arena flegrea, lo sfondo della collina dei Camaldoli contribuisce alla scenografia mancata e a legare tutti gli elementi propri del teatro di quest’edificio al prospetto della collina che sta inquadrata magicamente tra le due torri del boccascena di trenta metri d’apertura al di sopra del quale trovano posto anche ben riparate gli strumenti luce, proiettori e sostegni per il sipario. In sostanza la visibilità massima della platea sulle esibizioni e le gare indette è garantita in ogni punto della cavea occupata dagli spettatori grazie alla pendenza massima consentita da una curva logaritmica a cui fa seguito ampio spazio tracciato dagli spalti. Le condizione sull’acustica son state rese ottimali dalla presenza delle pareti ai lati degli spalti piuttosto alte che includono in una più stretta relazione lo spazio occupato della cavaea.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: La Mostra d'Oltremare e Fuorigrotta di Uberto Siola Collana diretta da Giancarlo Alisio Electa Napoli 1990 BNN SEZ. NAP VII B 225>