Palazzo Zevallos Stigliano a Napoli

E’ uno dei palazzi del centro storico di Napoli1. Per esteso, si tratta del palazzo Zevallos dei Colonna di Stigliano, sede dell’omonima galleria aperta da Intesa San Paolo nel 2007.

Imponente affaccia lungo Via Toledo, “…la strada più popolosa ed allegra del mondo”2, sede della ricchissima quadreria dei Colonna di Stigliano3 e del Patrimonio d’Arte Intesa San Paolo, oltre che della raccolta napoletana di capolavori avviata dall’esperienza di un progetto Banca Commerciale Italiana.

La Banca Commerciale Italiana relativamente ai suoi possessi immobiliari si è estinta all’indomani della fusione col Medio Credito Lombardo e Banco Ambrosiano Veneto poi successivamente Banca Intesa ed infine oggi è uno spazio aperto ai congressi ed eventi d’arte promossi da Intesa San Paolo.
Lo stato attuale del palazzo risale agli interventi della Platania sul finir degli anni Venti del Novecento; lo si riconosce dal bugnato liscio intonacato grigio in ogni angolo del palazzo; ai piani superiori lo stesso disegno regolare è trattato di bianco.

Il palazzo è opera di Cosimo Fanzago costruito nel biennio tra il 1637 ed il 1639 col portale d’ingresso rimasto inalterato nel tempo, unico elemento architettonico rappresentativo della posizione sociale di rilievo della residenza nell’ordito del nuovo rione della Concezione.


La collocazione spaziale dell'immobile e la mano di Cosimo Fanzago.

Non ancora visibile nella veduta di Alessandro Baratta, ha la facciata e l’ingresso principale prospiscienti via Toledo, nel blocco edilizio tra Via di Santa Brigida ed il fronte a sud di Montecalvario sul limitare dell’area dei Quartieri Spagnoli e le sezioni di San Giuseppe e San Ferdinando.

  • Cosimo Fanzago ha composto anche il vano d’ingresso con colonne architravate da cui si accedeva al gran cortile di gusto manierista poi coperto a soffitta e per quasi un secolo è stato l’ufficio delle Casse della Banca Commerciale aperto direttamente al pubblico. Ingegnoso e non poco caratteristico del Seicento urbanista, il fatto che il disegno del portico in piperno vesuviano si ripete agli angoli della corte diventata un immenso ufficio sul quale affacciano balconcini curiosamente stile Liberty spuntati dal piano ammezzato. Le pareti son state tutte rivestite di marmo bianco nella chiara intenzione di amalgamare le linee architettoniche alla filosofia nuova della destinazione d’uso di una banca e decorato secondo il gusto della Belle èpoque e del Floreale. L’apice di questo gusto moderno di fare architettura sta nella scala monumentale; tutta quanta in marmo, finisce sotto una volta decorata a stucchi ed affrescata da Peppe Cammarano nel 1831 con l’Apoteosi di Saffo medesimo autore del dipinto sulla Fedeltà operato sulla volta della prima sala al primo piano nobile, anche questa tutta quanta affrescata alle pareti da Gennaro Maldarelli.

La sala Pompeiana ed il Martirio di Sant'Orsola.

Grandi lampade d’ottone con globi di vetro bianco sono stati posti ai quattro angoli della balaustra.

  • Nella Sala Pompeiana, oggi questo spazio è destinato alla direzione del palazzo, son esposte le tele di Francesco De Mura; esse sono: Erminia che si prepara alla battaglia e Armida che invoca la generosità di Goffredo e su un’altra parete un antico tempio secondo il genere del capriccio firmato Leonardo Coccorante. In una delle due sale interne comprese tra il vano scala ed il cortile piccolo è esposto il Martirio di Sant’Orsola ultima, straordinaria opera di Michelangelo Merisi detto il Caravaggio.  Nell’altra sala di residenza un disegno di scuola neoclassica risale ai primi trent’anni dell’800, correttamente organizzata dall’architetto Guglielmo Turi; un fregio corre continuo lungo le pareti di un verde pallidissimo finendo per investire una trave sorretta da pilastri con capitelli ionici. Gli stucchi di questa sala son attribuiti a Gennaro Aveta.

Gli anni della fondazione del palazzo e don Giovanni Zevallos Stigliano.

Il palazzo è inciso nei capolavori vedutisti di Paolo Petrini del 1718, ma primariamente è stato fondato da Giovanni Zevallos, un miserabile ufficiale della Scrivania di Razione che s’era fatto ricchezze coi partiti di Corte.

  • Don giovanni divenne nel 1648 duca di Ostuni e primo proprietario in platea tohleti del manufatto che se non ancora grandioso come lo si ammira oggi occupava tuttavia un’area abbastanza vasta da poter esser citata nelle proprietà censite in una perizia risalente al 1637 redatta da Orazio Ginolfo e dai governatori della Santa Casa dell’Annunziata a Forcella. Venne distrutto una prima volta ed in maniera anche significativa dai rivoltosi capeggiati da Masaniello, la sacra orda popolare tra cui figurò pure il nome di Gennaro Annese, tutti posti a dar sacco il 9 luglio del 1647 anche i palazzi Barbaja e Cirella ad angolo di largo di Palazzo oggi piazza Trieste e Trento a guardia delle barricate elevate contro i soldati del re. Nel 1653 il palazzo fu ceduto in vendita a Giovanni de Vandeneynden, collezionista d’arte, uno che s’era arricchito al seguito di Zevallos il suo signore, tramando per conto proprio ricchezze che daranno poi luogo a quelle che saranno le più celebri collezioni fiamminghe della Napoli di fine Seicento. All’indomani del nuovo secolo, Vandeneyden, in favore di ottenere per sè un titolo nobiliare, curò il matrimonio del figlio Ferdinando con una Piccolomini, mentre le due figlie di Ferdinando combineranno matrimonio l’una col marchese d’ Anzi, don Carlo Carafa e l’altra col principe di Sonnino, don Giuliano Colonna. La situazione immobiliare che s’era andata creando con la demolizione di vecchi monasteri nello sterrato della Concezione contro le nuove edificazione sul tracciato basso indusse i Certosini di San Martino a redarre nuovo documento, disegnando nuovo punto la terra delle Celse ed il Poggio delle Mortelle, e laddove vi fu bisogno di indicare il monastero di San Tommaso d’Aquino lo si diceva vicino vicino alla Casa Vandin e cioè il palazzo Zevallos.

L'intervento dell'architetto Fanzago e l'esperienza Banca Commerciale Italiana.

L’intenzione dell’architetto bergamasco, attivo in città negli esemplari messi a firma su questa stessa strada nel palazzo dei Carafa a vico Maddaloni all’incrocio di Spaccanapoli nell’area dello Spirito Santo, fu di esitare magnificenza ed ambizione politica dei committenti il sontuoso disegno del portale col quale ancora una volta dimostra la particolare oltrechè genuina attitudine di lavorare il grigio del piperno col bianco candido del marmo.

  • E di mostrare al mondo il rango di committenza esitato dal festone alloggiato oltre l’architrave e sormontato dallo stemma degli Zevallos stretto tra due giare. Nel 1831 e precisamente il 5 ottobre di quell’anno e di quel secolo il cavalier Ottavio de Piccolellis acquista i due appartamenti del piano ammezzato e li riduce ad una sola abitazione, mentre le restanti parti del palazzo di proprietà dei Colonna di Stigliano furono vendute a nuovi proprietari che decisero di affidare all’architetto Turi la ristrutturazione del palazzo, ispirati senz’altro dall’avvento di un’era nuova nelle arti magnatizie che si ricordano nel riordino di piazza Carità, il palazzo della Nunziatura apostolica, il rione della Pignasecca, i palazzi Berio e Buono ed infine e non ultimo per opera di Stefano Gasse il palazzo Tappia in meno di due anni diventa l’attuale palazzo Montemiletto. Ma il progetto dell’architetto Turi, che prevedeva di mascherare tutto il palazzo, non fu realizzato affatto e tuttavia la facciata originaria cambiò definitivamente aspetto allorquando le restanti unità dell’immobile ancora di proprietà Colonna vennero quietate a saldo di una montagna di debiti di famiglia a Nicola Stella. L’esperienza della Banca Commerciale Italiana in questo stabile ormai corrotto dalle compravendite dei Forquet inizia il 13 dicembre del 1898 sull’onda di un enorme successo e dalla capacità dei servizi offerti dal colosso bancario nato quattro anni prima a Milano operante su tutto il territorio nazionale acquistano a Napoli in questo impianto il primo piano nobile. Undici anni dopo e precisamente il 16 febbraio la Banca continua a comprare porzioni di palazzo e tra il 1919 e l’anno dopo finirà per acquistare dai germani Leone e Luigi Massa le rimanenti parti oltre a tutti i locali che aderiscono all’opera basamentale di tutto il palazzo, negozi compresi.


Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: *Palazzo Zevallos Stigliano / Cesare De Seta. - [Monografia][Vicenza] : Banca Intesa, 2005.- 31 p. : ill. ; 24 cm BNN SC ARTE BB 16/09]
(2) [*Roma, Napoli e Firenze nel 1817/ di Stendhal. - Milano : V. Bompiani, 1943. - 522 p., [26] c. di tav. : ill. ; 21 cm. ((Trad., prefazione e note di Bruno Maffi e Ferrante Palla [i.e. Bruno Pincherle]. Codice SBN SBL0737342]
(3) [I Colonna amanti dell'arte e mecenati del nuovo gusto europeo di far collezioni ricostruirono il patrimonio perduto acquistando una tela del Rubens, due del Solimena il più celebre dei pittori napoletani a cavallo tra il Sei e Settecento; altre grandi tele del Mattia Preti, due anacoreti e due soggetti di battaglia di Salvator Rosa. Di non minore importanza è il dipinto dello Schidone col soggetto della Carità ed infine tra parecchi quadri di altri artisti vi sono anche moltissimi ritratti di famiglia. Risulta altrettanto di altissimo livello la collezione dei dipinti di Pietro da Cortona, Simone Cantarini, Luca Giordano, Mattia Preti, Salvator Rosa, Bernardo Cavallino, Carlo Maratta, Francesco Solimena, Gaspare Traversi, Francesco Zuccarelli, ed ancora un popolo di anonimi, fisicamente vicini agli esemplari attribuiti a Jusepe de Ribera e Artemisia Gentileschi ]