Alto Commissariato di Pietro Baratono a Napoli

Le attività del prefetto Pietro Baratono1 a Napoli2 come Alto Commissario si svolsero principalmente in seguito alle dimissioni dell’omologo Michele Castelli3 volute da Benito Mussolini, il quale, riconobbe tuttavia, allo stesso prefetto uscente, il merito di aver avviato e condotto a termine le opere pubbliche che l’immobilismo delle Amministrazioni locali precedenti lasciarono solo in forma di progetto e di leggi speciali, come il Risorgimento economico del 1904, dal quale se ne estrasse il nuovo PRG del 1925 ed il Risanamento operativo di quello stesso anno.

Tutto fu contributivo e fattivo sull’abbellimento ed il moderno assetto urbano di Napoli, e, sinceramente, da tutte le parti interessate, attribuito solo all’operato di Michele Castelli.

Tuttavia, il 19 febbraio del 1932, a Michele Castelli venne ordinato di lasciare il posto di Alto Commissario, formalmente in contrasto con lo stesso incarico confermatogli pochi mesi prima, per altri cinque anni ulteriormente, proprio dal Governo che lo dimissionava, lasciando che la stampa sapesse di problemi di famiglia sopraggiunti ad interrompere la carica assunta ed, invece, in giro circolarono accuse fondate su argomenti che ebbero per oggetto, la gestione commissariale di Michele Castelli.


La prova commissariale del governo prefettizio di Pietro Baratono.

Si disse di essa che fu troppo invischiata in interesse più privati che pubblici4, più borghesi che fascisti5 e cioè: di rendere sì la città più bella, ma di non costituirne un nucleo di lavori globalmente funzionali6 tali da imporsi al pubblico apprezzamento7.

  • Le notifiche degli studi recenti sulla Napoli prefascista individuano Michele Castelli come autore di opere pubbliche che di fatto abbellirono la città napoletana, lasciando essenzialmente irrisolti questioni peculiari del Risanamento, tra cui la sistemazione delle abitazioni malsane del centro antico, i bassi, la totale assenza di una politica di sostegno al sistema dei mercati rionali, il riparo tanto promesso a gli edifici pubblici quali le scuole, gli ospedali, l’azione di sventramento dei Quartieri Bassi del Porto, Pendino, Mercato e Vicaria lasciati cantieri aperti senza una data di fine lavori. Per quanto riguarda la cittadinanza sedotta dalla propaganda fascista, si seppe che venne sollecitata a respingere le lusinghe del nuovo mandato affidato a Michele Castelli e di preferire politicamente il nuovo prefetto di diversa formazione politica, che, rispetto al Castelli, quasi del tutto collegato a Benito Mussolini, ebbe corrispondenza regolare solo con l’allora Ministro dell’Interno Iraci. Venne per tanto Baratono presentato quale uomo adatto a ristabilire il rigore fascista violato dal predecessore, insediatosi nel Palazzo della Prefettura di Piazza del Plebiscito lo stesso giorno del congedo di Castelli, presente anch’egli all’accoglienza8. Baratono ereditò la disponibilità delle somme di denaro liquidate dal Regime fascista9 nella somma complessiva di 80 milioni di lire, divenute poi 72 per sottrazione di quota utile alla cessione del Magazzino Militare da sgombrare per la costruzione del palazzo delle Poste ed un altro documento ufficiale del re10 autorizzava formalmente l’esproprio dei residenti dal Rione Carità e l’alienazione delle aree fabbricabili in luogo di avviare il nucleo modernista della Corsea interamente eseguito in questa seconda fase della gestione commissariale11 con a disposizione, tutto sommato, una relativa somma di denaro quasi interamente assorbita da impegni latenti. 

L'operato di Pietro Baratono e l'apparato immobiliare napoletano rappresentativo del potere fascista.

Perciò dunque, alla fine del 1933, lo stesso Baratono presenterà al Capo del Governo un progetto di riordino della città esclusivo della costruzione di soli immobili di uso pubblico.


  • Più vicino tra l’altro all’ideale fascista di funzionalità nazionale, tipo scuole, impianti sportivi, ospedali, caserme, rinviando a miglior occasione interventi sui pezzi della città considerati esclusivo patrimonio di interesse culturale. Alla fine del programma dei lavori durato tre anni, Baratono segnalava notizie al Regime circa l’opera da lui fatta nello spazio della città affidatagli, lagnando solo che alcune opere già pensate e finanziate dalla precedente gestione Castelli, non resero immediatamente avvertibili ciò che lo stesso Baratono considerava indispensabili per la città. Altra considerazione dello stesso Baratono fu che nell’area della Corsea, cioè il Rione della Carità, dovette suo malgrado, assistere alla realizzazione di immobili giganteschi frutto di scelte operative studiate a tavolino durante la precedente gestione e cioè la fortificazione in zona dei palazzi del Potere fascista, il palazzo della Questura, l’Ex Casa del Mutilato, il palazzo degli Uffici Finanziari ed il palazzo Troise. Al solo Baratono vennero attribuiti opere di edifici pubblici utili all’istruzione, due nuove case balilla a Mergellina e al Molosiglio, lo stadio Partenopeo, la piscina coperta, la costruzione di un ospedale per la ricerca sulla cura del Cancro, gli ospedali di Santa Maria del Loreto al quartier Sant’Erasmo e l’ospedale di Santa Maria della Vita, il dormitorio pubblico che lui chiamava "Casa degli Sfrattati" e la Colonia marina permanente. Fornì i Comuni di Bacoli e Procida di acqua pubblica con un prolungamento dell’acquedotto cittadino, incrementò il numero delle strade e potenziò le aree portuali di Nisida, Mergellina e Capri. In stretta collaborazione con Gino Chierici ed Amedeo Maiuri, risistemò completamente la villa Jovis su questa medesima isola, gli Scavi di Ercolano ed il Maschio Angioino a piazza Muncipio, sulla quale spicca anche la costruzione moderna della Stazione Marittima di Cesare Bazzani, considerata, tra l’altro, elemento dell’architettura italiana a contatto con altre grandi rappresentatività europee del Razionalismo. Alla inversione di tendenza nello scegliere le aree centrali della città da destinare alla residenza popolare, si segnala sorto sotto l’amministrazione commissariale del Baratono il piccolo borgo di San Pasquale Baylon12 nel quartiere di Chiaia sullo sventrato palazzo della Cavallerizza ed il risanamento del palazzo Roccella oggi sede del Palazzo della Arti di Napoli, il rione Cariati al Corso Vittorio Emanuele, il rione di Santa Caterina da Siena ai Quartieri Spagnoli, il rione della Vittoria al Chiatamone ed il rione Duca di Genova a Posillipo. E alla fine, all’interessamento solo del Baratono deve ascriversi l’eccezionale opera di fondazione del quartiere espositivo della Mostra d’Oltremare a Fuorigrotta, opera colossale che impegnò mezzi, professionisti e stanziamenti destinato tutto ad un momentaneo fallimento. Ed infine si attribuisce sempre al Baratono la sistemazione definitiva del Piano Regolatore Generale della città di Napoli questione annosa che si trascinava da anni e che grazie all’intervento anche di Giuseppe Cenzato del 1934 come presidente dell’Unione degli Industriali, si riuscì dunque ad esitare il PRG salvaguardando il patrimonio storico- artistico del centro antico13.


Spazio note
(1) Pietro Baratono ha assunto a Napoli la figura di Prefetto modello indirizzato in città direttamente dal Duce in persona, e ad accompagnarlo la fama di persona corretta, rigido funzionario reazionario. Nacque a Frosinone nel 1884, fu anche prefetto delle città di Firenze e Novara, nonché dirigente del Ministero dell’Interno nel 1908, finì come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo Badoglio nel 1936-1937.
(2) Estratto da: Luigi Veronese Il restauro a Napoli negli anni dell’Alto Commissariato 1925-136 Federiciana Editrice Universitaria Architettura, Storia e Restauro collana diretta da Benedetto Gravagnuolo ISBN 978-88-8338-123-2 Nopoli giugno 2012 Luigi editore BNN 2012 B 1027
(3) Un silenzioso saluto, un lieve sussurro di parole d’ordine, e tutto è finito. Michele Castelli, Bollettino del Comune di Napoli, anno 5-6, Gennaio Febbraio 1930, p II
(4) ASN., Fondo Gabinetto di Prefettura II versamento, busta 782
(5) Massimo Nunziata L’attività edilizia dal 1915 al 1960, in AA.VV, Napoli dopo un secolo pagina 305
(6) L’acuirsi della crisi economica in Europa all’indomani della corsa agli armamenti, impose al governo dell’Italia fascista un cambio di politica negli investimenti pubblici a partire da un avvicendamento nella classe dirigente ancora figlia degli ideali liberali, a cui, non va negato, Michele Castelli appartenne per tutto il tempo. I suggerimenti raccolti dai Governi d’Europa interessati alla prossima Guerra, imposero anche di ottimizzare le spese per realizzare prima di tutto la politica del consenso, ottenendosi quindi il prodotto finale della città di Napoli più utile che bella.
(7) Corrispondenza Iraci-Baratono 1933 ASN., Fondo Gabinetto di Prefettura II versamento, busta 782
(8) Napoli. Rivista municipale Anno 58, n° 3 e 4 Marzo Aprile 1932, p II
(9) Clicca qui per aprire questa nota
(10) R.D 4 marzo 1935 n° 467
(11) L’alto Commissariato nel periodo dal I marzo 1932 al 30 giugno del 1936. Relazione per S.E il Capo del Governo, Napoli 1936 s.p a cura dell'Alto Commissariato per la città e la Provincia di Napoli
(12) Renato De Fusco, L’architettura privata negli anni Trenta il caso del Rione San Pasquale, in Cesare De Seta *Napoli / Cesare De Seta. - Roma ; Bari : Laterza, 1981. - 319 p. : ill., c. topogr. ; 25x25 cm.Codice SBN MIL0042149 ISBN 8842018988 8842028975 BNI 82-8544
(13) Commissione intersindacale per il piano regolatore generale della città di Napoli, Piano Regolatore della città di Napoli: relazioni, A. Trani, Napoli, 1936, pag. 9