Palazzo Como Napoli

Si trova nell’antichissimo centro greco-romano2, ubicato insieme alla chiesa dei Frati di San Severo al Pendino, nell’omonimo quartiere, proprietari, tra l’altro, del palazzo Como fino al 1806.
Fu però prima acquistato nel 1587 tramite il duca di Genzano, da Marcello de Bottis, marito di Beatrice Como.
L'ultiimo acquisto del palazzo dai suoi ultimi proprietari lo si evince da documenti conservati all’Archivio di Stato di Napoli, presso il monastero dei Santi Severino e Sossio3.
Il 25 agosto del 1879 iniziarono i lavori di scomposizione delle tre facciate del palazzo.
Il 18 novembre del 1881 risultò compiuta l’opera ed il Filangieri ne reclamò 272 mq di area in luogo di adibirci Museo per le collezioni da lui donate alla città di Napoli4.
La porzione conventuale di San Severo al Pendino, perse, così come accadde per la navata fanzaghiana della chiesa di San Giorgio Maggiore ai Mannesi5 parte della sua navata centrale e le cappelle ad essa annessa, sacrificate per l’utilizzo risanato della porzione meridionale di via Duomo6.
Storia breve del palazzo Como.
Oltre anche a perdere una bella porzione di palazzo pure sventrata per l’ammodernamento dei quartieri detti bassi.
- Fu dato in affitto nel 1864 dai frati di San Severo al Municipio di Napoli per la residenza delle Guardie municipali, gli stessi locali nel 1815 vennero concessi ad un austriaco per farci una fabbrica di birra ed undici anni dopo un crollo della volta del refettorio e lo sprofondamento del pavimento squarciò i locali nel sottosuolo scoprendo il fondaco degli Scannasorici. Per un breve periodo e fino all’indomani della soppressione degli Ordini religiosi del 1861, questa parte di palazzo venne data via per farci un ospizio per Frati Minori Osservanti. Per la stessa ragione di costruire la nuova via Duomo venne distrutta l’articolazione dei vari ambienti interni al palazzo del Quattrocento e parte delle arcate dello spazioso cortile lasciando salva a se stessa la parte posteriore dell’immobile occupato fino 1875 dal Ritiro dell’Ecce Homo, smembrato in gran parte nei primi anni del ‘900, quasi completamente distrutto durante i bombardamenti del 4 agosto 1943, quasi del tutto scomparso oggi sul posto trova sede la scuola elementare “Eecce Homo7“. Già nel 1618 i frati di San Severo al Pendino fittarono il vano ubicato alla sinistra di chi entra dall’ingresso principale alla Congregazione dei Recitanti il Rosario purchè si adibisse il locale ad uso di Oratorio e Cappella e sempre a patto che si lasciassero sgombri alcuni dei locali utilizzati dalla Questura. Fu di quello stesso secolo l’intervento di Gian Giacomo di Conforto per ampliare e regolarizzare parte del Palazzo Como. Poco è rimasto dell’antico Palazzo Como e quel poco è leggibile appena dalle planimetrie dei locali risalenti al 1864 e nei rilievi a firma di Carlo Martinez e Alberto Pedone grazie ai quali si riconosce la sala grande posta all’angolo dell’edificio con la copertura a botte e tutti quanti gli altri ambienti corrispondenti rispettivamente in facciata alle finestre a croce guelfa e ai sei finestrini superiori.
Spazio note
(1) [Liberamente estratto da Alcune note sulla riduzione del Palazzo Como e la utilizzazione dell'area dell'antico convento di San Severo di Giovanna Sranella BNN Sez Nap Misc. C 4/10](2) [M. Napoli Topografia e archeologia in “Storia di Napoli” vol. I 1967 ed ancora: B. Capasso Napoli greco-romana Napoli 1905 pp. 41-42 e pag. 168 + note 91 e 93]
(3) [A.S.N., Copia dell'Istrumento rogato, 20 settembre 1589 Cassa Ammortizzazione, vol. 647 f. 149 e segg.; e Archivio Storico del Banco di Napoli, libro patrimoniale, matricola 165, f. 228 t, partita di 2000 ducati del 29 settembre del 1589]
(4) [A.N.N., Archivio notarile di Napoli Atto di Donazione 23 aprile 1883 4589/2718 rep. Per Notar Luigi Maddalena]
(5) [AA.VV L'abside dell'antica basilica di S. Giorgio Maggiore Napoli 1881]
(6) [G. Carola Un consolidamento nel centro antico di Napoli, in ”Rassegna ANIAI-Sez, Campana numero 3, 1978 pp- 13-15]
(7) [B. Capasso Il Palazzo Como. Memorie storiche. Catalogo del Museo Civico Gaetano Filangieri, 1888. p XXXIII.]
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