Palazzo Latilla a Napoli

E’ uno dei palazzi del centro storico di Napoli1, dalla struttura muraria in tufo giallo napoletano, completamente intonacata e attintata rosso, le pareti del cortile interno son di grigio chiaro.

Fu acquistato assieme al Complesso dello Spirito Santo a via Toledo, il palazzo Orsini di Gravina a via Monteoliveto, il monastero di Santa Maria della Provvidenza ai Miracoli dall’Università Federico II e destinata a sede dei Dipartimenti di Specializzazione della Facoltà di Architettura.

Più precisamente, è il palazzo del consigliere Ferdinando Latilla a via Tarsia, con scala aperta che occupa il lato del cortile di fronte al grande portale di ingresso e poi ruota sul lato sinistro richiamando l’essenza di uno degli episodi più significativi del palinsesto dell’architetto Sanfelice cui Gioffredo dovette per forza di cose ispirarsi, ed ovvero: la scala della villa Pignatelli di Montecalvo a San Giorgio a Cremano, nello splendido territorio vesuviano del Miglio d’Oro, erroneamente attribuita da Antony Blunt all’architetto Domenico Antonio Vaccaro.
In luogo del fatto vero che la scala del palazzo napoletano deve attribuirsi inevitabilmente al Sanfelice, negli anni in cui l’architetto medesimo diede corpo agli elementi di fabbrica praticamente simili oggi nel palazzo Atienza ai Via Vergini e la scala del Palazzo Capone a Spaccanapoli.


Origini e fondazioni del palazzo dal possesso del Marchese Latilla. 

Il palazzo è stato fondato addosso alle mura difensive della città secondo l’antico tracciato aragonese dell’area dello Sperone, dal marchese Ruggero, che lo vendette a Ferdinando Latilla nel 15542.

  • Il marchese si sa dai documenti storici diede vita alla nuova fabbrica nelle forme attuali, affidando il moderno capitolato d’appalto sul palazzo al capomastro fabbricatore Donato Cosentino e al maestro piperniere Nicolò Cibelli. I lavori della costruzione del palazzo Latilla vennero affidati all’egregia direzione dell’architetto Mario Gioffredo, uno dei pochi maestri di massimo prestigio storico operante nel regno autonomo dopo la scomparsa dei grandi protagonisti di tutto il Settecento, primo tra tutti Domenico Antonio Vaccaro, in quella straordinaria stagione tardo barocca durante la quale emersero le personalità eccellenti di Fuga e Vanvitelli, più fortunati del Gioffredo certamente, poiché quest’ultimo a partire dal disastro compiuto per i Casacalende a piazzetta San Domenico Maggiore venne ostracizzato dalla nobiltà napoletana, a tempo risucì a relaizzare la facciata di Palazzo Partanna.

La collocazione spaziale del palazzo ed una breve descrizione. 

L’immobile così come lo si vede tutt’ora verrà restituito solo nel 1754, quasi contemporaneamente al palazzo Spinelli di Tarsia, assieme al quale conferisce particolare prestigio alla zona di Montesanto, il quinto borgo napoletano divenuto parte integrante della città, oggi bene definita entro i limiti della Muncipalità Montecalvario fino alla zona di Pontecorvo e la chiesa del Sangue di Cristo.  

  • Negli anni della pubblicazione della pianta Carafa verrà demolita anche la porta dello Spirito Santo. Le grandi trasformazioni urbane che ne contestualizzeranno l’ascesa edilizia sul territorio ”…arbustato, vitato e fruttato”, s’avvieranno all’indomani delle pubblicazioni delle piante di Petrini del 1722, in cui insorge la contesa tra il proprietario dei terreni don Nicola Antonio di Gaeta, duca di San Nicola che lagna al Marchese Giovanni de Ruggero giudice della Gran Corte della Vicaria primo proprietario del palazzo, che le finestrelle dell’immobile affacciano sulle sue proprietà. Altri elementi formali adottati dall’architetto Gioffredo per il palazzo Latilla di Napoli sono: il portale concluso da un elemento poligonale al posto di un tradizionale arco e la scansione degli oggetti ben tratteggiata da altri due elementi questa volta semicircolari. Il fabbricato consta di un piano terra per botteghe e quattro livelli di cui il primo a carattere di piano ammezzato ed il secondo livello corrispondente al piano nobile, un po’ gli appartamenti del proprietario com’era d’uso a quell’epoca testimoniata anche dalla cappellina tutt’oggi presente sul posto. Il piano terra è scandito dalle aperture regolari per le botteghe, tutte in piperno grigio vesuviano ad arco ribassato e competato nelle campiture da una superficie di intonaco attintato grigio. Apparso per la prima volta nella pianta del Duca di Noja del 1775, amalgamata tra gli agglomerati urbani sorti a dispetto delle prammatiche del vicerè Pedro Toledo, nell’area stretta tra la Porta Reale e Porta Medina entrambe scomparse in luogo di un’edificazione massiva comprese tra l’allora piazza del Mercatello, oggi piazza Dante Alighieri fino alla zona di Pontecorvo.


Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: Storia dell'Edificio del palazzo Latilla di Alfonso Gambardella pag. 11 in Palazzo Latilla : un intervento di recupero nel centro storico di Napoli per l'edilizia universitaria. - [Napoli] : Università degli studi di Napoli Federico II, stampa 1994. - 29 p., [11] c. di tav. : ill. ; 22 cm. BNN Misc B B 1755/17 ]
(2) [Archivio Storico del Banco di Napoli, Banco dello Spirito Santo, Giornale di Cassa, partita estinta il 30 gennaio del 1775]