Cappella Pontano ai Tribunali Napoli

E’ la cappella Pontano, piccola fabbrica in piperno massiccio, con le foglie d’acanto tutt’uno coi capitelli innestati e compositi alle lesene.

E’ il tempio funerario di somiglianza di quelli dell’età romana, così come lo ricordano entrambe le due epigrafe poste ai muri della cappella stessa, sita più precisamente in via Tribunali a Napoli1 ai piedi della chiesa della Pietrasanta.

Fu fatta costruire da Giovanni Gioviano Pontano, nel 1492, addosso ad una cripta che oggi ha inglobato sotto di sè, nel luogo detto dell’Arco, tra via Nilo e via Atri, angolo Via del Sole.

Inquadrata tra la grande massa di tufo della chiesa di Santa Maria Maggiore ed i mattoni rossi del Campanile della Pietrasanta, la cappella venne eretta per ospitare le tombe di famiglia costruite all’interno del nucleo della cappella sugli espropri dell’antichissima Cappella del SS Salvatore, un cellaio ed una camera terragna probabilmente di proprietà in origine della famiglia Vulcano in dotazione ai privilegi loro concessi da Ferrante I d’Aragona come descritto nei documenti regi conservati alla Camera della Sommaria presso l’Archivio di Stato di Napoli alla chiesa dei Santi Severino e Sossio.


Storia breve della cappella Pontano.

Ricoverata nel 1492 la salma della moglie Adriana Sassone ed ultimo ad esservi sepolto proprio il Pontano morto nel 1503 e la sua casa ed i suoi averi passarono alla figlia Aurelia, mentre per il patronato della cappella non essendoci un erede vero e proprio venne assurto dalla collegiata degli Ebdomadari di Santa Maria Maggiore.

  • Le varie vicende che ne contestualizzano la storia tra la seconda metà del Cinquecento fino al Settecento sono riportate dal Filangieri sulla base di documenti certi custoditi nella sagrestia della chiesa della Santa Croce di Lucca. Dov’è interessante sottolineare le denunce dei Completeari che la ricordarono abbandonata, spesso covo dei rivoltosi di Masaniello fuggiti dalla chiesa di Santa Marta già bella e distrutta colpa loro e dal campanile di San Lorenzo Maggiore dal quale perdettero rifugio. Il De Sarno scrive che nel 1700 servì questo monumento come bottega per un sarto. Nel ’43 di quello stesso secolo, la curia ordinò a Chieri Regolari di ribenedire la Cappella medesima e di celebrare messa tutti i giorni dato che loro detenevano le rendite della Cappella. Ma il Sabatini riferisce che si procedette in questo senso solo per rendere la Cappella fruttifera, ed ovvero in luogo della decisione presa di abbatterla a terra si decise invece di riordinarne l’abitabilità e di fittarne il lato prospisciente la via Tribunali ad un fruttivendolo per 20 ducati all’anno. L’indignazione portò entrambe le congregazioni e degli Ebdomadari e dei Chierici Regolari innanzi al Tribunale Misto in una lite su chi delle due dovesse investire risorse e mezzi per ricollocare nell’assetto generale delle cose religiose di Napoli la cappella di cui si fece sentenza. Il parere definitivo del Tribunale Misto fu di imputare i lavori all’autorità regia restituendo alle Loro Maestà il dispaccio del 1757 di Carlo di Borbone col quale invece il sovrano rimise la causa al Tribunale Misto. Il re accettò il parere del Tribunale ed il 7 aprile del 1759 avviò i lavori di restauro della Cappella riaprendo la porta murata ove il fruttivendolo inchiodava ai pilastrini gli ortaggi e le frutte.

Descrizione minima della cappella Pontano

Fu rifatto l’attico, ricostruito l’altare in marmi policromi, l’antica epigrafe dedicatoria venne spostata sul retro e sul davanti ne venne installata un’altra più grande e più bella ed il pavimento venne riorganizzato con mattonelle nuove bianche appostate a ciò che rimase delle quattrocentesche.


  • Ai Chierici venne ritirata la commenda e affidata nel 1843 all’Accademia degli Aspiranti Naturalisti e più tardi il 7 aprile del 1859 con atto del notaio Amodio la si diede in affitto all’Arciconfraternita del Santissimo Rosario e del Bambin Gesù detta anche del Arciconfraternita del Cappuccio, la stessa che continuò a versare mille lire al mese fini ai primi anni del Novecento. Esposta direttamente all’apice di via Tribunali lato San Pietro a Maiella con tre facciate spartite, poggianti su uno stilobate aggettante, riccamente definito da lesene molto sobrie e molto eleganti che risaltano lievemente sul fondo di irregolari conci di piperno grigio vesuviano. La raffinata esecuzione di alcune membrature come ad esempio le pregevoli candeliere ed il rozzo modellato dei parametri sono fortemente differenti. Al di sopra dell’alta trabeazione corre un attico in muratura più volte ricostruito. La facciata corrispondente alla parete dietro l’altare presenta gli stessi elementi architettonici delle altre due facciate recando al centro soltanto lo stemma del Pontano che la differenzia; un tempo questo stemma era nascosto per l’ingombrante presenza del convento della Croce di Lucca poi demolito per far posto alla costruzione delle cliniche ed oggi il largo spazio che ha davanti ha acquisito visibilità piuttosto sproporzionata rispetto alle reali dimensioni del manufatto medesimo. All’interno, semplice vano monovolume rettangolare, coperto da una volte a botte, lungo le sue pareti una teoria di lapidi dettate dal Pontano anticipano gli affreschi all’altare ritraenti la Vergine tra San Giovanni Battista e San Giovanni l’Evangelista attribuito a Francesco Cicino da Caiazzo.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: La Cappella Pontano in Napoli Nobilissima Per. Ital. Vol III fascicolo I maggio-giungo 1963 Giancarlo Alisio pagg. 29-35