Statua di Alfonso il Magnanimo a Napoli

E’ di Achille D’Orsi la quarta delle otto statue sistemate nelle rispettive otto nicchie che impreziosiscono la facciata principale della Reggia di Napoli1.
Essa ritrae Alfonso II detto Il Magnanimo, tra le statue di Carlo d’Angiò e Carlo V.
Con quest’opera Achille D’Orsi tenta di imitare le produzioni artistiche della scultura classica, riflettendo, di questa, però, solo le mancanze dovute alla stessa cattiva reputazione verista che deve aver avuto è probabile l’autore stesso nei confronti del personaggio ritratto.

Nonostante la statua sia stata riprodotta con una certa accuratezza nei dettagli resta collocata male nella sua nicchia.

  • E' più bassa rispetto allo spazio che l’accoglie, il tronco superiore sembra esser più pesante delle gambe che lo sorreggono e la testa soprattutto pare sia incassata nelle spalle; la posa, come è giusto che sia non è marziale, ma è però troppo rigida, contraria, insomma, alla naturalezza del codice classico ed il risultato finale è quello di un uomo che non può o non vuole muoversi. Il volto manca della dovuta espressione, negli occhi non c’è pupilla, e le gambe e le braccia, si nota chiarissimo, soffrono nell’attacco. Alfonso II il Magnanimo è storicamente un soggetto anomalo; scrive il Della Sala che, al di sotto del carattere guerriero sopiva la tonaca del Frate, che al fianco dell’animo erudito, conviveva il pensiero pagano di un uomo che pur mostrandosi padre della Chiesa, citando i versi della Bibbia, digiunando e facendo molte penitenze peggio di un anacoreta, ascoltando due messe al giorno, una piana e l’altra cantata, godette, manco avesse posseduto nuovo regno appena gli consegnarono le braccia dei nemici giurati, Cesare e Livio, staccategli in battaglia. L’opera è risultata poco piaciuta alla critica.


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Le statue della reggia di Napoli. Note critiche e profili artistici di Vincenzo Della Sala Napoli Facco e C. 1889 BNN RACCOLTA AMALFI Busta A 20/17 Idem per i versi in epigrafe.