Palazzo Avellino a Napoli

E’ uno dei palazzi del quartier San Lorenzo di Napoli1, di aspetto tardo rinascimentale, risultato della fusione di due organismi edili distinti e tipologicamente conclusi ognuno nella propria forma storica, più o meno simile al palazzo Tarsia all’Avvocata nella sezione di Pontecorvo.

Sito nel largo proprio di Avellino2, la sua costruzione, su disegno del De Sanctis, risale alla fine degli anni Dieci del Seicento, nella zona settentrionale afferente il complesso dei Gerolomini di via Duomo.

Agganciato da due parti al centro di una doppia insula, costituente vera e propria eccezione col cortile del palazzo che di fatto è una piazza pubblica, il palazzo medesimo è visibilissimo nella Carta Tethi del 1560 riportato al numero 33 di quello stesso vico incidente la chiesa di San Giuseppe dei Ruffi.

In asse con Porta San Gennaro3 a piazza Cavour oltre la quale s’apre il Borgo dei Vergini e l’accosto quartiere della Stella, Mario Napoli presume un largo ed una piccola formazione edilizia in corrispondenza con la chiesa del Gesù delle Monache e con ciò si giustifica l’arrestarsi improvviso dell’isolato all’altezza del vicoletto San Petrillo.
---------------------------------------------------------------------------------------------
Storia minima di palazzo Avellino.

Al 350 d.C., risale la costruzione di un monastero basiliano ed annessa chiesa dedicata a San Potito, sull’omonimo colle per opera del Vescovo Severo al quale è anche attribuita la fondazione di San Lorenzo Maggiore ai Tribunali.

  • Molto più antica tra le tante fondazioni la chiesa al vico dei Giganti sacra a Sant’Anna che nei secoli successivi alla sua stessa fondazione ospiterà i Gesuiti a Napoli, prima che questi potessero insediarsi al palazzo Sanseverino oggi l’egregia chiesa del Gesù Nuovo. Il Palazzo Avellino è costruito su disegno di Giacomo de Sanctis4 ed un suo antico basamento in piperno massiccio, grigio vesuviano ancora resiste nell’area tutt’oggi occupata dalle fondazioni della chiesa di San Giovanni in Porta, ristrutturato nel 1522 dalla famiglia De Rossi, imparentata coi principi di Avellino e più tardi verso la fine della prima metà di quello stesso secolo il palazzo è nuovamente ristrutturato. Acquistato dal principe di Avellino Camillo Caracciolo che in sostanza lo trova vuoto, disertato dalle monache che s’insediarono nel frattempo alla ”Costigliola” e nel 1612 una nuova e più significativa ristrutturazione ingloba tutta quanta la struttura conventuale con l’intenzione di creare a cavallo della via un grande complesso. Per il magnifico progetto verranno espropriate le famiglie dei De Rossi che abitavano nel largo ed il complesso delle monache molto probabilmente abbattuto non escludendo che vi sia stata data possibilità di lasciar viver ancora la vecchia pilastratura e le mura.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Descrizione breve della struttura antica di palazzo Avellino. 

Si presenta col lato occidentale occupato da un corpo di fabbrica di sette arcate ed un basamento, la prima delle quali fa da cavalcavia alla via detta “Delle Anticaglie”.


  • Le modanature a tutto sesto poggiano su pilastri con sostegni laterali, i quali indipendentemente fittizi reggono l’arcone centrale al di sopra del quale è visibile la balconata continua con la facciata del palazzo stesso col quale però non coincide il marcapiano primitivo del primo ordine di facciata. I pilastri continuano in verticale sulla balconata per una ulteriore altezza di due piani arrivando fino al cornicione che conclude la facciata medesima del palazzo Avellino. Sul fronte orientale il palazzo è anticipato da due arcate di cui la prima spunta sulla via direttamente e senza ulteriori costruzioni superiori che ne appesantiscono la struttura visibilmente leggera. Tutto quanto l’edificio è sistemato per grandezza e variazione stilistico-architettonica dalle arcate, che, nelle riflessioni di alcuni studiosi storici del palazzo letto però nel contesto urbano, solo per suggestione sarebbero rimaste agganciate se non proprio derivate dal chiostro del monastero di San Potito, smentito certo dalla continuità delle stesse arcate altrimenti il monastero avrebbe dovuto registrare una ristrutturazione di poco precedente la dismissione che lo avrebbe dovuto unire col cavalcavia Effettivamente non ci sono testimonianze cartografiche sul cavalcavia ed in verità non v’è da meravigliarsi; dei due cavalcavia sulla carta Schiavoni dell’800 non ve ne è traccia; Baratta ha provveduto personalmente ad ometterli come ha fatto col palazzo D’Avalos ai Tribunali di fronte alla chiesa del Purgatorio; nella Carta Carafa addirittura non ne v’è ne è nessuno, come per tutte quante le carte del Marchese e del Real Officio Topografico. Subito dopo la guerra e di bombardamenti del 40 44 del ‘900 il palazzo subì ancora un profondissimo restauro, specie nel 1947 quando verrà fortificata l’ala del palazzo su vico S. Petrillo, ripreso negli anni del Risanamento classe 1975 ed ancora negli anni immediatamente dopo il sisma del novembre 1980 e febbraio 1981.
---------------------------------------------------------------------------------------------

Spazio note

(1) Liberamente estratto da: *˜[1]: œCentro antico / Italo Ferraro. - Napoli : Clean, 2002. - LXX, 599 p. : ill. ; 31 cm. ISBN 8884970822 Fa parte di Napoli : atlante della città storica , 1 AutoreFerraro, Italo Soggettario Firenze NAPOLI - Centro antico - Architettura Napoli - Centro storico - Sistemazione urbanistica Luogo pubblicazione Napoli Editori Clean Anno pubblicazione.
(2) [Fino alla fine del XIX secolo è stato anche sede del dottorato di teologia e di giurisprudenza]
(3)[Molto spesso per errore Capasso la confonde con la chiesa di giuspatronato di SS Teodoro e Sebastiano della San Giulianessa, scomparsa prima degli anni 10 del '700. In *Topografia della citta di Napoli nell'11. Secolo / Bartolommeo Capasso. - Rist. anast. - Sala Bolognese : A. Forni, stampa 1984. - 1 v. : ill. ; 22 cm. ((Rist. anastatica dell'ed.: Napoli, 1895]
(4) [Pianta del Marchese del 1804, quartier San Lorenzo e Pianta della Real Officina Topografica del 1830. Le notizie su quest'architetto le fornisce il De Dominici