Chiesa Santi Severino e Sossio Napoli

E' il monumentale complesso monastico dei monaci Benedettini a Napoli1, quartier Pendino, gli stessi Benedettini scampati alla persecuzione saracena sulle alture di Pizzofalcone, ove ancor'oggi resta una sede distaccata dell'Archivio di Stato di Napoli.

"Esso monastero" si trova più a sud dell'antichissimo fossato delle anfore di Lipari e sugli scavi archeologici del macellum oggi interamente occupata in superficie dalla basilica di San Lorenzo Maggiore a via Dei Tribunali.

Nel nuovo complesso nel 902 d. C., vennero trasportate sul posto le reliquie di San Severino, due anni dopo le reliquie di San Sossio compagno di martirio di San Gennaro patrono di Napoli, rinvenute tra i ruderi del Castello di Miseno distrutto nel 885 d.C.

Da quella data in poi il complesso prese nome di monastero dei Santi Severino e Sossio, ed oggi la sua chiesa è compressa all'interno di un fitto tessuto edilizio.
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Storia e breve presentazione del complesso mormandeo dei Santi Severino e Sossio.

Si offre alla visuale per un buona prospettiva globale della facciata, laddove abbonda il lessico mormandeo, specie nell'imponenza del basamento grigio con cornici superiori lineari e modanate con oculi e nicchie nel rispetto dei disegni originali; una prima teoria di lisce lesene composite son state impostate su basamento con cornice di base e risalto superiore compreso su uno spazio suddiviso tra cinque riquadri e quello mediano è occupato dal portale affiancato da due eleganti paraste.

  • Il secondo ordine di lesene binarie in corrispondenza della navata principale oltre a quelle singole all'interno della struttura segue lo stesso ritmo del primo ordine. Succede che al primo livello i tondi sono delle aperture e le nicchie solo incavi al muro al di sotto di nicchie più grandi ma che risulterebbero esser delle finestre e di tondi in questo caso semplici cornici di piperno aggettante sull'intonaco. Alla seconda trabeazione il timpano con l'occhio centrale aperto e circolare, con un evidente nonché poco approssimativo sbilanciamento dell'ordine superiore notevolmente maggiore rispetto a quello inferiore.
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  • L'ascensione delle paraste corinzie le troviamo invece su vico San Severino dove si trovano anche inserite nicchie lunettate alternate a rettangoli tutte quante sormontate dai tondi. Questo carattere della facciata volutamente maestoso è da riferirsi alla volontà di anticipare la grandiosità della chiesa per raggiungere la quale effettivamente bisogna percorrere tutto il fianco dell'edificio.

Gli anni della fondazione del complesso monastico.

Fondato ed articolato su due chiese e quattro chiostri nel IX secolo d.C., nell'area più prossima alla chiesa di San'Agostino alla Zecca nell'area dell'antico Sedile di Porto.
Le fonti la vogliono di fondazione aragonese e per mano dell'architetto organaro Giovanni Donadio, con anno di inizio della costruzione riportata al tutto il 14902.

  • I lavori interrotti quasi subito allo scadere del Quattrocento, ripresi nuovamente sui regi fondi aragonesi e proseguiti dal suocero Giovan Francesco Mormando di Palma.
  • Solo e soltanto nel 1560 si procedeva a stipulare regolare contratto alle persone di Benvenuto Tortelli e Bartolomeo Chiarini; l'anno dopo sarà la volta del toscano Sigismondo di Giovanni a cui venne dato incarico di costruire la cupola. Sei anni più tardi alla data della prima stipula sui lavori venne comandato di affrescare il 40 % del volume della chiesa medesima a Paolo Scherpers, altrimenti detto il ”Fiammingo”3.
  • Altra documentazione più o meno attendibile sulle opere di fondazione riferiscono di lavori compiuti all'interno delle chiesa durante il XVI secolo. Più impegnative risultano le opere di ristrutturazione e decorazione della volta e del transetto per mano di Belisario Corenzio e la zona del presbiterio, che in quegli anni a proposito di nuovi fondi sulla costruzione, investiti non più tardi del 1609 Cosimo dei Fanzago provvedette al disegno sul ricchissimo altare maggiore delimitato dalla navata da una pregiata balaustra. In appena otto anni venne anche consegnato completo il pavimento marmoreo del coro. L'unico mutamento subito e di un certo rilievo dell'aspetto esteriore della fabbrica avvenne con la costruzione nel 1642 del nuovo campanile posto sul lato destro del convento disegnato e realizzato dall'architetto Michelangelo Cartaro. La struttura così come composta a partire dal 1688 e con punte di massima tensione registrate nelle cronache del 1731subirà notevoli danni in seguito ai terremoti ed in particolare nel 1698 si dovette rifare l'arco di uno dei finestroni caduti in rovina4.
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Descrizione breve della Chiesa al suo interno.

Si presenta a croce latina con navata unica cadenzata dal succedersi mutevole ancorché armonioso delle paraste composite ed è impostata visibilmente su di un'alta base soggetta a sette archi in piperno con una tensione verticale interrotta dalla pesante trabeazione, al di sopra della quale, una parete muraria procede in altezza verso ampie aperture create per diffondere luce solare all'interno della chiesa.

Oltre questa parete vi è la volta a botte affrescata. L'aula, su cui si aprono sette cappelle per lato, tutte quante con volta a vele e su pianta quadrangolare, comunica con un transetto appena sporgente dal perimetro della chiesa, il quale, a sua volta apre un profondo coro rettangolare. Vi è un indistinto dinamismo dato dagli aggetti in corrispondenza delle lesene distaccando nettamente ciclo superiore ed inferiore del complesso architettonico.
Il pavimento della navata centrale è stato realizzato con marmi misti utilizzando elementi di:
  • marmo Bardiglio,
  • marmo Bianco Carrara tipo “C”,
  • marmo Giallo Siena Antico,
  • marmo Fior di Pesco,
  • marmo Verde Antico,
  • e marmo Rosso di Francia (Caunes-Minervois, Linguadoca).

Ad ogni modo tutto il complesso lapideo è interessato da:
  • una notevole ed estesa fessurazione specie visibile sul bianco Carrara;
  • mentre meno aggredita risulta esser la sostanza dei materiali che rivestono le colonne bordanti la destra e la sinistra della navata composte di marmo bardiglio di Custonaci, il marmo bardiglio nuvolato ed il Nero Africano.

Il presbiterio si sviluppa al di sotto dell'ascesa della cupola slanciata verticalmente al si sopra di pilastri in piperno rivestiti di marmo che la sostengono; tra i pilastri e la cupola, interviene il tamburo con finestroni archivoltati, e l'inizio dei costoloni visibili al di sotto dell'intonaco ed un lanternino falsato dalla composizione di grossi speroni laterali aggiunti durante gli interventi di restauro d'epoca moderna.

L'altare, tra le maggiori opere d'arte napoletana d'espressione e gusto Benedettino, insiste su di un'area ristretta.
Piccole dimensioni è verosimile credere siai stato realizzato in principio a codesta maniera per lasciar libera la visuale sugli stalli del magnifico coro pavimentato con marmo Carrara Bianco, Bardiglio e Broccatello di Spagna5 .

Il prospetto su via Capasso è in muratura di Tufo Giallo Napoletano rivestito d'intonaco con strato pittorico a vista di colore giallo ed il portale in marmo bianco di Carrara ; gradonata anch'essa in marmo bianco e Pietrarsa con cancello di ferro battuto con pilastrini e basamento in blocchi di piperno e, a parte il secondo cornicione di natura Ingimbrite Campana, il prospetto su via San Severino è tutto costituito in piperno grigio vesuviano.
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Storia breve sugli interventi al complesso monastico.

Giovan Battista Nauclerio che in quegli anni fecondi di opere d'arte nelle disperse chiese napoletane gravitanti attorno all'area del centro antico, si occupò negli anni dal 1715 al 1738 di controllare il corso delle produzioni artistico architettonico, oltre alla notizia quasi certa che fu lui a rifare la volta della vasta aula crollata nel 1731 e tutta la parete superiore.

  • Sempre in quel periodo di grande fermento delle arti sacre in città, vennero aperte tutte le 14 grandi finestre realizzate al di sopra dei grandi pilastri marmorei, le lesene e le volute tra i vani luminosissimi; Francesco De Mura le affrescò e Giuseppe Scarola provvedette alla decorazione degli stucchi e della volta e della navata.
  • Vennero quindi rivestite tutte quante le parti interne di marmi policromi rendendola unica nello scenario delle chiese napoletane, poiché le stesse chiese di Napoli, generalmente per convenzioni sulle arti e sull'estetica venivano dipinte ad imitazione dei marmi commessi.
  • Nei quattro anni compresi tra il 1744 ed il 1748 vennero realizzati sul posto i gonfi cartigli al di sopra degli archi di ognuna delle cappelle oltre la aggettanti cornici dei finestroni. Verso al seconda metà del Settecento Giovanni Del Gaizo piglierà il comando dei lavori in corso d'opera, mentre il maestro marmoraro Giacomo Mazzotti concluderà l'altare maggiore.
  • A partire da quella data non si avranno altre informazioni utili ad arricchire la storia sugli interventi al complesso monastico dei Santi Severino e Sossio se non in occasione dei restauri eseguiti nelle date 1849 e 1853, oltre a qualche piccolo ritocco qua e là fino al 1863 apportato dal maestro Ercole Lauria.
  • In seguito l'intero edificio verrà interessato dalla massiccia opera di riqualificazione urbana realizzata dal piano di Risanamento classe 18846.
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La chiesa dei Santi Severino e Sossio durante l'epoca moderna.

I terremoti del 1980 e del 1981 hanno seriamente danneggiata la chiesa e danni strutturali si sono registrati anche all'esteso edificio monastico, che venne chiuso per il rischio crollo non impedendo tuttavia la pratica quotidiana delle azioni di culto fino alla cessazione dei lavori avvenuta nel 2003 ed una breve ripresa nel 2004.

I lavori dopo gli anni del sisma irpino-napoletano furono sostanziati col consolidamento dei pilastri e degli archi della cupola che minacciava rovina tramite l'inserimento ardito di barre in acciaio ed iniezioni di malta; la messa in sicurezza dei rivestimenti di tutti quanti gli archi su cui s'imposta il tamburo della stessa cupola col sistema cerchiaggio acciaioso. Seguirono un profondo restauro della facciata, venne quindi impermeabilizzata tutta quanta la cupola e tutta l'ala dell'edificio che affaccia su vico San Severino.

La chiesa si viene a trovare in prossimità di due sondaggi: il primo situato al Corso Umberto, altezza piazza Nicola Amore, l'altro in piazzetta Miraglia rispettivamente a 150 e a 540 metri dal manufatto7.

Non sono presenti testimonianze archeologiche significative di un'attività, e quasi sicuramente la breve forma di tracciato sarebbe da intendersi per la confinante arteria stradale del centro antico della città meglio nota col toponimo di Spaccanapoli dove terminano i lavori sull'area di scavo di San Lorenzo Maggiore. Distrutto una prima volta venne ricostruito nel XII secolo e di quest'intervento restano ancore tracce ben visibili nella chiesa inferiore nuovamente ricostruita nel XVI secolo.
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Spazio note

(1) (1) Estratto da: Chiesa e Monastero dei Santi Severino e Sossio Scheda e catalogazione A-CEI
(2) [1 PESSOLANO M.R., Il convento napoletano dei SS. Severino e Sossio, Napoli 1978, p. 71 WEISE G., Chiese napoletane anteriori al Gesù del Vignola, in “Palladio” 1952, p. 148]
(3) [3 PESSOLANO M.R., Il convento napoletano …., op. cit., p. 77]
(4) [JEDIN H, Riforma cattolica e Controriforma, in AA. VV. “ Storia della chiesa”, vol VI, Milano 1975, p. 602 2 ed anche: WEISE G., Chiese napoletane anteriori al Gesù del Vignola, in “Palladio” 1952, p. 148]
(5) [Oltre Pessolano sulla magnificenza di questa chiesa vedasi anche: DIVENUTO F., Napoli sacra del XVI secolo, ivi 1990. MINISTERO per i BB.AA.CC., SOPRINTENDENZA per i BBAA e AA di Napoli e Provincia, ARCHIVIO di Stato di Napoli, Il grande Archivio,I luoghi del patrimonio: il Monastero napoletano dei SS Severino e Sossio sede dell’Archivio di Stato, Napoli 1998. TORRE L., Napoli sopra e sotto, vol. II, ivi 1993. CAPUTI M., Napoli rivelata, gli spazi sacri del centro antico, Napoli 1994 ]
(6) [MINISTERO per i BBAACC, SOPRINTENDENZA per i BBAA e AA di Napoli e Provincia, ARCHIVIO di Stato di Napoli, Il grande Archivio,I luoghi del patrimonio: il Monastero napoletano dei SS Severino e Sossio sede dell’Archivio di Stato, Napoli 1998, p. 13.]
(7) [da Associazione Geotecnica Italiana, atti VIII Convegno di Geotecnica, AA.VV., 1967]