Villa Prota a Napoli

E' una villa di Napoli1 e palazzo magnatizio, di superficie modesta e posta su tre livelli differenti, con un maestoso portale sulla strada ai limiti del Comune di Torre del Greco, fino all'epoca moderna creduto erroneamente opera del maestro Domenico Antonio Vaccaro2.

Il manufatto invece è stato edificato di sana pianta dal Regio ingegnere e Tavolario del Supremo Regio Consiglio Francesco Attanasio, con l'ausilio del capomastro Paolo Marra su terra battezzata ”lo pagliarone”. 

Il regio ingegnere, sfruttando la miglior posizione baricentrica dell'impianto trovato già presente sul posto3, modifica l'estesa masseria secentesca aggiungendovi corpo di fabbrica a T, letteralmente addossato al casale rurale, con un viale alberato che lo àncora alla regia strada4.

Inclusa nel territorio vesuviano del Miglio d'Oro, alle pendici del Vesuvio, Villa Prota è stata dimora del nobile marchese di Poppano Nicola Moscato sposo di Anna Maria d'Urso, già signora e padrona di moggia di terra ai Vergini, sui quali verranno poste le fondamenta del Palazzo dello Spagnuolo5.
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Storia e breve presentazione di Villa Prota.

Lo stabile napoletano del Centro Antico della città venne portato in dote dalla donna, futura moglie del nobile, che lo include nelle ricche proprietà, ove verranno fatti abbattere due preesistenti piccoli edifici agricoli in luogo di edificarci il Palazzo Poppano.

I tre livelli dell'impianto erano collegati da una scala coperta con volte a crociera prospettata sul portico attraverso una doppia arcata poggiante su due diversi pilastri centrali.

Al piano terra

  • il cellaio,
  • ambienti di servizio,
  • deposito per gli attrezzi di campagna. 

Ai due piani superiori,

  • una sala per lo stipo del corredo di famiglia e stoviglie di porcellane giunte preziose ancor oggi assieme all'assortito servizio in cristallo per la degustazione dei vini offerta molte volte alla compagnia del re Borbone.
  • Una camera attigua alla Sala delle porcellane per l' esibizioni di quadri a soggetto religioso ed accosta una cappella come un antico larario tutta in radica di noce con personalissimo confessionale.
  • Ed ancora una seconda anticamera dentro la quale vi campeggiavano due cantarini in noce.
  • Poi la Galleria con l'Arcovo impregnato di quadri a soggetto vario, un canapè in pelle e due boffette e nell'alcova un letto con padiglione ed apparato in broccato di seta ed una coperta detta la capezziera indorata.
  • La retrostanza Nobile, 14 quadri, tre letti, due bauli, un corredo di lino bianco, pura stoffa camustra, le sete e l'argento ed un boffettino da gioco coperto di tappetino rosa.
  • Un altra retrostanza Nobile per le donne: due letti, un cantarano scuro d'ebano ed altri quadri alle pareti.
  • Un altra stanza per la servitù, con grande boffetta a dodici posti,
  • ancora un'altra stanza per il lavori di cucina
  • e poi la cucina vera e propria con batteria completa per la preparazione di caffè e cioccolata, tutta in rame.
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L'apparato decorativo del Palazzo, fortemente impostato sul Rococò napoletano, con decorazioni parietali molto care al Sanfelice, si presenta con il fornice dal timpano spezzato e decorato con cartigli e volute, l'arco spezzato al centro del quale compare l'ovale incassato pensato per accogliere postumo un busto in marmo molto pregiato.

La presentazione della facciata continua con l'alternarsi ed il rinnovarsi amabile giogo di timpani abbinati a decorazioni di stucco dalle forme più varie ispirate ad una moda di generazione futura per l'epoca; gli spezzati, i timpani a volute ricadenti verso il basso, l'arco pendulo, a segmenti mistilinei, chiude un lavoro di lunga durata che ha reso onore alla famiglia aristocratica che in questo posto decise di stabilirvi residenza molto probabilmente legate ad attività venatoria al seguito del corpo diplomatico Borbone.

Il portale fastoso sulla strada con arco a sesto ribassato e i balconcini laterali ornati da balaustre in piperno grigio vesuviano traforate sormontate dai timpani spezzati con andamento del profilo bruscamente interrotto da piedritti sporgenti impreziositi dai vasi in terracotta, raccordati al muro di cinta del viale, rendono la villa Prota di Poppano diversa dalle altre ville vesuviane, contraddistinte dalle facciate rigide e severe, spesso sulla strada aperte col fronte a tergale verso i giardini ed architetture interne movimentate dai portici loggiati e scalee più e più volte circolari o semicircolari.

  • Al piano terra tre archi formano il portico e quello centrale sostiene il lungo balcone del piano nobile poggiante sull'aggetto degli archi sottostanti;
  • sulla facciata cinque vani son delineati da ricche decorazioni;
  • al piano superiore, concluso da un cornicione decorato da una mantovana in stucco a rilievo, due coppie di finestre e ricche decorazioni si richiamano e si legano a quelle dei timpani testè menzionati poste ai lati di uno spettacolare arco pendulo, traforato ed inquadrato nella quinta di un panorama reso scenografico maggiormente con i due mezzi archi contrapposti come fossero due ali.

Dopo aver superato indenne le eruzioni vulcaniche con colata abbondante del 1760 giunta a lambirne i vicinissimi giardini e l'eruzione di trent'anni dopo non si hanno ulteriori notizie sulle varie successioni del casato di Poppano, fino all'acquisto nel 1761 del Casale della Barra dei Prota, nobili di Atrani con Biagio Prota che ne venne in possesso nel 1844 e la trasmise al figlio Nicola e ancora questi ai figli Pietro, Raffaele e Biagio, sicché quindi al pronipote dei Prota tale Pasquale.
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Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: Università degli Studi di Napoli “Federico II" anno accademico 2006-2007 Dottorato di Ricerca in Storia dell’Architettura e della Città XVIII ciclo Coordinatore: Ch.mo prof . Arch. Francesco Starace PALAZZO DI CITTA’ – VILLA DI CAMPAGNA La committenza nobiliare nel Settecento a Napoli e nel Vesuviano Dottorando: dott. arch. Sergio Attanasio Tutor: Ch. mo prof. arch. Gaetana Cantone Nella discussione si è fatto riferimento ai seguenti elementi bibliografici: G. FIENGO, Gioffredo e Vanvitelli nei palazzi dei Casacalenda, Napoli 1976. N. SPINOSA, Affreschi nelle Ville Vesuviane del Settecento, in "Antologia di Belle Arti",n. 1, 1977, p. 97 e segg. . V. FRATICELLI , Napoli, 1993 AA. VV., Napoli 1804 - I Siti Reali , la città, i Casali nelle piante di Luigi Marchese, Napoli, 1990. F. STARACE, L’ambiente europeo ed il giardino inglese della Reggia di Caserta, in AA. VV., “Il disegno di architettura”, Napoli, 1993]
(2) ,[U. Cardarelli, P. Romanello, A. Venditti, Ville vesuviane, Napoli, 1988. P. Di Monda in Pane, Ville vesuviane cit. p. 298, M. de Cunzo, Le Ville Vesuviane, in AA. VV. Civiltà del Settecento a Napoli, Firenze, 1979, p. 102]
(3) [G. Fiengo, Organizzazione e produzione edilizia a Napoli all'avvento di Carlo di Borbone, Napoli, 1983, p. 132.]
(4) [A.S.B.N. Banco del Salvatore, 6 settembre 1734]
(5) [A. Costa, Il palazzo dello Spagnuolo ai Vergini in Napoli, Napoli, 1979, p. 20]