Napoli: direttrice di penetrazione interna

Divenne più frequentata all'indomani degli eventi storici legati alla città di Napoli come "organismo aperto", ormai privo delle sue mura, che oltre a proteggerla, ne hanno però anche arretrata la forma dello sviluppo urbanistico. Quindi la direttrice andrà a configurarsi come tale correndo lungo l’antico perimetro murario, a ridosso del quale, si sono sviluppate a seconda delle naturali accidentalità del suolo, case isolate, conventi per gli Ordini esuli e i piccoli borghi, il più grande dei quali, Borgo Vergini, segnò il confine estremo delle paludi napoletane e la via delle lave torrentizie.
Perviene ai piedi del colle di Miradois, attraverso un numero considerevole di varchi irregolari del Quattro e del Cinquecento, discendenti in massima parte dal fronte dei Miracoli e da lì dai Cinesi e da qui fino a fondersi l’antica strada che giunge dai Ponti Rossi e dall’eremo di Sant’Eframo Vecchio un tutt’uno con la massiccia facciata del Palazzo Fuga.
I Casali Regi di San Pietro a Patierno, Secondigliano ed il Campo di Marte, attraverso via di San Giovanniello, verranno tutti quanti collegati, per un’insinuazione della direttrice interna a Porta Capuana, oltre il limite fisico imposto dalla chiesa e dal Borgo Sant’Antonio Abate, collegando altresì la zona orientale della città industriale, popolare e residenziale alla città costituita e borbonica, attraverso l’asse di Via Foria. E questa, a sua volta, salda fortemente all’altezza di Piazzetta del Museo, la città nuova sopraggiunta da piazza Cavour alla città vecchia di via Toledo, semplicemente anticipata da via Pessina.
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Spazio note
(1) Elementi primari ed originari della zona orientale di Napoli. B/ Invenzione di un paesaggio Lidia Savarese in: Un’alternativa urbana per Napoli. L’area orientale Analisi del Territorio e architettura collana diretta da Giancarlo Alisio Edizioni scientifiche italiane giugno 1983 Portici BNN SEZ NAP VII B 502(1bis) Foria tra via Foria, il borgo sant’Antonio Abate e l’asse di penetrazione dall’interno della città di Napoli, un tempo la zona anzidetta era costituita da vie sterrate, spesso nascoste dalla folta boscaglia, oltre la quale, spesso nascosti vi erano anche i predoni e le guardie, di qui poi a chiamarsi, appunto Cupa a Sant’Antonio.
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