Statua di Gioacchino Murat a Napoli

E’ di Giambattista Amendola, la settima, e penultima delle otto statue dei re sulla facciata di Palazzo Reale a Napoli1.

Posta tra la statua di Carlo III di Borbone e la statua del re d’Italia Vittorio Emanuele II, quest’opera ritrae la figura di Gioacchino Murat, comandante dell’esercito di Napoleone Bonaparte, nonché cognato di quest’ultimo.

Sedette sul trono dei re di Napoli sottratto ai Borbone. Durante il tumultuoso decennio francese e sotto la sua giurisdizione, però a Napoli vennero attuate tante e tali straordinarie riforme urbanistiche che se ne stravolse l’assetto borbonico della città.


Sotto il regno di Murat dunque, sparirono i giardini fuori Porta San Gennaro allineando Via Foria tra la piazza Cavour ed il Campo di Marte.

Venne costruito un ponte che attraversando il vallone della Sanità collegò per sempre Palazzo Reale alla Reggia di Capodimonte. Sistemò definitivamente piazza del Plebiscito, le strade di collegamento da Mergellina a Posillipo, l’Osservatorio Astronomico e la Casa dei Pazzi ad Aversa.

Tuttavia dovette abbandonare la sede del Regno. La fuga terminò nel centro di Pizzo località marittima in provincia di Vibo Valentia in Calabria, dove venne tratto in arresto e tradotto in prigione. Fu fucilato.
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Descrizione della statua di Gioacchino Murat.

La statua mantiene una posa declamatoria, troppo teatrale, poco naturale secondo la critica del tempo, che comunque, non gliene rinfacciò né pregi e nè difetti, all’autore, solo perchè, purtroppo, costui, alla mostra di gala durante la prima dell’esposizione delle statue, era già morto.

  • Curiosità che probabilmente non sarà stato un eccezionale errore dell’autore di quest’opera, ma il cappello che indossa Gioacchino Murat nella statua non è del periodo di Napoleone, una delle due braccia è quasi visibilmente più corta dell’altra.

  • La critica di questa curiosa condizione scartò l’idea iniziale che voleva la posa di Gioacchino Murat scelta nel momento in cui questi stesse replicando a Napoleone il comando ottenuto con pieni poteri sull’esercito napoletano oppure quando Murat stesse giurando lo statuto di Baiona.

Quanto e piuttosto, è verosimile che invece l’Amendola avesse deciso di ritrarlo nel momento in cui il re venne messo a morte.

In effetti è piuttosto evidente una sorprendente fierezza di gioia e dolore tipica della spavalderia e della iattanza del condannato ”un po’ scapestratello” dinnanzi all’approssimarsi della morte. Ed infatti è anche vero che al comandante non venne concesso il privilegio d’esser fucilato in gran divisa. Una sciabola, nella statua, sta come il mantello, gettato miseramente su un solo lato del corpo e con una mano Gioacchino Murat regge un frustino.

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Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Le statue della reggia di Napoli. Note critiche e profili artistici di Vincenzo Della Sala Napoli Facco e C. 1889 BNN RACCOLTA AMALFI Busta A 20/17