Cappella Palatina al Maschio Angioino

E' la Cappella Palatina del Maschio Angioino a piazza Municipio di Napoli1, sacra a San Sebastiano fino al 1612, poi dedicata a Santa Barbara, a partire dal 1618.

Fu iniziata da Carlo II d'Angiò altrimenti detto lo Zoppo, nel 1307, con notizia di prima edificazione nel settembre di quello stesso anno, poi continuata da re Roberto il Saggio, in remissione dei peccati del padre morto che gliene fece testamento2.


La cappella è aperta alla corte quattrocentesca del Castello, con facciata medesima in marmo bianco, un poco oltre la Cappella Purgatorio.
E' opera tarda di Andrea dell'Aquila, compreso del rosone di Matteo Formicana a sostituzione dell'Oculus duecentesco distrutto.

La piccola fabbrica religiosa è a navata unica e senza cappelle laterali, esempio di puro stile gotico, di maestranza simile a quelle intervenute per la chiesa napoletana di San Domenico Maggiore a Spaccanapoli3.



La volta è a capriate lignee dalla cantoria all'abside, e la cappella è l'unico frammento angioino nel contesto della Reggia aragonese.

  • Tra l'altro, questa stessa cappella è e resta dimora storica di Giotto a Napoli4 che l'affrescò per intera, prestando il proprio favore d'uomo d'arte anche per la "Cappella Segreta" detta Cappella parva, nel senso che non esiste più, distrutta dalla totale trasformazione del Castello in età aragonese. Di essa se ne parla con difetto, altrettanto va detto che presumibilmente doveva trovarsi al fianco dell'Appartamento Reale e non è da confondersi né con la Cappella San Martino eretta soltanto nel 1334 presso la Cappella Maggiore, né con la Cappella del Parco tutta quanta dipinta da Pietro Orimina e forse neanche con una delle due Cappelle affrescate da Montano d'Arezzo nel 1305. Un altro Orimina, tale Cristofaro, un alluminatore a corte di Re Roberto, miniava la celebre "Bibbia angioina" oggi custodita al Seminario di Malines e tra gli alluminatori di quel secolo ricco e fecondo, si ricordano Luca da Spoleto e Giovanni Ypres; con molta familiarità, accanto al gruppo di scuola certamente giottesca contribuirono non poco alle interferenze eclettiche nella realizzazione del ciclo non terminato purtroppo degli affreschi dal grande Maestro per la mano dei pittori toscani del nome di Andrea Vanni da Siena e Nicola di Tommaso da Firenze. Delle sue due ultime grandi opere pittoriche oggi dolorosamente scomparse, in seguito al disastroso terremoto del 4 dicembre 1456, sfortunata vicenda storica ricordata per il crollo della parte meridionale della Cappella medesima scossa da terribili sollecitazioni o comunque un persistere tale di precarie condizioni che il crollo effettivamente venne indotto per meglio restaurane la funzionalità; ad ogni modo il ciclo sugli affreschi giotteschi risale all'epoca napoletana in cui l'Artista avrebbe poi effigiato un'Apocalisse all'interno della Basilica presso il monastero di Santa Chiara Vergine, assieme a Dante Alighieri, il quale bandito dalla città fiorentina si sarebbe trovato in quel tempo a Napoli5. Ricordando lo stesso Maestro ed il secolare equivoco del Petrarca nel suo Itinerarium Syriacum sugli affreschi alla chiesa dell'Incoronata pur detta chiesa della Spina Corona a via Medina e la fortunatissima serie degli affreschi di Roberto d'Oderisio6.

Il ciclo degli affreschi alla Cappella Palatina.

Le pitture rinvenute nella Cappella Palatina dai restauri del 1928 non sono che resti importanti di una parte però secondaria alla sua decorazione e precisamente quella delle strombature degli altissimi e sottilissimi finestroni gotici, murati dopo il terremoto del 1456.

  • Nel 1470 da re Ferrante giunse l'ordine di asportare dalle pareti gli affreschi medesimi scoprendo però le scene che tutt'oggi vestono le pareti della Cappella. Ciascuna di queste strombature son partite da solchi longitudinali a due fasce oltre alla sottile cornice che ne regge le vetrate. Le fasce esterne son decorate della solita imitazione musiva comatesca simile alle decorazioni della Cappella degli Scrovegni e ugualmente a quelle oggi presenti in Basilica di San Francesco ad Assisi, mentre quelle interne son messe a decorazioni vegetali stilizzate. Solo nell'ampio ed unico finestrone biforo all'abside della cappella, appare una decorazione di fogliame, ove è già certo un senso profondo per il naturalismo pallido indizio di un vicinissimo Rinascimento. Elemento interessante dei resti rinvenuti alla Cappella sono i medaglioni che ricorrono in ciascuna fascia delle strombature, originariamente in numero di dieci per ciascuna fascia e per ogni lato, inscritti in cornici esàgone con inflessioni in alcuni lobi rappresentanti per lo più teste di santi e profeti e personaggi di corte a volte sostituite a queste le armi angioine, a loro volta alternate con le armi di Francia, campo azzurro seminato di gigli d'oro e quelle di Gerusalemme per un campo d'argento alla croce penitenziata d'oro. Nel IV finestrone nella fascia interna a destra in alto affrescata una testa di Santo nimbata, dalla bocca in su avvolta di riccioli d'oro, dipinta frettolosamente lo si vede con spiccata aderenza alla maniera del Cavallini; la testa di questo santo lascia supporre che in bottega da Giotto abbia collaborato uno delle maestranze della fabbrica di Donnaregina Vecchia. Un notevole gruppo di teste di Santi e Profeti è dipinto a tratti marcati e con rapida maniera nell'intenzione di dar maggior evidenza ai personaggi ritratti che dovevano esser visti è probabile in lontananza. Tali sono i sei medaglioni superstiti del VII finestrone, tutti appartenenti alla stessa mano soprattutto nel vizio di marcare le sopracciglia dei personaggi e gli orli delle loro palpebre, nel segnare le rughe a ventaglio sulle loro guance, gli angoli esterni dei loro occhi, le loro barbe e le loro chiome a pennellate lunghe e sottili e la loro espressione in volto volutamente lasciata dura, severa, magistrale. Di altro pennello ma della stessa maniera è la testa superstite e neanche integra del I finestrone a sinistra di chi entra e le due teste che stanno nell'archetto del II finestrone; più pregevole forse la più vicina al maestro Giotto, per quel suo senso realistico, la testa mutila di un giovane in alto a sinistra nel IV finestrone. Alla stessa maniera la testa di un giovane monaco in centro a sinistra del II finestrone e le due teste in basso al III finestrone una delle quali visibilmente deturpata. Meno belle, anzi a dir vero anche un poco goffe, le gran teste della bifora centrale. Le più belle fra tutte son quelle del VI finestrone, ove le teste che son appena due, la nobiltà d'espressione è rivelatrice di una mano erudita in cui è misto alla tecnica già raffinata un più fare garbato. Un poco la cultura artistica formatasi sulle opere già esistenti, un poco le collaborazioni prestate e i contatti appena occasionali e con ciò il potere di assimilazione e di elevazione spirituale, crearono in questi artisti personalità indubbiamente estrose ed eclettiche profondamente differenziate le une dalle altre. Non si è così mai avuto su suolo meridionale della Penisola vere propaggini di una scuola cavalliniana ad esempio, né di una scuola senese né meno ancora di una scuola giottesca; piuttosto solo forme ed ispirazioni a tutte e tre queste scuole saltate fuori qua e là nel vasto palinsesto del Mezzogiorno italiano specie nella fascia costiera campana e a Napoli nel maggior impiego delle maestranze nobili appaiono chiari riferimenti a Giotto e alla sua bottega e se tuttavia esse predomineranno la scena napoletana almeno fino al tardo Quattrocento, non saranno esse certamente le più sentite.

 


Spazio note

(1) Liberamente estratto da: Giotto a Napoli e gli avanzi di pitture nella Cappella Palatina Angioina / °R. Filangieri]. - Firenze : °s.n., 1937?]. - P. 129-145 ; 24 cm. ((Tit. dell'intitool. - Prima dell'intitol.: Per il sesto centenario della morte di Giotto. - Il nome dell'A. si trova a p. 145. - Estratto dall'Archivio Storico Italiano, vol. 1, dispensa 2. del 1937, 15. Autore Filangieri, Riccardo
(2) [Arch. Stor. Nap. Cancelleria angioina, registro 167, f. 371t; registro 197, f.274]
(3) [The *development of the Italian schools of painting/ by Raimond Van Marle>> 1 / by Raimond Van Marle. - The Hague : Martinus Nijhoff, 1923. - XV, 581 p., [5] c. di tav. : ill. ; 25 cm. ((Sul dorso : From the 6. until the end of the 13. century Fa parte di The development of the Italian schools of painting , 1 Luogo pubblicazione The Hague Editori Martinus Nijhoff Anno pubblicazione 1923] (4) [ Cancelleria angioina, 8 dicembre 1328, in: Giotto a Napoli e gli avanzi di pitture nella Cappella Palatina Angioina / °R. Filangieri]. - Firenze : °s.n., 1937?]. - P. 129-145 ; 24 cm. ((Tit. dell'intitool. - Prima dell'intitol.: Per il sesto centenario della morte di Giotto. - Il nome dell'A. si trova a p. 145. - Estratto dall'Archivio Storico Italiano, vol. 1, dispensa 2. del 1937, 15.]
(5) [L. Ghiberti, Commentari, pr. C. Frey, Vita di L. Ghiberti, Berlino 1886 ed ancora in: C. Von Fabriczy, in Archivio Storico italiano, serie V, T. VII 1891 pag. 318 e seguenti ]
(6) [ *Brevi notizie intorno all'Archivio Angioino di Napoli. - Napoli : Alberto Detken, 1862. - XV, 112 p., 25 cm. Primo Autore Minieri Riccio, Camillo; ed ancora:Annali civili del Regno delle due Sicilie. - Vol. 1, fasc. 1 (gen.-feb. 1833)-vol. 48, fasc. 135 (gen.-feb. 1860). - Napoli : [s.n.], 1833-1860 (Napoli : tip. del Real Ministero degli affari interni). - 135 fasc. : ill. ; 29 cm. ((Bimestrale. - Tre vol. di due fasc. l'anno. - Non pubblicato da gen. 1848 ad ago. 1852.; ed ancora: *Neapel/ von Wilhelm Rolfs. - Leipzig : Seemann. - v. : ill. ; 24 cm. Collana Berunhe Kunststatten ; 29 Fa parte di Die alte Kunst : mit 140 Abbildungen , 1 Baukunst und Bildnerei im Mittelalter und inder heuzeit : mit 145 Abbildungen , 2 Autore Rolfs, Wilhelm Luogo pubblicazione Leipzig Editori Seemann ].