Cappella Reale a Napoli

E' la Cappella privata del Sovrano, interno del piano nobile di Palazzo Reale a Napoli1 penultima delle sale musealizzate e completamente rifatta dopo i bombardamenti del 4 agosto del 1943, con i grandi porticati interni e le logge con copertura a scagliola e finissime dorature.
Oggi del palinsesto decorativo della Cappella, frutto delle ascese del Seicento, confluite nel Settecento restano integrati nella sistemazione dell'Ottocento, i due profeti a mezzo busto agli angoli del presbiterio e le Storie della Genesi molto rovinate.


In quest'ambiente si conservano: il Crocifisso di scuola bavarese del XVIII secolo, il Crocifisso di fra Giuseppe da Soleto, opere della manifattura francescana, ed infine e non ultimo il San Michele Arcangelo che combatte i demoni.

La Cappella è aperta sulla loggia quandrangolare e collegata alle altre stanze del Potere da percorsi interni editi per la prima volta su un disegno di Domenico Fontana del 1603, presentato in occasione di un progetto di riordino dell'assetto urbano proposto per Via Chiaia


Cosimo Fanzago provvede alla sistemazione dell'ambiente barocco al tempo del Conte di Pegnoranda.

E' stata chiesa regia fino al 18316 oltre la qual data, finì a dimensione privata di oratorio reale7.

  • Sembrerebbe che quest'ambiente non fosse ancora esistito al tempo dello sviluppo di un'aula absidale adiacente la sala del Vicerè e che in sostanza possa esser cresciuta separata dalla progettualità sull'ala orientale del palazzo gestita dagli Ingegneri Maggiori del Regno tra il '40 e '46 del Seicento. Esiste, invece, una sorta di documento che procura gara d'appalto per la decorazione delle mura perimetrali della Cappella, assegnate a Giulio ed Andrea Lazzari, al Lanfranco, a Joseph Ribera e Charles Mellin e quindi dovettero esser state già erette2 allorquando Francesco Antonio Picchiatti, luogotenente dell'ingegner Gisolfo, stava fortificando il palazzo e chiesa della Misericordia ai Tribunali3. Ed infine, si ricorda che da Antonino Bulifon è stata attribuita a Cosimo Fanzago4 un suo intervento nella sistemazione dell'ambiente barocco al tempo del Conte di Pegnoranda (1651-1674)5 negli anni in cui l'architetto era impegnato per i palazzi Carafa di Maddaloni a Spaccanapoli ed il palazzo Firrao a Costantinopoli.

Conclude  nella sede principale del Regno un ideale fronte antimusulmano.

E come tutte le chiese della cristianità palatina, essa è divisa nella giurisdizione ordinaria dalle parrocchie di patrimonio del Concordato.


  • E' retta fin dal suo nascere dalla Maggiordomia e Intendenza di Casa Reale, controllata dalla medesima Amministrazione assieme alla normanna Cappella palatina di Palermo, quella di Acquaviva fondata da Roberto Surguglione, la chiesa a Gaeta Vecchia, la Cappella del Salvatore nella pancia del Castel dell'Ovo e quella di Sant'Erasmo, tutte quante passate al servizio dello Stato l'8 novembre del 1920. Per quanto riguarda la Cappella di palazzo Reale essa conclude nella sede principale del Regno borbonico un ideale fronte antimusulmano8. Di fatto la Cappella è uno spazio architettonico dominato dalle quattro armi del Duca d'Arcos, che scandiscono effettivamente quattro aree distinte per: il Vicerè, i cavalieri, il clero palatino, le donne. Tuttavia, essa resta una vasta aula centrale con due navatelle, sistemate come fossero due tribune laterali, separate da tredici massicci pilastri di stucco, su base di marmo, terminanti in capitelli e bassorilievi unici elementi riferibili al Seicento, prima che fosse modificata definitivamente durante la peste del '56 e la diffusione del culto alla Concezione.

In un dipinto di Michele Foschini del 1762 si vede Ferdinando IV di Borbone che giura come re di Napoli.

Delle armi del re di Spagna dipinte a fresco ne restano tracce vive sulla volta di marmo e legno della cantoria per organo e musici all'ingresso.

  • Apparato, questo, raggiungibile da due scale a lumaca, delle quali, quella di destra, oggi è murata,La cappella è conclusa dall'abisde cassettonato del Cammarano, con un finto marmo verde su cui ancora oggi, si astraggono delle forme d'angelo. La zona dell'abside, privo di transetto, affrescata dal Lanfranco, è occupata dal prezioso altare maggiore, realizzato per la prima volta nel 1600 per la chiesa della Madre di Dio a Santa Teresa degli Studi; sparito nel 1674, venne rifatto in copia da Dionisio Lazzari ed infine spostato in questa sede come l'esito finale di una complessa operazione di collezionismo contestuale attivato dall'architetto del Regno Antonio De Simone all'epoca di Gioacchino Murat, alla quale appartiene anche l'installazione della forma attuale del pavimento della Cappella medesima. Cessata l'attività di Palazzo in prossimità della fine degli anni Venti del '900, nella Cappella si è continuato ad officiare il rito delle Quaranta'ore, ancora fino al 1943, un rito che di per sé ha preservato oggetti d'arredo sacro legati alla tradizione ed al culto localizzato e luogo scelto di aggregazione di suppellettili disattivate dalle chiese del circuito palatino prima tra tutte la chiesa di Santa Barbara al Maschio Angioino, e a seguire al museo di Capodimonte, la Cappella regia del palazzo reale a Portici, alla Villa La Favorita lungo il Miglio d'Oro, ma anche a Caserta, la parrocchia di San Leucio, a Carditello, a Venafro, a Mondragone, il sito reale degli Astroni ed il palazzo Reale detto di Francavilla9. In un dipinto di Michele Foschini del 1762 si vede Ferdinando IV di Borbone che giura come re di Napoli e lo fa nella Cappella reale presentata decorata secondo i consensi del gusto tardo manieristico10 da confrontare col dipinto sulla Cappella della Natività di Jacopo Lazzari oggi alla Pinacoteca dei Girolomini. La Cappella venne riconsacrata nel 1668 dopo un disastroso incendio ed il soffitto a canne stuccate venne rifatto da Nicola Rossi vent'anni più tardi in seguito al crollo causato dal terremoto di quell'anno, di quel secolo. La ricchezza delle fonti iconografiche dà testimonianza della porta di legno intagliata coi simboli della Conchiglia e della Stella, cui rimandano anche al culto della Concezione legato a sua volta al culto di San Giacomo di Compostela, staccata forse da Palazzo Vecchio ed installata sull'ambulacro di Palazzo Reale, incorniciata da una lastra di marmo finissimo ritrovato presso l'invaso greco-romano del Borgo degli Orefici.


Spazio note

(1) [Liberamente estratto da: Arte Sacra di Palazzo. La Cappella reale di Napoli e i suoi arredi un patrimonio di arti decorative a cura di Annalisa Porzio introduzione di Maria Causa Picone Napoli 1989, Arti Grafiche alla BNN 1994 B 28]
(2) [Archivio Storico del Banco di Napoli. Banco di San Giacomo, giornale del 1646, matricole 212 e 213 editi da E, Nappi I Vicerè e l'arte a Napoli, in “Napoli Nobilissima” XXII vol. fasc. I-II gennaio-aprile 1983 alle pagine 48 e 49]
(3) [A.S.N., Sommaria Bandorum Vol. 26, cc 46 e 48 edito da Franco Strazzullo in Architetti e ingengeri dal '500 al '700 Napoli, 1969].
(4) [Cronicamerone, overo Annali e giornali historici delle cose notabili accadute nella città e regno di Napoli, dalla Natività di N.S. sino all'anno 1690. Scritto da Antonio Bulifon. [Introduzione di Jacopo Fodero]. - Napoli : l'autore, 1690. - 343 p., [25] c., 1 ritr. ; 14cm. Codice SBN LIAN009288]
(5) [A.S.N., Monasteri Soppressi fasc. 2155 e 2157. Gaetana Cantone Napoli barocca e Cosimo Fanzago, Napoli 1984 alle pagine 25 e 37]
(6) [Prima ragione del suo essere cappella regia è stata la capacità di rito della Chiesa Cattolica di segnare la vita del re dal suo nascere e morire con la celebrazione in situ dei sacramenti del battesimo, dell'abdicazione e del lutto. Qui infatti ha ricevuto benedizione Maria Amalia di Sassonia nel 1752 dopo aver partorito il futuro re.]
(7) [Oggi a palazzo Reale di Napoli di oratori se ne riconoscono almento tre. Il primo detto di Maria Cristina sfuggito al riordino di Casa reale del 1837 si trova in sala di ricevimento in prossimità della Camera da letto del Re posta a vista sul Belvedere. Una secondo rimasuglio di oratorio privato reale sta nell'ala orientale del palazzo al primo piano compreso nella Biblioteca Nazionale ed un ultimo al secondo piano, quasi del tutto disinstallato fatta eccezione per gli ornati neogotici delle pareti, fu anche stanza privata per la preghiera di Ferdinando II. Dalla documentazione in essere son state ritrovate tracce perdute dell'antico e preziosissimo altare lavorato dalle maestranze borboniche del Real Laboratorio delle Pietre Dure al Poggio delle Mortelle nella persona del maestro Pietro Persico tra il 1841-42. *Pittura per l'eternità : le collezioni reali spagnole di mosaici e pietre dure / Alvar Gonzalez-Palacios. - Milano : Longanesi, [2003]. - 356 p. : ill. ; 29 cm. ((Parti del testo anche in francese e spagnolo. - Pubbl. in occasione della mostra: Las colecciones reales espanolas de mosaicos y piedras duras, tenuta presso il Museo del Prado nel 2001. Codice SBN RAV1147528 ISBN 883041963X Collana I marmi ; 179]
(8) [Cenni storici sul clero della Real Cappella Palatina di Napoli / compilati da Nicola Capece Galeota. - Napoli : tip. Vico Donnaromita, 1854. - VII, 397 p. ; 22 cm. Codice SBN SBL0396474 Autore Capece Galeota, Nicola Soggettario Firenze CLERO - I - Napoli - Sec. 13.-19. NAPOLI - I - Castel Nuovo - Cappella Palatina ha per altro titolo Cenni storici sul clero palatino di Napoli. - Luogo pubblicazione Napoli Editori tip. Vico Donnaromita Anno pubblicazione 1854]
(9) [A.S.N., Casa Reale Amm. III, f. 306, ordini del 17 settembre 1831, e fasc. 300-307, passim].
(10) [ A Napoli, al Museo di San Martino. Inven. Del Municipio di Napoli n° 22. La versione del dipinto del 1761 oggi sta al Museum of Art di Indianapolis U.S.A.