Zona delle paludi napoletane

E' la zona detta delle paludi napoletane1(1bis)2 e della Volla3, cesura del grande disegno sub-urbano della corona4, in asse a quasi tutti i varchi irregolari affluenti da e per le direttrici di penetrazione interna alla città.
Nella zona prettamente interessata dallo scorrere delle acque pluviali arricchite da materiale vulcanico sono state rinvenute tutt'oggi specie di piante rare e rarissime.


E' stata anticamente una zona impaludata dalle acque, che, senza deflusso naturale né lavoro d’uomo sono discese dalle alture delle colline di Napoli adagiandosi su tutta quella plaga distesa tra la zona dei Ponti Rossi, la Villa e la collina cimiteriale di Poggioreale in intima e tesa relazione con il sistema Somma-Vesuvio ed il Golfo5 .
I terreni discretamente impermeabili6 hanno trattenuta molta di quest’acqua senza riversarla nello sbocco predefinito del Sebeto e del fiume Volla, ed oggi in gran parte, quell'antica zona è occupata dalle case popolari del rione Vittorio Emanuele III ed il rione Luzzatti, ed il rione Cesare Battisti a via Stadera, zona Poggioreale, e quasi tutto il Centro Direzionale.

Ed infine, la sua morfologia, avvallata verso il centro, declinata con dolcezza verso la direttrice di penetrazione della costa, elevata di pochi metri dal livello della acque del Golfo, specie nelle zone più depresse, ha dato luogo per i tempi di insediamento greco e romano ad una barriera insuperabile da parte degli stranieri dell’entroterra vesuviano, che di solito, da questo lato abitualmente assediavano il centro città.


L'orografia dei luoghi antichi delle paludi.

Tuttavia, le paludi, nonostantre rappresentassero un efficace confine invalicabile per gli stranieri rappresentò anche non una possibilità di espansione del tessuto urbano di quest’ultimo.

  • E con ciò configurando una situazione di confine precisata dalle lave. Infatti, una situazione del genere si è replicata per le aree vicine al perimetro murato di San Carlo all’Arena ed il Borgo dei Vergini, del Mercato e Vicaria-San Lorenzo, ed il Borgo Sant’Antonio Abate, tutta quanta l’Arenaccia, e la zona insediata dal palazzo del Guasto, appena un lembo di terra tratto dalla Porta del Carmine ed il Borgo Loreto. Fino alla metà dell’Ottocento le paludi napoletane hanno determinato un risultato estremamente condizionante per l’espansione urbana della città e dell’edilizia extramuraria, bloccata nei confini da se stessa stabiliti sui pendii di buona fondazione. La chiarezza del discorso sta tutta nel confronto da sempre impossibile di due distinti territori, al di qua e al di là dei piccoli borghi agganciati al perimetro del centro antico, in una soluzione visiva di due diversi mondi che seppure appartenenti comunque si contraddicono. Infatti, il paesaggio urbano è stato da sempre contestualizzato da un rarefatto tessuto edilizio interrotto dal sistema di giardini ed orti5, una realtà territoriale, questa, piuttosto agraria, che, invece, apparterrebbe all’aggregato suburbano oltre le mura di fondazione greca, romana ed infine vicereale. Il Celano parlando del mare di Napoli, ricorda che questo s’infrangeva anticamente ben più dentro i limiti che oggi si conoscono; parla delle "Grotte Platamoniche" a Cortebagno, la zona oggi del Chiatamone e parla anche di Santa Lucia Soprammuro e della chiesa dell’Annunciata, l’attuale zona di Santa Lucia a Mare e l'antica badia di Santa Maria a Cappella Vecchia. Ma ricorda pure i flutti arrivati a sferzare addirittura la costa del colle di Capodichino, Poggioreale.

Il patrimonio immobiliare napoletano fondato sulle paludi.

Questa zona di costa frastagliata venne sedimentata via a via da banchi di sabbia e su di esse per secoli le colmate di lave torrentizie e materiale vulcanico eruttato fino ad ottenersi una vasta landa sparsa di stagni e pantani.

  • Il confine di questa condizione geomorfologica è segnato fin sotto la collinetta del Monterone, laddove oggi sorge urbanizzata tutta Mezzocannone, la chiesa del Gesù Vecchio, l’isola delle Università e San Pietro Martire. Dall’altro lato analoga situazione per la zona detta del Vasto, fuori Porta Capuana e da lì passando per Poggioreale si proseguiva in questa maniera, attraverso le forme primitive delle attuali via Angelo Camillo De Meis e Via Argine fino all’attuale Ponticelli. Questo tipo di formazione territoriale non va escluso ha dato opportunità subito nell’ XI secolo e per tutto il periodo di regno angioino la sua definitiva sistemazione a palude, e cioè, lo sfruttamento di questa particolare condizione per la coltivazione del lino e della canapa7. E quindi per questo tipo di funzione si avranno conche col nome di Pascone, Pasconcello, Capece, non del tutto spariti, quanto in parte spostati, presso la conca di Agnano all’epoca occupata dal lago ed in parte assorbiti dal centro urbano di Napoli, e, verso la metà del Quattrocento, dal governo aragonese venne completamente trasformato, sia in termini funzionali che ambientali. Le paludi più prossime al centro città, quindi, vennero bonificate dagli aragonesi nel senso di prosciugate per effetto dell’incanalamento delle acque di superficie ed i terreni emersi dati agli agricoltori più poveri8.

La prima azione di bonifica delle paludi napoletane.

I lavori di bonifica, va ricordato, però, si limitarono ai territori ad est della collinetta di Poggioreale ed in direzione del Campo di Marte.

  • Lasciando alla perniciosa conseguenza della acque stagnanti tutto ciò che dal limite anzidetto proseguiva in direzione del Borgo di Loreto, segnando come artificiale ciò che la natura ebbe già provveduto a scavare come naturale e cioè un enorme fossato che dai Ponti Rossi si riusciva a convogliare la massa d’acqua pluviale versata a mare. Tutto ciò è ben visibile già nella pianta di Alessandro Baratta del 1629 che segna al di là di un pugno di case, un rettilineo scavato a mo’ di fossato, pian pianino sempre colmo di materiale torrentizio, la cosiddetta via dell’Arenaccia, accentuata come un limite fisico posto tra la zona ancora paludosa ed il centro città, attraversato da ponti, uno di questi il cosiddetto Ponte del Palazzo dei Casanova. Tra l’altro, va anche ricordato lo sfruttamento del corso d’acqua pluviale incanalato nello stradone fossato come forza naturale per far funzionare i mulini, dei quali sulla pianta del Baratta se ne vedono di quelli costruiti in sostituzione delle Tre Torri Mulino di proprietà pubblica situati oltre il ponte della Maddalena. Tutta quanta la cartografia storica ha ritratto queste zone caricando i dipinti della suggestione dei luoghi con l’elemento acqua in primo piano, pregnante di significato storico oltre che contestuale, emergendo un risultato simile al territorio afflitto dalle acque alluvionali di secolare persistenza e da acqua che ha dato significato e senso all’attività molitoria in ambiente di periferia fino a tutta la metà dell’Ottocento.

L'ambiente agreste e antico delle paludi e delle acque torrentizie.

L’acqua bruna venuta giù dalle colline ha trascinato prima a valle e poi a mare il lavoro dell’uomo, legandolo a tempi e sostanze della vita marinara.

  • Ancora l’elemento acqua ha definito la struttura del terreno conformata ad aspetto superficiale sinuoso, interrotto laddove se ne riconosceranno le fonti, da acque sorgive e ponticelli in muratura; l’acqua ha solcato il terreno ora duro, ora argilloso e frammisto a materiale di più antica specie. In parte è scorsa libera per le campagne affiancando le esuberanti costruzioni umane sul territorio agreste-marinaro che oggi non esiste più, ed in parte ha scavato cunicoli, s’è insinuata per giaciture sotterranee preesistenti, ha raggiunto antichissime bolle e spechi profondi ed in più punti anche il sottosuolo cavo del centro antico. L’acqua, quindi, come segno di un passato remoto, unico per tutti e due i mondi connessi tra loro e dall’acqua tenuti divisi. A prosciugare le paludi napoletane schermate dalla mole del gran cono vesuviano, sono stati molteplici fattori, che in concorso tra loro, hanno di fatto modificato le condizioni: il lento lavoro degli ortolani, le torbide trasportate dai torrenti e le ceneri eruttate dal vulcano ed infine e non poco, anche tutto il materiale di risulta venuto fuori dalla costruzione in muratura della vicina capitale.


Spazio note

(1) Elementi primari ed originari della zona orientale di Napoli. B/ Invenzione di un paesaggio Lidia Savarese in: Un’alternativa urbana per Napoli. L’area orientale Analisi del Territorio e architettura collana diretta da Giancarlo Alisio Edizioni scientifiche italiane giugno 1983 Portici BNN SEZ NAP VII B 502
(1bis) La zona delle paludi napoletane, è stata vista una prima volta sulla carta catastale di Ambrogio Leone, nell’Ager Nolanus da De Nola Patria del 1514, data alle stampe veneziane nel 1525, ed infine una copia non originale del 1735, descrive chiaramente il territorio del casale di Ponticelli nei pressi dell’antico fiume Sebeto, da cui traeva vita e sostentamento un intero popolo. Così trovato scritto nelle didascalie delle tavole del testo di Antonio Bove, Il Centro Storico di Ponticelli ed il suo Territorio, Comune di Napoli, consiglio circoscrizionale di Ponticelli, Gruppo Culturale C. Molinari, Casa del Popolo di Ponticelli. Nota introduttiva del professor Raffaele Mormone presidente dell’Associazione Beni Culturali. 1055385 BNN distribuzione MISC. B/b A800/6 a pagina 47
(2) E' stata segnalata la presenza sul posto di specie vegetali del tipo rare e rarissime. In arrivo dalla famiglia delle Urtiaceae l'Urtica dioica L. - H scap - Subcosmop. - Ai margini di uno sterrato, in incolti e ai bordi della strada - R Segnalaz. preced.: comunissima ne’ luoghi coltivati e lungo le strade di campagna (Ten., 1811-1838; 1823a); in ruderatis frequens (Ten., 1831); in paludosis prope Neapolim (Guss., 1854, sub U. dioica Lin. var. d palustris); comunemente presso le abitazioni degli uomini (Pasq., 1892); Parco di Capodimonte (VLV. et al., 1996).(Ten., 1831, sub A. trichomanes var. B foliis incisis Tourn.); da per tutto dove son luoghi rocciosi e macerie (Pasq., 1892); Parco di Capodimonte (VLV. et al., 1996). (Ten., 1823a, sub Grammitis leptophylla Swartz.) “Sylloge plantarum vascularium Florae Napolitanae” (1831) e delle relative appendici (“Ad Florae Neapolitanae plantarum vascularium Syllogem Appendix tertia” (1833a); “Ad Florae Neapolitanae Syllogem, Appendix quarta” (1835); “Ad Florae Neapolitanae Syllogem Appendix quinta” Liberamente estratto da: La flora di Napoli: i quartieri della città ANTONINO DE NATALE, VINCENZO LA VALVA Dipartimento di Biologia Vegetale Università degli Studi di Napoli “Federico II” via Foria, 223 – 80139 Napoli. Dipartimento di Scienze Ambientali. Seconda Università degli Studi di Napoli via Arena, 22 – Centro Direzionale S. Benedetto, I – 81100 Caserta Lavoro eseguito con i fondi MURST 60%, 1996. Contributi: Renato Agostini del 1959, della “Seconda aggiunta alla Flora dei Campi Flegrei” di Nicola Terracciano (1921) e del contributo “Contribution aux études des biocenoses subtidales” di Helena Gamulin-Brida, Giuseppe Giaccone e Stjepko Golubic´ (1967)
(3) *Relazione intorno al modo di condurre a perfezione e mantenere il bonificamento delle paludi di Napoli...- Napoli : stamp. del Fibreno, 1847. - 27 cm., 48 p. Codice SBN LIAN024852 Primo Autore Mainzi, Antonio Luogo pubblicazione Napoli Anno pubblicazione 1847
(4) L’architettura di transizione nel progetto riformatore napoletano di massa meridionale del ‘700 in La *scena territoriale : mensile di architettura, teatro e artigianato. - A. 1, n. 1/2 (ott./nov. 1978)- . - Napoli : Pica, 1978- . - v. : ill. ; 35 cm. Codice SBN CFI0312575 Soggettario Firenze ARTIGIANATO - I - Periodici Architettura - I - Periodici Teatro - I - Periodici Luogo pubblicazione Napoli Editori Pica Anno pubblicazione 1978
(5) Relazione scritta il 4 giugno del 1902 da Nicolangelo Proto Pisani, in nome e per conto dell'allora sindaco di San Giovanni a Teduccio il Cavalier Vincenzo Stazio ed il dottor Domenico Autiero presidente della Commissione Censuaria.
(6) C. Ohlsen Gli Orti presso Napoli, Milano 1890
(7) Riflessioni sulla topografia della città di Napoli nel Medio Evo / per Giuseppe Maria Fusco. - Napoli : Stamperia della R. Università, 1865. - [4!, 86 p. ; 27 cm. ((Estr. da: Rend. dell'Accademia di Archeologia, Letteratura e Belle Arti, 1864. Codice SBN SBL0397927
(8) Già alla riforma urbana avviata da Don Pedro de Toledo non restò più nulla della bonifica attuata dal governo degli aragonesi; il 22 settembre del 1544 il Marchese Caracciolo di Vico tornò nuovamente ad una bonifica dei luoghi per effetto del decreto vicereale tra l’altro riportato alle cronache da Franco Strazzullo in Edilizia a Napoli tra il ‘500 ed il ‘700 - [Napoli] : A. Berisio, stampa 1968. - 271 p., 18 c. di tav. ; 25 cm. Codice SBN NAP0091570 BNI