Chiostro Maiolicato di Santa Chiara Napoli

Esempio di decorazione ceramica en plain air, è un unico insieme di maioliche ottenute con materiale delle fabbriche di Manises3, le medesime usate per le logge ed i giardini pensili e le Sale del Maschio Agnioino a piazza Municipo in tarda età aragonese4 oltre agli esempi che ancora si conservano in Donnaregina Nuova.
Si tratta di un complesso edile costruito separato dal monastero delle Clarisse che lo ospita, nell'area cosiddetta del ”Pomario” e cioè tra le case e le mura della città un tempo compresa entro il perimetro di Porta Reale5. Dal braccio ad ovest è stato realizzato l'ingresso al Museo dell'Opera di Santa Chiara.
E' fornito di una immensa terrazza corrente tutto quanto il muro parapetto detta anche Terzo cielo per esser grande e suggestivo belvedere iniziato come maiolicato nel 1739 grazie all'opera del pittore e scultore napoletano Domenico Antonio Vaccaro sotto il badessato di Donna Ippolita Carmignano e liberamente aperto alle pubbliche visite solo a partire dal 1924 sugli esiti dei restauri operati sui disegni del Risanamento napoletano classe 1875.
Prova descrittiva del chiostro maiolicato di Santa Chiara.
E' di forma ogivale, ed è tracciato in quattro viali a croce, con un andamento rettilineo
molto richiesto dalle visuali prospettiche senza una vera e propria corrispondenza assiale rispetto alle arcate ogivali dei portici entro i quali il chiostro si forma.
- Il chiostro è interrato un piano sotto rispetto ai portici ed un parapetto decorato di 64 scene di paese con le quali si è inteso segnare il dislivello del parterre e dei portici ove al di sopra delle volte ogivali prende forma la grande ed ininterrotta terrazza che dà accesso ai grandi vani dormitorio, suddivisi in duplice fila di celle. A determinare l'esatta attuale dimensione dei quattro quadri che compongono essenzialmente tutto quanto il chiostro di Santa Chiara distinto dal giardino e dall'orto e dall'agrumeto, sono gli adornamenti vari e le fontane intelaiate dall'elemento comune di una bordatura composta di piperno massificato o pietra Dolce di Sorrento che cinge il terreno in sinuose curve concave e convesse. Il Chiostro maiolicato, spoglio delle piastrelle, venne eseguito inizialmente in ridipinture e restauri vari nel triennio dal 1733-1736 poi portato a celebrazione dall'evento della Santa visita del Cardinal Acquaviva, individuato nella centralità che gli è stato accordato tra l'identità urbana del tessuto edilizio civile cresciuto tutto intorno e la religione civica6 che lo ripropone rivestito delle maioliche lavorate sulle materie grezze delle fabbriche regio meridionali della Penisola7. Braccio nord appena interrotto dal Coro delle Monache è lungo 63 metri quello ad est ne conta 90 in direzione della Basilica ad ovest scarsi si raggiungono i 95 metri di lunghezza e quasi 100 per il Braccio a sud in direzione del Borgo a Cerriglio e della chiesa di Santa Maria in Donnalbina ove trovano fondamento le origini di tutto quanto il complesso monastico. E in tutti i dormitori tra l'altro lo spazio non è uguale e quindi si ottengono risultati diversi anche trai due muri esterni che contano: l'uno ad est una larghezza di non oltre i 9 metri, a sud si raggiungono abbondantemente i 10 metri, ad ovest gli 1 e a nord i 12 metri con regolarità. Anche i pilastri maiolicati, con scuri capitelli di pietra chiamati e 'cimmase, atti a sorreggere effettivamente l'incastro delle pergole, unica parte non maiolicata dei pilastri, son 64 a sezione ottagona senza doversi uniformare al carattere dei pilastri di natura gotica che per evidenti ragioni di funzionalità anche estetica il gusto barocco non l'ha mai permessa. Ogni singola mattonella colorata è lavorata "...come fosse unica sola preoccupazione" data la conformazione delle colonne su cui si è andati ad agire. Le colonne, infatti avendo mantenute un carattere essenzialmente primitivo di forma, dunque quadrata, impongono un'esecuzione particolarmente difficile della collocazione in asse della mattonella smaltata, che evidente hanno non poco sofferto per trovar abile svolgimento sul piedistallo, la cui altezza è per organica ricorrenza pari a quella dei sedili, che si alternano ai pilastri ad uso di Canapè. A pervadere tutta quanta l'opera del chiostro di quella organica unità formale il senso di movimento dato dalla forma dei disegni composti dalle mattonelle ritraenti motivi floreali ascendenti dalla base delle facce dei pilastri inclinate in direzione opposta alla spirale.
Spazio note
(1) [I versi in epigrafe; ripresi dall'archivio De Rinaldis Napoli : G. Giannini, stampa 1920. : Buonocore in Santa Chiara, rivista “La Cultura”, Napoli 1935 Collezione Italiana pag.8. Estratto in larga parte da: Memorie storiche della provincia riformata romana / per il p. Benedetto Spila da Subiaco Memorie storiche della provincia riformata romana 1. - Roma : Tip. Artigianelli di S. Giuseppe, 1890. - XVI, 662 p., [24] c. di tav. : ill. ; 25 cm ed ancora: Santa Chiara : il convento delle clarisse, il convento dei Minori, la chiesa / Aldo De Rinaldis. - Napoli : G. Giannini, stampa 1920. - 250 p., [36] p. di tav. : ill. ; 22 cm.(2) [Delle cui produzioni vascolari e pavimentali hanno dato ampio riferimento i rendiconti badessali del triennio 1739-1742, e più in particolare a Donato per i lavori delle “riggiole” e dei mattoni nel giardino con colonnati e pozzi, mentre al Giuseppe spettarono le quietanze per le ornature e gli smalti delle 64 colonne e dei 60 sedili e loro spalliere. G. Donatone La maiolica Napoletana del '700 Napoli, 23-36; connessione di migliaia di piccoli pezzi secondo un disegno ordinatore ed una complessa preparazione di incantevole esuberanza policroma in un programma figurativo esteso su tutta la vasta superficie degli immobili presenti in giardino, ove per la prima volta nelle realizzazioni di spazi maiolicati a Napoli è assente la ripetizione di motivi artigianali di tipo tradizionale, piuttosto viva interpretazione tradotta nello smalto a fuoco da un modello pensato da architetti e pittori messi insieme nella costruzione della più vasta ed organica composizione di maiolica che esiste al mondo.]
(3) [R. Middione, Importazioni di azulejos valenzani dalla Spagna, in “Faenza”, 3 1979]
(4) [G. Donatone, Pavimenti in “Maiolica napoletana de Rinascimento”]
(5) [Di Montemayor Giulio, in Napoli Nobilissima vol. IV 1898 p.66;][Immensa costruzione di pianta quadrata tutt'attorno ad un frutteto, una tra le più belle certose d'Europa; per questo particolare vedasi pure: Berteaux Emile, S. Chiara de Naples: l'Eglise et le monastere des religeuses in Melanges de l'Ecole de Rome XVIII, 1898 pagg. 187188]
(6) [Spazi monastici, tecniche e impresa nella Napoli barocca di Elisa Novi Chavarri vedi il formato pdf
(7) [Archivio di San Nicola di Bari e pubblicata la notizia per la prima volta da E. Beratux in L'Orient musulman dans l'Italie méridionale (Melanges del'ecole française de Rome, Roma 1898] [Embrici smaltati di produzione arabo-napoletane che ricoprono la calotta esterna della cupola della chiesa del Monacone al Rione Sanità di Napoli, la cupola della chiesa di San Pietro Martire al Rettifilo, quella dei Santi Apostoli in Santa Sofia, campanile e cupola della chiesa di Santa Maria in Portosalvo alla Marina, il campanile della chiesa del Carmine Maggiore di Napoli il cui colore del bulbo terminale è l'accento massimo della policromia ottenuta dal grigio piperno, il rosso del mattone ed il bianco del marmo. Si dice molto probabilmente anche la primitiva cupola della chiesa del Gesù Nuovo dovette esser stata ricoperta di embrici maiolicati, oltre alla cupola a sesto ellittico spuntata giallo e nero dall'emiciclo vanvitelliano del Convitto Nazionale a Piazza Dante e la cupola susperstite della chiesa di San Marcellino barbaramente restaurata alla fine degli anni 90 del '900, oltre alla cupoletta della chiesa di San Domenico Maggiore un tempo rivestita di squame gialle ed azzurrine. Senza dimenticare i pavimenti altrettanto maiolicati della chiesa di Santa Maria Egiziaca di Pizzofalcone ai Quartieri Spagnoli, la chiesa dell'Immacolata Concezione a Montecalvario. *Roberto Pane Misc. Busta B Fondo Doria B 1364/5 Sala Consultazioni delle Arti, pag.12 e 21] [Numerosi esemplari di Pesaro, Bologna, Pisa, Atri e della provincia di Teramo sono ricordati da Luigi Mosca nel volume Napoili e l'arte ceramica dal XIII al XX secolo, Napoli, 1908 pagg. 19-20 ove si legge con chiarezza che: Il Dulliver studiò seriamente le piastrelle medesime del chiostro non trovandole affatto simili a quelle ispanico-moresche; la loro creta è assai più grossolana, il carattere poverissimo nell'ornatura, la patina piombifera e non affatto stannifera come si dovrebbe per materiale esposto all'incidenza degli elementi e che in definitiva non si tratterebbe di un prodotto di materiale maiorchino come vorrebbero far credere.
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