Sepolcro di re Ladislao a Napoli

E' il monumento funebre di re Ladislao d'Angiò Durazzo, mastodontico organismo architettonico alto 14 metri, articolato in tre ordini diversi, sviluppato verticalmente ed orizzontalmente a guisa di un enorme polittico dalle ali aperte addossato alle tre pareti dell'abside piatto a pianta quadrata della chiesa di San Giovanni a Carbonara di Napoli1bis.

Dalle cariatidi si accede alla monumentale Cappella della Natività di Maria Vergine pur detta Cappella Caracciolo della dinastia del ”Sole” destinata da sempre ad accogliere il Sepolcro di Sergianni Caracciolo.

Posto nella fase storica della scultura napoletana che segue la cultura figurativa del Baboccio, il sepolcro è opera coeva alla realizzazione del monumento funebre a Ludovico Aldomoresco, amico e consigliere di re Ladislao.

Il sepolcro di quest'ultimo oggi si trova nella Cappella San Giuseppe, la prima del sistema delle cappelle di San Lorenzo Maggiore, Via Dei Tribunali, e di un altro sepolcro dedicato ad Antonio Carafa, opera di Jacopo della Pila nella chiesa napoletana di San Domenico Maggiore a Spaccanapoli ed il successivo monumento Brancaccio scolpito da Michelozzo e Donatello a Pisa poi assemblato a Napoli.


Descrizione massima del sepolcro di re Ladislao.

Risulta esser lavorato a più mani, iniziato dopo la la morte del sovrano avvenuta nel 1414.

  • Fu commissionata dalla sorella, Giovanna, la Seconda regina di Napoli, figura di primissimo piano nella costruzione del mausoleo medesimo, al quale con tale ”manovra” volle render onore al fratello defunto e a tutta la stirpe durazzesca di ramo angioina. Il sepolcro così ottenuto, di fatto a tutt'oggi, risulta essere l'opera più significativa del repertorio sulle sculture del Quattrocento napoletano. Va riconosciuta2 la mano di Andrea Guardi, sulla base della notizia pervenuta dall'epigrafe tombale del vescovo agostiniano Simone Vigilanti in San Francesco delle Scale ad Ancona, stesso autore della mirabile organizzazione degli stili toscaneggianti sul mausoleo, eretto in onore di Ruggiero Sanseverino presso l'attigua Cappella di Santa Monica3.

Il primo ordine architettonico del sepolcro di re Ladislao.

Disposte ai lati del passaggio architravato le stupende cariatidi abbigliate come dee vestali in atteggiamenti meditativi alleggeriti quasi come fanciulle liberate dal peso greve del corpo della struttura portante.
Son state disposte secondo uno schema teologale rappresentativo delle Quattro virt
ù: 

  • Temperanza,
  • Fortezza,
  • Prudenza, 
  • Magnificenza. 

Le cariatidi poggiano su un basamento marmoreo di ottima fattura. 

Il secondo ordine architettonico del sepolcro.

Vi è un secondo ordine su cui è stata prodotta un'edicola marmorea ove si apre un arco a tutto sesto, al fianco del quale si allineano due altri archi trilobi che fingono una specie di loggia porticata, cui al centro, quindi, appaiono in tutta magnificenza le loro maestà:

  • re Ladislao d'Angiò Durazzo e Giovanna II sua sorella con paludamenti regali sul trono sedile a protomi leonine.

Ai loro fianchi altre quattro virtù:

  • la Speranza, 
  • la Giustizia dal lato del re,
  • la Carità,
  • la Fede da lato della regina.

Di lì a seguire una serie di altre edicole rette da paffuti pargoletti telamoni che si susseguono dal basso verso l'alto, mentre alla base ed al centro troviamo le statue di San Pietro e Paolo Apostolo, i Santi Andrea e Bartolomeo. 

  • A sinistra in basso il profeta Daniele con in mano il libro ed in alto il San Michele; a destra in basso ancora un altro profeta identificabile forse in Geremia ed in alto San Martino di Tour. Decorato da due piume, il cimiero di Luigi d'Ungheria, riconoscibile nello scudo reale sormontato dalla bellissima testa di struzzo che afferra col becco un ferro di cavallo, è inciso nelle ampie slanciate ghimberghe gotiche del secondo ordine.  Gli angoli invece che vanno a sganciare i moduli laterali sono sormontati a sinistra dalla figura di Sant'Antonio Abate con attributi del bastone a Tau e del Libro, mentre a destra per la giustapposizione posticcia di un capo femminile, non è identificabile quella che appare evidente esser la figura di un monaco con abbigliamento all'antica. Si presentano invece con medesimo profilo trilobo le edicole che si aprono laterali sotto i cui archi recano le figure in affresco del San Giovanni il Battista col cartiglio aperto recante la dicitura Ecce Agnus Dei ed il ”Sant'Agostino da Ippona” che in origine portava la firma dell'artista Leonardo da Besozzo.  Altrimenti il cimiero di Carlo III di Durazzo riconoscibile dalla testa d'elefante che sormonta uno scudo è inscritto nelle ghimberghe che concludono le ali del mausoleo.

Il terzo ordine architettonico.

Più complesso risulta essere tutto quanto l'impianto scenografico che caratterizza il terzo ordine del mausoleo, interamente costruito sui motivi delle sacre regalità.

  • E' vero infatti che un arco ogivale polilobato custodisce le spoglie del re, mentre due angeli tineschi reggicortina aprono sul gisant che si presenta, muto consegnato al suo sonno immobile, vestito con abiti regali decorato con motivi a gigli, nelle mani il globo e lo scettro, ovviamente assai lontani dallo scevro meccanismo decorativo del mausoleo dedicato a re Roberto, il Saggio al monastero di Santa Chiara. Una figura di vescovo ritratto mentre benedice affiancato da due diaconi sovrasta la composizione marmorea del feretro di re Ladislao; si tratta di San Ludovico vescovo di Tolosa, che indossa, come di stile nelle composizioni tardogotiche, paramenti episcopali sul saio Francescano, stesso identico personaggio ritratto nei colpi di scalpello della mano di Tino da Camaino al mausoleo funebre di Maria d'Ungheria oggi nella chiesa Santa Maria Donnaregina Vecchia, sottolineando a tal proposito l'importanza del Santo nei programmi illustrativi sepolcrali in genere sempre tradotto nei sistemi agiografici di un certo potere; intuito e fatto proprio da Alfonso d'Aragona che nel 1423 intese, chiese ed ottenne di distendersi sulla tomba del Santo a Marsiglia4.

La simbologia espressa sul manufatto ed una breve su re Ladislao.

Ma a coronare il mausoleo posto in alto almeno quindici metri da terra, vertiginoso svetta re Ladislao in groppa ad un cavallo bardato da parata con abbondanti tracce di coloritura sul manto che ancora insiste di antico azzurro.
 
  • Il re brandisce poderosa arma da taglio nell'evidenza dell'audacia che lo aveva affermato tra le grandi signorie del tempo. Re Ladislao  è nato da Carlo e Margherita di Durazzo; è stato re di Napoli col titolo di re di Gerusalemme dal 1386 al 1414, attuando una politica estensiva e per esigenze di regno anche offensiva dei diritti reali; fu tra le personalità più in vista nello scenario politico napoletano anticipando la corte della regina Giovanna II, sua sorella, asceso al trono già per un esito risicato da una storia di per se stessa travagliata come lo fu tutto il periodo che lo vide protagonista nella conquista magnifica e terribile di tutta quanta l'Italia centrale; in lui si sono espresse per gli esiti delle sue attuazioni le qualità dell'uomo d'arme mentre sul fronte settentrionale Jacopo Attendolo altrimenti detto Giacomuzzo capostipite degli Sforza, col perugino Andrea Fortebraccio detto pure Braccio da Montone, gran rettore di Roma e principe di Capua sovrintendente della scuderia del sovrano e Paolo Orsini, con le loro ricordate imprese fecero invece splendere la forza del valore individuale. La spada sguainata come elemento decorativo presente sulla scena sepolcrale quindi è segno delle sue provvedute vittorie, motivo celebrativo esaltante le virtù militari del Sovrano condottiero; tra l'altro l'uso frequente che se ne è fatto di adoperare il cavallo come misura di decorazione porta ai tratti distintivi delle signorie padane come è visibile ad esempio nel modello equestre di Bernabò Visconti di Bonino da Campione e fino anche ai monumenti funebri scaligeri. Il manufatto si presenta secondo l'esigenza del rispetto delle tradizioni come il risultato finale di uno schema decorativo già visto in altre simili produzioni sul vasto territorio di dominazione Angioina; oltre il quale, però, si è voluto dar senso al nuovo indugiando piuttosto nell'estrosità tardogotiche lombarde come lo possono esser sicuramente tutte quelle edicole che soffocano la bellezza del complessivo disegno architettonico ed anche i pinnacoli quasi delle guglie, le foglie d'acanto salienti che sfrangiano le misure armoniche in un'esuberanza ornamentale contenuta diciamo a fatica dallo spazio gotico che l'assorbe restando armonioso come lo è di fatto tutto l'edificio religioso.


Spazio note

(1) Per i versi in epigrafe sono di A. Chastel La pala d'altare nel Rinascimento, Milano, 1993, alle pagg. 32-33)
(1bis) Estratto dal materiale di La cappella Caracciolo del Sole a San Giovanni a Carbonara di Anna Delle Foglie ; presentazione di P. Robert F. Prevost ; saggio introduttivo di Gennaro Toscano. - Roma : centro Culturale Agostiniano ; Milano : Jaka Book, 2011. - XXIV, 166 p., [48] carte di tav. ; 24 cm. (2) (Esiste del materiale documentario ripreso da Francesco Abbate sui ritrovamenti di Roberto Paolo Ciardi, tutta roba relativa ai pagamenti effettuati allo scultore pisano Giovanni Gigante, e di alcuni rimaneggiamenti effettuati dai giovanissimi Francesco e Leonardo Riccomanni, Leonardo di Vitale Pardini e Tommaso Di Matteo. F. Abbate Il monumento a re Ladislao di Durazzo, in Le vie del marmo. Aspetti della produzione e della diffusione dei manufatti marmorei tra Quattrocento e Cinquecento Centro Culturale L. Russo a Piterasanta il 3 ottobre del 1992, Firenza 1994 pagg. 17 22)
(3) (Documento dell'Archivio di Stato di Lucca, Notarile 495, cc 115v-116r che riporta il testo del contratto da cui son state estratte le notizie medesime; R. Paolo Ciardi, ”Ars marmoris”. Aspetti dell'organizzazione del lavoro nella Toscana occidentale durante il Quattrocento in Niveo de Marmore, L'uso del marmo in Carrara dall'XI al XV secolo catalogo della mostra , La Cittadella Sarzana 1 marzo 3 maggio 1992 a cura di E. Castelnuovo, Genova 1992 all epagg. 341-347)
[4] (Serena Romano Alfonso d'Aragona e Napoli, in Napoli è tutto il mondo. Neapolitan art and culture from humanism to the enlightenment, International conference, Rome June 19-21 2003 a cura di L. Pistilli, I. D Rowland e S, Scùltze, Pisa, Roma 2008, pag.42)