Chiesa di San Giovanni al Mare di Napoli

E' una delle chiese sconsacrate del Centro Storico UNESCO di Napoli1, Pendino e Mercato

Già sede della Confraternita di Laici dedicata a Santa Barbara, costituita su iniziativa degli Artiglieri della Real Marina Napoletana, poi trasferiti alla Pietà dei Remolari, collocata nell'immobile dedicato poi a Santa Barbara dei Cannonieri, antico bacino del Mandracchio1bis, oggi più semplicemente, Rua Catalana.


Antichissima fondazione gerosolimitana, questa chiesa è un'importante testimonianza certa dell'opera giovannita in Campania, la quale è detto trae origini dalle architetture leggere delle chiese cassinesi, essa si trova intermedia tra due fondi separati lato sud con le chiese antiche del Carmine Maggiore al Campo Moricino, la chiesa di Sant'Eligio Maggiore che introduce al Borgo degli Orefici.
Sorta sul baliaggio napoletano a destinazione ospedaliera di proprietà esclusiva del priorato di Capua, come ricordato da Carlo de Lellis per la prima volta in un documento del 1186 ed ancora col regio decreto di Federico II del 1231 che confermava suolo, commenda e struttura ospedaliera ai Giovanniti senza smentire Guglielmo II che l'ebbe già in uso almeno un quarto di secolo prima. Le carte angioine la indicano come residenza pleno funzionale con un mucchio di edifici che le crebbero intorno2.


Unite alla costruzione originaria le cinque cappelle a pianta irregolare, tre dal lato del Vangelo.

Si presenta come il prodotto finale di una interminabile opera di strutturazione continua, nuovo addosso al vecchio.

  • Onde dover considerare il nucleo più antico a pianta basilicale, tipico delle residenze dei Cavalieri di Malta, a tre navate su sei colonne di spoglio che non vanno al di là del XII secolo, assai simile alla planimetria della chiesa di San Giovanni a Mare di Salerno e della più antica chiesa priorale di Capua. Fatta la differenza delle volte a sezioni ogivali di questa chiesa dalla compatta stereometria, essa non ha più nulla da spartire con le altre chiese d'architettura cassinese con la quale condivide pochissimi dettagli e la quale architettura Benedettina di quei secoli, va ricordato, ha contestualizzato più settori della Campania normanna e la Terra di Lavoro come l'abbazia di Sant'Angelo in Formis e le Cattedrali di Caserta zona vecchia, Salerno sul Mare e Sessa Aurunca. Fonti epigrafi del 1383 parlano di un restauro profondo dell'intero impianto attuato dal priore Domenico Alemagna, al ricordo del quale vien fuori la notizia che all'aula originaria venne aggiunta nel corso dei secoli successivi una nuova cellula coperta dalla volta poggiante sui pilastri, col tempo poi trasformato nell'attuale presbiterio, mentre un'altro modulo venne aggiunto all'impianto verso il XIII secolo con le volte a sesto acuto più in quota rispetto alla vecchia fabbrica. Unite alla costruzione originaria le cinque cappelle a pianta irregolare, tre dal lato del Vangelo e due al lato dell'Epistola solo nel XV secolo e per niente allineate con al campata della chiesa.

I Cavalieri venivano in origine seppelliti in fosse comuni di appartenenza alla commenda.

Le diverse dimensioni degli invasi lasciano pensare ad una collocazione in sequenza di più tempi relativamente lunghi tra loro.

  • I differenti tipi di archi che le incorniciano, invece raccontano di momenti diversi della costruzione della chiesa primitiva in conseguenza di una disordinata urbanizzazione dei contesti entro i quali sorgeva la struttura. A Giovan Battista Carafa si attribuiscono gli atti e le commissioni per la costruzione del campanile attorno alla crociera nel 1450 mentre la Casa professa dell'Ordine venne rifatta e ampliata dal priore Giorgio Adorno durante gli anni del suo mandato in città come Priore. Nel presbiterio vennero poi aggiunte altre due cappelle dette di testata; quella di destra, sacra a Santa Maria Avvocata è la più significativa perchè finì per occupare tutto il lato maggiore della chiesa cinquecentesca e perchè ancora si osservano resti di epoche passate come il portale in piperno grigio vesuviano che dall'antica abside della chiesa dava direttamente accesso ad ambienti riservati al gruppo gerosolimitano. Era d'suo comune nelle chiese gerosolimitane del meridione d'Italia la speciale fissazione di decorare solo le epigrafi tombali dalle quali a sufficienza ci son pervenute notizie certe e non presunte ad esempio che soltanto i priori o i balì trovarono riposo nelle nicchie al di là delle lapidi conservate nel perimetro sacro delle chiese, mentre i cavalieri venivano in origine seppelliti in fosse comuni di appartenenza alla commenda con appena per ricordo una piccolissima lastra di marmo. 

Vestigia di antiche forme pagane, fortemente inquinate da superstizioni culturali postume all'anno Mille.

Le pitture giunsero solo col passar del tempo, si trattò per lo più di semplici ritratti affrescati alle pareti, per mano ad artisti mediocri, forse neppur pagati, dunque di più scarsa qualità. 

  • Col tempo poi, si ottennero lavori più degni d'attenzione come le chiese in esclusiva al Sovrano Ordine Militare Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme a Napoli, Sorrento, Montesarchio, Teano e la celeberrima chiesa di Pontecorvo nei pressi di Cassino ove ancora si conserva un intero ciclo di questi affreschi3. Si spenderanno enormi somme per la cura degli altari mai registrata prima delle date che partono dal 1641, rifatti all'ultima moda ed incastrati di diversi marmi commessi, come in questa chiesa di cui lo splendido altare ancor tutt'oggi s'ammirano gli abbellimenti e gli impreziosimenti attuati nel 1739 durante il priorato di fra Michele Reggio. Ma non solo: ogni anno a partire dal 1690 i priori della medesima chiesa napoletana, investirono soldi e risorse umane per la realizzazione di grandiosi apparati decorativi per gli anniversari della festa di San Giovanni, che si designava sulle vestigia di antiche forme pagane, fortemente inquinate da superstizioni culturali postume all'anno Mille e le celebrazioni, tra le luminarie, i fuochi, canti, baldorie e baccani venivano eseguite la notte prima con gran strascico di cavalieri in processione dalla chiesa di San Giovanni a Mare sulle reliquie del Sangue del Santo in custodia a San Gregorio Armeno4. Con l'accresciuta potenza politica del Sacro Ordine di Malta giunsero committenze di lavori che resteranno già celebri, ove nelle cone delle chiese comincerà ad apparire San Giovanni il Battista, protettore dell'Ordine, assieme a San Paride, San Nicola e la Madonna del Carmine e ad uno più sconosciuto San Tommaso Becket; alle chiese per l'accresciuta potenza anche economica verranno aggiunti alabastri e vetri colorati alle finestre; i commendatori dei primi anni cinquanta del Seicento firmeranno nuove opere d'arte, stemmi in oro e fregi in argento, i campanili e le sacrestie meglio riempite di nuovi arredi più funzionali e migliorie alle proprie commende e sul finir del Settecento la fredda, muta, austera aria dei monasteri di Gerusalemme, si affievolirà. Mentre per tutte le altre chiese napoletane e del viceregno il barocco e il tardobarocco segnerà la loro profonda mutazione decorativa, per la chiesa di San Giovanni a Mare di Napoli, queste pesanti trasformazioni si fermeranno al secolo XVI ed i suoi interessi rimarranno attivi sol per le prescrizioni liturgiche dettate dalla Controriforma e sulla base dei cabrei datati 1549 e 1696 appena si accenna a qualche lieve ritocco alla struttura qua e là, prima delle decorazioni in stucco di fine Seicento poi rimosse da lavori di ammodernamento di metà secolo dell'Ottocento.


Spazio note

(1) Estratto da: ”Chiese e commende dell’Ordine di Malta in Campania” rielaborazione di alcuni saggi scritti tra il 1997 e il 2000 per opera di Emilio Ricciardi. Il quale per i testi su San Giovanni a Mare suggerisce: RADOGNA, cit., pp. 15-16. Sul complesso di S. Giovanni a Mare cfr. P. DE STEFANO, Descrittione de i luoghi sacri della città di Napoli, Napoli 1560, pp. 36-37; C. D’ENGENIO CARACCIOLO, Napoli Sacra, Napoli 1624, p. 443; C. DE LELLIS, Parte Seconda o vero Supplemento alla Napoli Sacra di D. Cesare d’Engenio Caracciolo, Napoli 1654, p. 102; BNNa, ms. X-B- 22, C. DE LELLIS, Aggiunta alla Napoli Sacra dell’Engenio, III, ff. 175 ss.; C. CELANO, Notizie del Bello, dell’Antico e del Curioso della città di Napoli [1692], ediz. con aggiunte di G. B. Chiarini, IV, Napoli 1859, p. 232; G. SIGISMONDO, Descrizione della città di Napoli e suoi borghi, II, Napoli 1788, p. 180; A. DE LAUZIÈRES – R. D’AMBRA, Descrizione della città di Napoli e sue vicinanze, II, Napoli 1863, p. 421; F. CEVA GRIMALDI, Memorie storiche della Città di Napoli, Napoli 1857, p. 249; B. MINICHINI, I monumenti del sacro ordine di S. Giovanni nelle chiese di Napoli, Napoli 1863; RADOGNA, cit.; G.A. GALANTE, Sul restauro della chiesa di S. Giovanni a Mare di Napoli, in “La Scienza e la Fede”, serie IV, vol. X, fasc. 654 (1878), pp. 464-476, riportato anche in appendice a RADOGNA, cit., pp. 87-101; ID., Guida sacra della città di Napoli [1872], ed. a cura di N. Spinosa, Napoli 1985, pp. 189-190 e 204 205; A. VENDITTI, cit., II, pp. 522-530; F. DIVENUTO, in Napoli città d’arte, II, Napoli 1986, p. 431, s.v.; C. PICONE, in Napoli sacra, IX, Napoli 1994, p. 555, s.v.; P. ROSSI, Il recupero dell’edilizia ecclesiastica nell’area di piazza Mercato a Napoli, in “C)
(1bis) Splendori e decadenza di cento chiese napoletane : piccola guida per i curiosi ... / Antonio Lazzarini. - Napoli : Gabbiani sopra il mare, 2006. - 216 p. : ill. ; 22 cm. Codice SBN NAP0359683 ISBN 8890215623 Autore Lazzarini, Antonio <1926- Cfr: Santa Maria della Pietà dei Turchini : chiesa e Real conservatorio / [coordinamento scientifico di Laura Donadio, Vincenzo Pacelli, Fabio Speranza]. - Napoli : Paparo, [2005]. - 174 p. : ill. ; 24 cm. -. ((Nell'occhietto: Universita degli studi di Napoli Federico 2., Dipartimento di discipline storiche Ettore Lepore Codice SBN NAP0339619 ISBN 8887111367 Autore secondario Pacelli, Vincenzo <1939- >
(2) (Reg. Ang. a. 1275 I. C., f.. 42, riportato in RADOGNA, cit., pp. 12-13)
(3) Ivi, vol. 3533, fasc. 144, f. 7 [1712].)(Ivi, vol. 3532, fasc. 140, f. 26v) [1752, ma copia di documenti secenteschi]
(4) Ivi, vol. 3497, fasc. 29, f. 110ss. [1709]