Catacombe di San Gennaro Napoli

Sono antichissimi ipogei gentilizi di architettura essenziale1(2), elementi archeologici estratti dal variegato e complesso circuito del sottosuolo della città di Napoli.

E' possibile accedervi anche dalla chiesa di San Gennaro dei Poveri, collocata all'interno dell'ex ospedale, nell'omonimo comparto urbano. A poche centinaia di metri si sviluppano le catacombe di San Gaudioso.


A partire dalla prima traslazione delle reliquie di San Gennaro martire dall'Agro Marciano2bis di Fuorigrotta2ter, e non meno anche dei resti di Sant'Agrippino, si sono andate sostanziando di volta in volta forme di liturgie più articolate, che hanno legato la fama di questo comparto alla storia del Sangue di San Gennaro e del culto alla figura del Santo patrono ed il fenomeno straordinario del sangue che si scioglie.


Alla translazione ne seguì la venerazione delle Ampolle e del Busto d'Oro contenente le Ossa del Capo, in custodia alla Cappella del Tesoro, oltre alla fama taumaturgica legata ai resti del Martire contenuti in un preziosissimo reliquiario alla Cappella Carafa del Duomo di Napoli.


Presentazione breve delle Catacombe di San Gennaro. 

Le norme attuative per le venerabili sepolture nel rispetto di codici antichissimi greci e latini fusi assieme, hanno accompagnato il trapasso di vescovi, duchi e illustri personaggi, tra i quali va segnalato per la preziosità storica, il raggio di un arcosolio che introduce ad una basilica sepolta, poi detta la basilica dei vescovi.

  • Divenuti in seguito luoghi di culto in rupe, più propiamente cavità artificiali di attività paleocristiana, son sviluppati su un doppio livello, oltre i quali ne è presunto un terzo, composto per lo più di semplici selpocreti disposti nelle sequenze di file ininterrotte di cappelle funerarie. E' un tipo di struttura analoga agli altri complessi catacombali del meridione d'Italia per la presenza di tombe a fosse realizzata nel piano pavimentale, meglio note come "formae terragne" e cioè loculi aventi una tegola come chiusura anche detta a “cappuccina”. I sepolcreti sono allineati in pile verticali, più fitte e più a reticolo in prossimità della tomba ”ad martyrem”. Costituiscono forme semplici e modeste di sepolture senza che quest'assetto stilistico indicasse, però, una precaria condizione sociale del defunto, piuttosto, era questa invece un'esigenza disposta dallo sfruttamento razionale dello spazio già presente e dopo tutto, l'indistinguibilità e le uniformità delle sepolture realizzavano l'ideale egalitario fortemente sentito agli esordi della cristianità.

L'introduzione di nuovi sepolcreti e nuovi loculi

Lungo la galleria B8 della catacomba inferiore si osservano file di loculi che non presentano alcun tratto distintivo.

  • In luogo di dover credere che i napoletani più vicini ai dettami della semplicità e della modestia suggeriti dal catechismo cattolico abbiano desiderato in punto di morte un elemento di distinzione talora espresso nella forma esteriore della tombaE' piuttosto corretto definire che, all'epoca non avevasi altra ragione di possedere un loculo magnifico, quanto invece più vicino al Santo quindi per rispondere a questo indotto desiderio, lo si è voluto dimostrare dalla necessaria forzatura d'implementare sullo spazio già assediato tra le gallerie A2 e A4 della catacomba l'inserimento postumo di un altro ipogeo. Mentre per il resto le disposizioni dei sepolcreti variano nel rispetto dello spazio lasciato alla libertà individuale data pur dalla presenza di personaggi illustri legati alla storia della città. Giustificandosi quindi i molti cubicoli e loculi alle pareti introdotti da ingressi decorati da motivi architettonici con un gusto per la variazione che ricorda un'impressione primaria risalente all'età ellenistica poi proseguita in età romana. Più precisamente gli arcosoli a calotta con intradosso, spesso anche affrescate alle pareti, son da sempre state cappelle destinate ai gruppi familiari, col fondo allungato per la misura di più deposizioni del tipo detto “siracusano” per la sua diffusa localizzazione in Sicilia e nelle catacombe napoletane di San Gennaro le si osservano chiaramente nell'area D o cosiddetta zona greca. Un'altra peculiare decorazione pittorica sacra e rupestre rinvenuta e descritta in 14 cubicoli presenti in queste catacombe, sono da ascriversi ad un gruppo di esuli Africani sfuggiti alle persecuzioni cristiane preferendo sepoltura all'estremo sviluppo orientale dell'area cimiteriale attigua all'antichissimo ingresso delle catacombe3.
  • L'enorme aumento delle sepolture nei pressi delle sacre reliquie del Santo implicò una rapida monumentalizzazione del livello superiore della catacomba ove eran state poi traslate le Spoglie trascurandone fortemente lo sviluppo di quello inferiore non previsto nei progetti iniziali.

La destinazione diversa del cimitero rupestre.

Le catacombe di San Gennaro si trovano non lontano dal Cimitero delle Fontanelle e dalle catacombe di San Severo.

  • Il ciclo delle catacombe è andato profondamente mutandosi dalla regolamentazione sulla sepoltura dettata dalla Controriforma, le catacombe di San Gennaro si richiamano ad una forte tradizione della chiesa napoletana divisa tra due diversi culti dei morti e della pia pratica della sepoltura ad essi concessa sullo scomparso diritto canonico greco e sul diritto romano nascente assieme alla Chiesa napoletana di chiaro stampo angioino, fatto per cui si son registrati nel corso dei secoli diversi utilizzi del cimitero rupestre. L'uso degli ambienti alla destinazione primitiva dell'inumazione umana, molto probabilmente riservata ai solo sacerdoti, è stata accertata intorno al I e II secolo con una crescita intensiva verso il IV e V secolo e poi a decrescere per ragioni statutarie alla Chiesa locale fino al XIII secolo e quindi lasciate pressocché in totale stato di abbandono poi rilevate come ricovero degli appestati nei decenni interessati dal morbo del 1448 e del 1656 e poi nuovamente disinteressata la zona venne decentrata e in questo senso ci sono lacune enormi sulla storia del monumento dalla riscoperta del sito ed i primi sterri effettuati alla fine del XVIII secolo, gli anni della Seconda Guerra Mondiale. La più antica testimonianza cultuale delle catacombe medesime è data dalla basilichetta di Sant'Agrippino vescovo, al cui ingresso nell'Alto Medioevo venne realizzato l'affresco del ”Santo che guarisce un'infermo”; sorta nel IV secolo sul fossato ove venne sepolto San Gennaro (ipogeo B11/B14), aula terminante con abside sopraelevata ed un trono che spunta dalla parete tufacea con altare della stessa materia rimasta grezza. E' presumibile sia questa la cappellina delle catacombe nella quale, dicesi non ancora indossati i panni scarlatti della domenica della Passione, il cimiliarca, seguito da uno stuolo di ebdomadari a cavallo, veniva in questi anfratti la settimana prima della Pasqua ad officiar messa e a pigliarsi l'oncia che gli era dovuta dall'abate del monastero di San Gennaro secondo com'era usanza. La differenza di quota e l'esecuzione del soffitto indicano che la basilichetta venne realizzata adattando una stanza funebre già funzionale ad altro uso4.


Dalla traslazione delle reliquie di San Gennaro al lento abbandono delle catacombe.

E' attestata all'età del 430 d.C la notizia della ”traslatio” del santo Martire Gennaro da parte dell'altrettanto Santo vescovo Giovanni I nelle catacombe.
 

  • Insediandone i resti nella cappelluccia al piano inferiore oggi il cubicolo B6 esposto nelle cripte gentilizie dei Gianuari reso inaccessibile da un un muro elevato a sbarrarne il passo. Nel VI forse VII secolo sulla parete che bloccava l'accesso a questo cubicolo dalla galleria B5 vennero realizzati gli affreschi ritraenti San Gennaro tra due altri santi tra i quali uno si riconosce in Santo Stefano, tra il Vesuvio e il Monte Somma; su questi affreschi e in epoca successiva al IX secolo verranno stesi altre dita d'intonaco e descritti altri disegni di San Gennaro coi suoi compagni di martirio. Per quanto rigurada il vescovo Giovanni I suggestivo è il racconto del suo epilogo terreno: volle prendere degna sepoltura accanto al Suo Gennaro in quella che oggi è conosciuta come la “cripta dei vescovi” ed ivi deposto in parte dextra5. A seguito di quest'impresa memorabile, la cripta dei vescovi nel corso del V secolo venne decorata da una ricca stesura musiva e gli arcosoli e gli altri abbellimenti finorono d'impreziosirne l'ambiente che nel 850 per mano del vescovo Giovanni IV ospitò gli altri venerabili santi vescovi giunti alle catacombe alla “distruzione” della Stefania. Proprio nell'area antistante l'anzidetta cripta, lunga 50 metri e larga 12, scandita da una triplice arcata e dalla edicola della Croce ottenuta dall'arretramento dei pedritti, mentre i due piloni dell'ambulacro centrale, l'area B9, rientrano nei massicci interventi operati dal vescovo Paolo II, che nelle catacombe di San Gennaro pagò gli anni del suo esilio, durante il quale, si fece promotore di un episcopio di emergenza per l'espletamento delle liturgie, si attivò per la costruzione del bellissimo fonte battesimale subito sopra la "confessio" di San Gennaro. Dice il Galante che il vescovo San Vittore volle erigere in nome del Santo protomartire Stefano un'edicola bellissima e seppellirci dentro anche il duca Stefano e suo figlio Cesario e Stefano II di Napoli; i quali per la loro comunanza con le sacre spoglie con San Gennaro, Sant'Agrippino e San Giovanni I attivarono pellegrinaggi di sorta, movimenti di massa che però attirarono le attenzioni dei predoni, fatto per cui, nell'VIII il vescovo San Giovanni IV temendo la razzia delle sacre reliquie del vescovo Gennaro ordinò che fossero traslate altrove ove si credette che potessero esser poste a maggior riguardo. Sparite le reliquie, sparirono anche i pellegrini, mentre catacombe e chiesa medesima votarono ad uno stato di abbandono totale.


Spazio note

(1) Estratto da Maria Amodio - Carlo Ebanista Aree funerarie e luoghi di culto in rupe: le cavità artificiali campane tra tarda antichità e medioevo in Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali, Napoli, 30 maggio-2 giugno 2008 («Opera ipogea», 1/2 (2008), pp. 117-144 © degli autori – Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”.
(2) [A stampa in Atti VI Convegno Nazionale di Speleologia in Cavità Artificiali, Napoli, 30 maggio-2 giugno 2008 («Opera ipogea», 1/2 (2008), pp. 117-144 © degli autori – Distribuito in formato digitale da “Reti Medievali”) ]
(2bis) Migne Patr. Lat., vol LIII., col. 859-866 episodio della traslatio lo si confronti anche con In Gloria confessorum di Gregorio di Tours, al capitol CX [Al. CVII] (Migne Patr. Lat., LXX col 909; ed. B Krusch in Mon, Germ. Hist., Scrirtores rerum Merov., , 1-2 pagina 818)
(2ter) Si legge sul testo che, Agro Marciano indicherebbe una zona attualmente identificabile nell’area occupata dallo Stadio San Paolo, nelle vicinanze di via Terracina, laddove va detto esiste ancora oggi una piccola zona detta cupa Marzana. Cfr Werner Johannowsky Contributi alla topografia della Campania antica, in Rendiconti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti, Napoli 1952 nuova serie vol. XXVII pagg 105-141; si veda pure: Mario Napoli Topografia ed archeologia ( di Napoli antica) in Storia di Napoli a cura di AA.VV., vol. I Cava de’ Tirreni, Di Mauro, 1967 pag 469; Ennio Moscarella San Gennaro fu sepolto presso Fuorigrotta, in Il Rievocatore Marano Napoli, anno XXII, n° 1 gennaio 1971 pagg 7-8 ed ancora del Moscarella, La pietra di S. Gennaro alla Solfatara in Pozzuoli, Napoli edizioni Dehoniane 1975 pagg 55-74
(3) (Victor Vitensis, Historia persecutionis Africanae provinciae, I, V, 15, p. 5; vedasi anche:Mallardo, 1936; Ambrasi, 1967; Ciavolino & Spinosa, 1979, pp. 13-16; Ciavolino, 2003, pp. 643-664.
(4) [(D.De Francesco Il Battistero del Vescovo Paolo II alle Catacombe di San Gennaro; un caso di dualismo episcopale in L'edificio battesimale in Italia. Apsetti e Problemi. Atti dell'VIII Congresso di Archeologia Cristiana; Genova, Finale Ligure, Albenga, Sarzana e Ventimiglia, 21-26 settembre 1998) edito a Bordighera 2001 alle pagg. 1057-1076].
[5] (Fasola, 1975, pp. 120-123, tavv. VIII,a-b, IX; beRtelli, 1992, pp. 129-139, fig. 9; Minasi, 1998).Per il vescovo Giovanni I e la sua sepoltura vedasi: (Gesta episcoporum Neapolitanorum, p. 406).