Cappella Capece Minutolo Napoli

E' la cappella gentilizia dedicata ai Santi Pietro Apostolo e Sant'Anastasia Martire1(2)3, interno Duomo di Napoli zona destra del transetto.

Assieme alla cappella degli Illustrissimi, che sta a sinistra del transetto, essa è uno dei rari esempi di architettura e decorazione rimasta sostanzialmente inalterata del Due-Trecento napoletano e non solo del duomo di Napoli quanto piuttosto di tutto il patrimonio d'arte della città.

Antichissima, sacra edicola, è anticipata al suo ingresso dal mausoleo barocco di Girolamo d'Auria del 1568, dedicato al Cardinal Innico Caracciolo. Confina con le altre cappelle ad essa accosta di Sant'Aspreno a sinistra e la Cappella dell'Assunta a destra, cosiddetta per la pala d'altare che ha per oggetto una splendida Madonna Assunta, opera del Perugino.

E' proprietà dei Signori Tocco principi di Montemiletto e dei Duchi di Sicignano con la notizia difficile a sostenersi che possa esser già stata edificata presso la scomparsa basilica della Stefania alla ricostruzione di tutta quanta la cattedrale che la ospita capitata nel decennio che va dal 1360 al 1370.


Di patronato del Signor Cavaliere Gerosolimitano Gian Battista Capece Minutolo.

Primo beneficiato della medesima Cappella fondata dai suoi bisavoli, la stessa ricordata dal Boccaccio nella quinta Novella Seconda Giornata nel Decamerone. 

 in cui dà notizia di Andreuccio da Perugia e di alcuni ladri che portan via dalla Cappella il corpo del vescovo Filippo Minutolo, colui il quale nel 1294, appresso al volere di Carlo II ”lo zoppo” riprese l'interrotta opera di fondazione di tutta quanta la cattedrale sospesa alla morte di Carlo I d'Angiò.

Edificata nell'VIII secolo, al tempo in cui la Chiesa napoletana tollerò la presenza di non una, ma due basiliche4, attorno alle quali si necessitò di costruire anche un triclinium, appare più salda la notizia che la cappella venne eretta su di una preesistente chiesetta dedicata al Santo Pietro Apostolo all'interno della quale Stefano II vescovo e Duca della città di Napoli, vi fece dipingere i primi sei concilii ecumenici adattando la pittura alle sculture delle nobiltà legate al rito delle chiesa paleocristiana un tempo alloggiate nella cattedrale della Stefania oggi non più esistente e sulla quale invece sorge ancora e maestosa la chiesa e basilica di Santa Restituta un tempo detta anche Santa Maria del Principio5.

Pittura e scultura integrata con criterio all'architettura dell'impianto da sempre di chiaro stile del primo Masuccio al quale va attribuita la tribuna della Cappella medesima, di marmo commessa, quattro colonne spirali elevano un tabernacolo fino alla volta, al di sotto delle quali trovano esposizione un bellissimo ”Crocefisso”, le statue della ”Vergine” e di ”San Giovanni” lavorati intensamente proprio da Pietro Masuccio.

La perfezione e la vaghezza del disegno architettonico la si deve all'opera del Cardinal napoletano Spinelli, il quale, diversamente da tanti suoi illustri predecessori che non osarono pensarlo fattibile, con fondi privati, molti cacciati di tasca propria, senza perdonar spesa alcuna, la portò alla magnificenza che ancora investe l'intero impianto nella discussione complicata sulla data precisa della fondazione della cappella medesima, che ad ogni modo va contro le stesse dichiarazioni di Scipione Ametrano che la vuole edificata nel 1380 e che relativamente ai periodi più controversi della Controriforma, ha mantenuto l'aspetto gotico senza partecipare alle stravaganze del barocco, alla monumentalità del manierismo, alla voluttà del rinascimento italiano.

Agli inizi del XV secolo per opera di Antonio Bambocci sotto il maestoso tabernacolo venne eretto il sepolcro con la relativa statua dell'arcivescovo Errico Minutolo, tra le tre anzidette statue del Masuccio, di modo che i lavori di entrambe gli artisti effettivamente risultassero un'unica scenografia. Le due tombe laterali, di Filippo Minutolo vescovo di Napoli, Aspreno Galante dice che il cadavere di costui nelle sue visite sulle chiese napoletane trova riposo nell'ipogeo della sagrestia di questa stessa cappella e di Orso Minutolo vescovo di Salerno, sono opera di Stefani.

Altrimenti di Tommaso degli Stefani sono i ritratti espressivi della ”Passione del Cristo” divisi in quattro scompartimenti per ciascun lato mentre restano tutt'oggi mai attribuite ad altro artista i dipinti nella volta e nelle parti superiori laterali della cappella ritraenti i fatti del Vangelo e degli Atti degli Apostoli, come ad esempio:

  • la ”Prigionia e Crocefissione di San Pietro”,
  • la ”Lapidazione di Santo Stefano Protomartire”,
  • ”Lo scorticamento di San Bartolomeo”,
  • ”La decollazione del Santo Giovanni il Battista”
  • e ancora assieme agli altri episodi anche il ”Domine quo vadis”.

Tutt'attorno alla parete due ordini di pitture rupestri;

  • una superiore coi Santi Dottori della Chiesa latini e greci assieme,
  • l'altra inferiore con le storie dei personaggi illustri del casato Minutolo come Landolfi (?) morto nel 1240 e poi altro materiale di altre storie e di altri personaggi meno noti pur tuttavia significativi delle storia di questa cappella e del suo patronato.

Ad esempio, molte le scene in cui vengono ripresi i guerrieri genuflessi, con gli elmi adorni di semplice oppure doppia tromba a foggia di corno. E' noto, dice il Galante, che gli antichi cavalieri Angioini ed Aragonesi andavano a recarsi ai giochi alle Calende nei corridoi campestri delle chiese di San Giovanni a Carbonara, San Carlo all'Arena di Via Foria, oppure alle esercitazioni militari sulle alture di Caponapoli nei pressi della chiesa di Santa Maria di Costantinopoli, presentandosi ognuno come araldo delle giostre al nobile consesso ivi radunatosi ed annunciato col suono di tromba corrispondente al titolo riconosciuto proprio dalla foggiature del suo elmo.


L'impianto scenografico delle pitture subì nel 1744 un restauro da mani inesperte che comunque non ne inficiò il gusto originario né la composizione e neppure i colori che si presentarono anche dopo lo scempio del restauro malamente pasticciato addirittura si dice rappezzati i disegni a muro con la carta, splendenti e verosimili.

Peggio andò nel 1842 in seguito ad un ulteriore restauro 'sta volta dato a tutta la Cappella, per il quale si era pensato e in verità venne anche realizzato di indorare e colorare il Tabernacolo e le tre tombe di famiglia Minutolo poi in seguito ripristinate le autenticità dei lavori così come si presentavano all'origine e tutt'ora si presentano.

A sinistra di chi entra alla Cappella il trittico di preziosissima fattura del XIV secolo, cui il vescovo Errico Minutolo se lo portava appresso allorché dicesse messa in Cappella, ritraente il ”Padre che sostiene il Figlio Crocefisso” al suo fianco si riconoscono la ”Vergine, San Giovanni e la Maddalena”; nello scompartimento di destra del trittico medesimo, nelle pitture che si crede ancor oggi realizzate dal Maestro Simone i santi ”Gabriello, Paolo, Nicolò di Bari e Sant'Anastasia” a sinistra invece ”l' Annunziata, San Pietro e San Girolamo e San Gennaro”.
Lavoro di Girolamo d'Auria è il monumento a Giovan Battista Minutolo sull'uscio di questa Cappella.


Spazio note

(1) In gran parte estratto da Gennaro Aspreno Galante, ”Le chiese di Napoli”, Napoli, edizioni Solemar 2001, integrato ai testi di Francesco LI Pira
(2) ”...ricettacolo delle cose antiche, madre e maestra di quelle nuove”; la cappella primariamente era intitolata al solo Pietro Apostolo molto probabilmente per alcune oggi scomparse effigi rupestri che raccontarono di un imporbabile passaggio a Napoli e proprio nella zona di via Duomo di Pietro il prediletto tra gli Apostoli. La fondazione petrina della Cappella, dunque, e della chiesa cattedrale è una discussione tipicamente politica atta a dimostrare anzitutto l'antichità prima della chiesa napoletana indi poi la primogenitura su Roma. Tutta questa tremenda discussione, tenuta in vita dai monaci di Montecassino al solo scopo di enfatizzare la figura di Costantino I e la leggenda che lo vorrebbe edificatore della chiesa basilica, assolse all'epoca dei fatti il problema di determinare i buoni rapporti appunto politici di Carlo II col papato negli anni del dominio angioino a Napoli e nel Sud Italia
(3) ”...donde è senza dubbio avvenuto che quell'operetta ha molto attirato l'occhio e la riflessione degli stranieri, i quali, siaci permesso il dirlo, colla loro particolare affezione e diligenza verso le nostre vecchie memorie, che siano esse sacre o profane, debbano intendersi madri e maestre delle cose nuove”; D. Benedetto Sersale: Discroso Istorico Intorno alla Cappella Minutolo, in Napoli MDCCLXXVIII col permesso dei Superiori presso la stamperia Raimondiana
(4) ( Si veda BERTOLIN, La serie napoletana nei secc.VIIIe IX, cit. ,particolare pp. 375, 388; Sul battistero, invece, si veda D. DE FRANCESCO, ”Il Battistero del Vescovo Paolo II nella catacomba di San Gennaro: un caso di dualismo episcopale”)
(5) (Così raccontato nel catalogo dei Vescovi della Città di Napoli Tomo I, parte II rer. Italic, foglio 309 del dottissimo Ludovico Antonio Muratori)