Palazzo dei Veterani a Napoli

E' l'antico Complesso di Santa Maria di Betlemme dell' Ordine dei Frati Predicatori a Napoli1 costruito nel 1653 iniziato da Dionisio Lazzari poi terminato da Arcangelo Guglielmelli suo allievo.

Il Palazzo sta isolato dal Poggio delle Mortelle ai Quartieri Spagnoli da quattro vie pubbliche ed incapsulato all'interno di una estesa area perimetrata da un robusto muro claustrale, un tempo composto da diversi corpi di fabbrica attorno ad un vasto cortile terrazzato.

Il suo accesso sbarrato oltre ad esser stato violato fu per così dire nottetempo reso praticabile ed agibile per la rimessa dei motocicli grazie ad una rampa carrabile ottenuta con asfalto di fortuna, ed abusivamente realizzata su vico Brancaccio a danno parziale delle gradinate ivi preesistenti.

La stessa gradinata è notizia del novembre del 2015 fu liberata dall’ingombro grazie all’intervento del presidente della Municipalità di competenza.

L'ingresso fu pensato al centro di un portale in piperno massiccio tra lesene giganti, che tra l'altro oggi ne conserva minima parte, stante un persistente stato di abbandono.


E' noto come il “Palazzo dei Veterani” sorto sulla preesistente villa del magistrato Carlo Tappia.

Ma nel chiostro secentesco, unico elemento ovviamente ancora riferibile alla primitiva costruzione del complesso monastico, sorge mastodontico un palazzo di nove piani mai registrato al catasto.

  • Da sempre occupato abusivamente2 allo stato attuale ancora con forti suggestioni si ricordano gli impegni assunti dal governo della città del 1993 presidiato dall’allora sindaco Bassolino, il quale, come ricordato dall’archivio del Corriere sul pezzo di Di Vincenzo Vincenzo intendeva provvedere alla sua demolizione, di fatto mai avvenuta2bis. La cartografia del XIX secolo indica che al complesso monastico risultavano affiancati ai lati e su due differenti quote due chiostri più piccoli di quello appena ricordato, che va aggiunto era a sua volta composto su almeno tre piani differenti: lato monte, uno stupendo e curatissimo giardino pensile dalle mutanti specie e varietà di prodotti floreali, il piano a valle dove ci venne ricavato un chiostro stretto ai tre lati da una sequenza geniale di porticati di dieci arcate per ogni lato oggi tutto chiuso e per niente visitabile3.


La chiesa scomparsa di Santa Maria di Betlemme ai Quartieri Spagnoli.

La chiesa tra l'altro era architettata con gusto superbo, difficile distinguerne il mezzo tra maestro ed allievo.

  • L'invaso originario si presentava, almeno così sembra dalle carte del duca di Noja e dalla pianta Schiavoni, come una croce greca inscritta in un'area quadrata con due altari in marmi mischi agli estremi dell'asse trasversale, databili prima metà del Settecento napoletano, entrambe inquadrati da un arco in modo da ottenerne l'effetto di serliana, con coretti al di sopra degli architravi ad angolo, bassi e coperti da volta a vela. L'aula era divisa da quattro pilastri in nove cosiddette cellule, cinque più grandi e quattro più piccole poste ai lati ed una decima cellula trattenuta nella forza antistante come un presbiterio con altare maggiore e “portelle” in marmo giallo e bardiglio, lontano dalla cona ove trovava posto il quadro della Santa Vergine titolare opera di Francesco De Mura. L'altare maggiore sfregiato dai ladri, dev'essere, almeno per la insistente somiglianza a quello della chiesa di Sant'Andrea delle Dame nell'omonima zona, attribuito al marmorario Lazzari, conserva ancora il dossale con minutissimi inserti in ametista e madreperla ed il bellissimo paliotto ritraente San Domenico probabilmente opera di Pietro Ghetti; d'importazione più tarda rispetto alla data di realizzazione sono invece le “portelle” ai lati leggermente inclinate rispetto all'altare. Lo si deve quasi sicuramente a Mario Gioffredo, 1748, la sistemazione dell'impianto decorativo del presbiterio, riccamente abbellito dalle porte mistilinee, dominata dal quadro della Vergine ancora protetta da due semicolonne, ciascuna delle quali ben si comprende tra due paraste composite e sovrapposte; all'interno del grande fastigio concluso da un timpano spezzato oltrechè ricurvo, trovano posto angeli e cherubini di eccellente qualità. L'area del presbiterio è pavimentata dalle maioliche, mentre andata perduta per sempre invece la balaustra che per testimonianza certa si dice esser stata di squisitissimi marmi commessi. Andati distrutti anche gli stucchi che decoravano la volta della navata ed i capitelli ionici delle paraste è evidente son stati rifatti nel Novecento.

Idee e ripristino della cappella del Rosario interno alla chiesa di Betlemme.

In realtà oltre all'abbandono di questa chiesa vi è pure un altro evento da ricordare.

  • Oltre alla sacrilega razzìa operata dai gruppi predoni, a mortificare la bellezza di questi ambienti ci si metterà pure un restauro attivato da incompetenti quasi sicuramente poiché questi certi signori restauratori che non ci capirono molto di architettura sacra, vollero realizzare seppur in maniera virtuale una falsa idea di spazio aperto alle spalle dell'altare maggiore con l'intenzione ingenua di simulare un coro, impensabile, questo va detto in una chiesa d'Ordine femminile. Fa sorridere questa manovra azzardata se si pensa che il coro delle monache esisteva per davvero, ma sul lato opposto, lì ove oggi si trova la deturpatissima controfacciata e collegato alla sagrestia e a sua volta ai dormitori attraverso un gioco segreto di corridoi scavati nel muro maestro. Resta invece ancora apprezzabile il tentativo di restituire un minimo di dignità all'ambiente nell'opera di ammodernamento della Cappella del Rosario interno chiesa; gli stucchi si vede che restano di buona qualità e non eccedono sull'intera decorazione che insiste sul celeste e ben s'intona con l'altare centrale dominato dalla gigantesca cornice in legno dorato un tempo ad accogliere il quadro della Vergine del Santo Rosario coi quindici Misteri e che la critica vuole attribuire con forza alla mano geniale di Domenico Antonio Vaccaro o al massimo al suo miglior allievo: Filippo Falciatore. Dopo la soppressione degli Ordini religiosi del 1809 gli ambienti vennero adattati ad appartamenti privati per le gendarmerie conferendole l'aspetto chiaramente visibile nelle planimetrie del 18604.


Spazio note

(1) Estratto dai testi di Emilio Ricciardi, Dottorato in ricerca su “Il Poggio delle Mortelle in Storia dell’Architettura e della città” XVII ciclo COORDINATORE: PROF. ARCH. FRANCESCO SAVERIO STARACE, TUTORE: PROF. ARCH. MARIA RAFFAELA PESSOLANO il quale ha per questa voce rimandato a Luca Vecchione e più precisamente “...risiede il venerabile monastero delle signore donne monache sotto il titolo di Nostra Signora in Bettelem dell'ordine domenicano nella contrada di San Carlo delle Mortelle circondato da per tutti i suoi lati da strade pubbliche, formando isola, la di cui venerabile chiesa tiene avanti di sé un competente spazio di figura più lunga, che larga nel fronte della strada, che porta dietro le Cavallerizze di Chiaja, in cui vedesi eretta la facciata della mentovata chiesa, in mezzo di cui sta la porta per cui si entra nella medesima coverta da lamia ornata di stucco di buono compartimento, a corrispondenza della nave, formando oltre di essa due cappelle sfondate, una a man destra di Nostra Signora del Rosario, e l’altra a sinistra del Crocifisso, laterale alle quali vi sono due atrij coverti a forma anche di cappelle, in testa vedesi l’altare maggiore ornato di marmi con quadro dipinto a oglio sopra tela, rappresentante Nostra Signora nel Presepe, di buona mano, a fianco di esso vi sta il comunichino e alla destra, e sinistra due confessionili, entrambi nella riferita chiesa, a destra si ritrova la sagrestia di mediocre capacità, coverta a travi con intempiatura di carte e freggio, in essa vi sta il bancone di legname, dove li sacerdoti si vestono e spogliano dalla sacre vesti, e sotto di esso vi sono li stipi in cui si conservano le suppellettili; vi è anche a fianco di detta sagrestia un picciolo ristretto per preparatorio, sta la chiesa sudetta ben servita di suppellettili ed argenti, e due campane di metallo.” (La descrizione della chiesa, redatta dall’architetto Luca Vecchione prima dell’ammodernamento di Gioffredo, è in ASN, Monasteri soppressi, vol. 3480, ff. 83-88 [1742]).]
(2) (nota: Cfr. Napoli. Le opere del regime…, cit., p. 399; P. BELFIORE – B. GRAVAGNUOLO, Napoli. Architettura e urbanistica del Novecento, Roma-Bari 1994, pp. 171-172.)
(2bis) "Condannato il palazzo di Lauro. A Napoli presentato il piano di recupero del centro storico: sara' demolito il Palazzo dei Veterani, un mostro di 10 piani costruito negli anni 50 in un ex convento del 700. Il sindaco rassicura gli inquilini. Leggi l'articolo.
(3) Delle cornici delle finestre resta la documentazione in una foto del 1975; oggi è impossibile sapere se siano ancora in opera. Cfr. V. DE LUCIA – A. IANNELLO, L’urbanistica a Napoli dal dopoguerra a oggi: note e documenti, in “Urbanistica” 65 (1976), pp. 5-78.
(4) Iconografia del Padiglione di Bettelemme, disegno a penna, inizio XIX secolo, in BNN, Carte geografiche, XXVIIa; T. SCOTTI, Pianta geometrica del pianterreno del soppresso monastero di Betlemme, in ASN, Ministero degli Affari Ecclesiastici, vol. 2351 II, inc. 195 [1828]; S. Maria di Betlem, disegno a penna, XIX secolo, riportato in G. AMIRANTE, Architettura napoletana…,cit., p. 86.