Monastero Santa Caterina da Siena Napoli

E' il monastero di Santa Caterina da Siena a Napoli1, visibilissimo assieme al giardino e la clausura nuova anche sulla veduta Baratta in cima ai gradoni del quartiere di Chiaia, sulle alture dei Quartieri Spagnoli, nei pressi delle antichissime case di Santi Francucci, inglobato nell'omonimo territorio rionale frutto dell'edilizia popolare del 1939.

Si trova nell'area perimetrale meglio conosciuta come il Poggio delle Mortelle, antichissima area alberata e raccolta intorno alle torri oggi non più esistenti del Palazzo Spinelli dei Cariati.

Si trova accosto al blocco compatto del convento Carmelitano della Concordia e ovvero in quel che un tempo prima fu l'ospedale della Vittoria eretto da D. Giovanni d'Austria, come lo ricorda il Galante, indi al formarsi di quello di San Giacomo degli Spagnoli, inglobato nel palazzo del Comune a piazza Municipio.

L'attuale aspetto, però, è oggi profondamente mutato, conseguenza delle opere di ammodernamento in un quadro di risanamento generale di tutta l'area circostante e per il monastero, dalla veduta del duca di Noja, si evince esso sarà il risultato finale dell'opera di Mario Gioffredo del 1765, al quale va riconosciuta la paternità dell'intera decorazione e ristrutturazione dell'impianto anche se come documenti finali restano solo i pagamenti effettuati nell'estate del 1776 a tale Fedele Fischetti per la pittura e Antonio Di Lucca per i marmi2.


Il monastero di Santa Caterina e le opere principali di Mario Gioffredo.

Il Gioffredo è lo stesso autore di altre opere di ammodernamento ratificate per il palazzo Orsini di Gravina a Monteoliveto, il palazzo Latilla a Pontecorvo, il palazzo Partanna a piazza dei Martiri, salvo poi restar ostracizzato dalla nobiltà napoletana per aver combinato brutto guaio al palazzo dei Casacalende a piazza San Domenico Maggiore a Spaccanapoli.

  • Alla fine degli anni Settanta del '700 verranno registrati lavori ultimativi per mano di Giovanni Del Gaizo e Gennaro Sammartino, lasciando, tuttavia, l'asse longitudinale a navata unica della chiesa immutato, lo stesso di quello attuale tipico degli Ordini mendicanti, tanto preferita dai Fatebenefratelli, che ne divennero proprietari fino al 1400. I Domenicani, che a questi qui succedettero nella persona del frate Feliciano Zuppardo, nel 1613 vi chiudettero dentro 29 terziarie dell'Ordine e l'anno dopo riuscirono ad ottenere clausura per decreto di Paolo V. Ad ogni modo, Gioffredo applicherà semplici modifiche alla struttura portante a partire dal prospetto principale a ridosso del quale ha anteposto un originalissimo pronao tendente alla classicità, sormontato su due registri, il primo dei quali, quello inferiore, aperto su tre lati presenta un fornice inquadrato da una coppia di colonne ioniche, e tra due volte a botte, ve ne è una a crociera nell'intradosso con calpestio ripianato per la pendenza. Tutti i monasteri femminili vennero costruiti con ingaggi favolosi e grossi investimenti tenendo conto di sviluppare l'impianto sfruttando un appezzamento di terreno pianeggiante fortunosamente rintracciato su di un'area ampia ad orografia accidentata ed in assenza di simili condizioni veniva preferita l'edificazione di una chiesa a navata breve, al massimo allungata col tempo da una campata o da una cappella presbiterale direttamente scavata nella roccia. Stesse condizioni che si presentarono per la edificazione di questo santo monastero ancor prima che divenisse tale. Abbandonato, infatti, dai religiosi di San Giovanni di Dio, i Frati dell'Ordine Domenicano vi promossero subito lavori di trasformazione in forma di monastero conveniente alla clausura, con due dormitori, uno per le monache professe e l'altro per le novizie e per tutti e due: un bel refettorio, una gigantesca infermeria, il vicinissimo orto, e gli altri uffici necessari con una chiesa con imbocco tra i due edifici creata apposta per il culto degli uffici divini. Dall'ordine degli elementi così disposti, ad esempio le paraste che seguono le curvature, come anche l'esemplare gioco di luci catturate dalle decorazioni in oro diffuse e restituite all'ambiente in forme di bagliori, va ricordata la straordinaria somiglianza del monastero di Santa Caterina da Siena a Napoli con la cappella del tesoro al Museo Sanmartino nella stessa città, mentre il timpano centrale farebbe pensare alle chiese di Sant’Andrea al Quirinale e alla chiesa romana della Maddalena, opera di Giovanni Antonio De Rossi. Giuochi e soluzioni architettoniche di finisimmo gusto ripreso più tardi dallo stesso Luigi Vanvitelli nella chiesa dell'Annunziata e da Giovan Battista Broggia per l'abside della chiesa di San Potito. Onde preservare il monastero dall'umidità venne costruito al lato dell'Epistola una sorta di corridoio che creasse vuoto tra la costola dell'edificio e la roccia dal quale pare che lo stesso spuntasse ed una saletta semicircolare che collegava tra loro gli ambienti. Alle spalle dell'abside, separato dalla navata da un sottarco lievemente aggettante e decorato in oro, venne poi ricavata la sala del comunichino, a pianta quadrangolare con volta a botte lunettata.

La chiesa di Santa Caterina da Siena e le vedute antiche di Napoli.

In chiesa vennero realizzati tre altari per lato, collocati in cappelle a piante semicircolare.

  • Incorniciate da archi a tutto sesto, con fregi decorati in chiave, separate da paraste marmoree, capitelli ionici e festoni e più in generale l'interno dell'aula si presenta con ricche decorazioni di marmi mischi e decorature diffuse; pocamente illuminato tutto l'ambiente affidato appena alla fioca luce offerta dai finestroni poggiati sulle chiavi d'arco. L'abside di questa chiesa è diviso in cinque settori, uno dei quali, quello centrale, con grandi paraste e capitelli ionici, presenta sul fondo una cona con alloggiata dentro l'effige della Santa titolare conclusa poi a pieno timpano con angeli in stucchi dorati e ai lati i coretti da dove le monache assistono alle liturgie. Il complesso s'ingrandisce e nel 1638 viene fatta richiesta esplicita dell'intervento di fra' Nuvolo, cosa documentata nel 1643 assieme al ”tavolario” Natale Longo, il quale, incaricato di far il saggio dei suoli acquistati per edificarci le fabbriche del monastero, sposterebbe in avanti la data di morte dell'archietto fra' Nuvolo fin d'ora conosciuta3.  Dagli atti delle sante visite giunge notizia di un ampliamento sostanziale della struttura e del copro edile; nelle vedute postume a quella del Baratta il monastero e l'area perturbana risulteranno arricchiti di un muro perimetrale ampio abbastanza da circondare due effettivi dormitori, un'infermeria, un belvedere, una cucina, un ospedale, un granaio, un mulino, ed infine, terrazzi e giardini4. Un altarino di stucco, oggi collocato in un angolo nella cosiddetta stanza del comunichino alle spalle dell'abside, potrebbe significare la presenza in questa chiesa dell'architetto e scultore e pittore napoletano Domenico Antonio Vaccaro. Nel 1727 viene invece realizzato per mano dell'architetto Nicola Palmiero l'altare di marmo e tre anni dopo verranno aperte nuove stanze per la comodità dei frati Domenicani tra il 1750 ed il 1753, in sostituzione delle torri ormai scomparse, verrà innalzato il solenne campanile sormontato su cinque diversi registri, interamente decorato di pregevolissimi stucchi ed in cima un'opportuno belvedere E sul lato opposto al settentrione nel 1756 verrà costruita la nuova ala dei dormitori. Sulle vedute di inizio ottocento italiano, nella cartografia della grande ripresa economica del settore delle arti, il monastero di Santa Caterina da Siena di Napoli risulta diviso in tre parti: quello antico lato monte, con giardino pensile alla stessa quota; quello nuovo giù a valle edificato attorno al chiostro; ed infine un fabbricato per la destinazione d'uso comune ai Frati Domenicani. Di tutto questo resterà traccia nella modernità solo l'ala nuova del monastero, una costruzione di quattro livelli, tre superiori ed un piano ammezzato; l'anzidetto monastero e il fabbricato per i Domenicani, saranno sventrati nel XX secolo onde far posto a quattro palazzoni destinati all'edilizia popolare per l'impiegatura di Stato attorno al quale per il Risanamento opera napoletana classe 1975 sorgerà tutt'intorno il Rione Santa Caterina da Siena.

 


Spazio note

(1) Estratto da: dai testi di Emilio Ricciardi, Dottorato in ricerca su “Il Poggio delle Mortelle in Storia dell'Architettura e della città” XVII ciclo COORDINATORE: PROF. ARCH. FRANCESCO SAVERIO STARACE, TUTORE: PROF. ARCH. MARIA RAFFAELA PESSOLANO.
(2) Tra le carte del monastero è riportato il pagamento di Fischetti per un “quadrone lungo palmi 34 in circa e largo palmi 17 in circa in mezzo della nave della nostra chiesa rappresentante l’assunzione di Santa Caterina da Siena nel Paradiso, con la Santissima Trinità in cima, la Beatissima Vergine, San Domenico, altri santi dell’Ordine domenicano, e coll’accompagnamento di patriarchi e angeli […] come delle sei lunette della nave, con averci dipinto in ciascuna di esse una delle virtù teologali, e cardinali, e con due riquadrature alla fine, e al principio di detto quadrone, con angioloni, e geroglifici di chiaro […] alludenti a Santa Caterina; e per ultimo delle cinque lunette della tribuna, nelle quali vi sono dipinte il Padre Eterno, e li quattro Evangelisti, il tutto a tenore del disegno formatone”. (ASN, Monasteri soppressi, vol. 4350, f. 359 [1766]). Sono documentati pagamenti anche a Nicola Fornaro per gli stucchi dorati della navata e del presbiterio, Giacomo Fornaro per la decorazione pittorica, Francesco Di Fiore per le grate nuove e le bussole dei confessionali, Gaetano Salomone per gli angeloni di stucco, Ignazio Chiaiese per i pavimenti nella chiesa e nel monastero. Ivi, ff. 657659 [1766-1770].
(3) ASN, Monasteri soppressi, vol. 4346, Pandetta del libro del patrimonio del Venerabile Monastero di Santa Caterina da Siena di Dame Monache di Napoli, detto Campione, fatto nell’anno 1627, f. 26 [dal 1627]. Per la biografia di fra Giuseppe Nuvolo cfr. M. MIELE, Fra Nuvolo e fra Azaria. Nuovi dati biografici sui due artisti napoletani del Cinque-Seicento, in “Archivum fratrum praedicatorum” LVI (1986), pp. 133-205.)
(4) ASDN, Visite ai monasteri femminili. Card. Ascanio Filomarino, I, f.40 [1649]; II, f. 102 [1661]; Ivi, Card. Giacomo Cantelmo, f. 40 [1692]. ASN, Monasteri soppressi, vol. 4408, ff. n.n. [1727]. ASN, Monasteri soppressi, vol. 4398 [1750-53]. 62 Ivi [1756]. Cfr. E. NAPPI, La rifazione settecentesca della chiesa e del cortile di Santa Caterina da Siena, in Le arti figurative a Napoli nel Settecento (Documenti e ricerche), a cura di N. Spinosa, Napoli 1979, pp. 188-197.