Effige Madonna "La Bruna" Napoli

E' l'effige della Madonna detta ”La Bruna”1(2) posta nella Cappella a cui ha dato il titolo, con ingresso dall'abside e crociera della chiesa del Carmine Maggiore a piazza Mercato di Napoli e nella cui devozione cattolica è riconosciuta la dimensione popolare effettiva della pietà come esperienza di fede.

L'icona appartiene di fatto alla storia della chiesa del Carmine e dell'effige della Vergine La Bruna è possibile rintracciarne brevi schizzi di copie più o meno artisticamente complete ed in un buono stato di conservazione praticamente ovunque.


Nelle vie e nei vicoli meno trafficati, in moltissimi negozi ed in splendidi palazzi oppure in umili dimore si trova un'anzidetta copia della Vergine che l'espressione dialettale napoletana la ricorda come: ”Mamma d''o Carmine”; numerose son'anche le Confraternite e le Compagnie e le Cappelle e gli Oratori a Lei dedicate.
Anticamente i pellegrinaggi erano per così dire, "mossi", dalla pia devozione alla Vergine “La Bruna”, da e verso la Chiesa del Carmine in direzione Roma e viceversa con partecipazione di popolo e con complessi e variegati atteggiamenti anche di dignitari e di regnanti, tutti presenti alle processioni di massa solo per indossare lo scapolare carmelitano3 e soprattutto per praticare l'opera religiosa di rimettersi con preghiere supplici all'intercessione della Bruna.


Storia e breve presentazione dell'Icona della Vergine La Bruna.

Il suo culto è stato così intensamente vissuto ed appassionatamente raccontato che Luca Giordano volle realizzare uno dei più suggestivi dipinti del suo repertorio: è la tela conosciuta come ”Ritorno del Pellegrinaggio da Roma, l'anno Santo 1500” un tempo in esposizione al Museo Diocesano in Donnaregina Nuova, oggi invece al Museo di San Lorenzo Maggiore ai Tribunali.

  • Circondata solo nel 1501 da una cornice preziosissima in argento, sostituita appena nove anni dopo da una in marmo, poi ancora coperta da una copia più o meno fedele in rame che molto danneggiò l'assetto originario. A metterci mano per un primo autentico restauro forse il Solimena impegnato negli affreschi del Santuario. A lavoro ultimato l'icona si presentava incorniciata da una raggiera in argento con angeli dorati fusa e cesellata dall'orefice Perrella per la somma di 3500 ducati, salvo poi operare un'ulteriore sostituzione della cornice con un'altra in oro poi tolta definitivamente nel 1896 recandoLe non pochi danni. In tutte queste vicissitudini alla fine si son notati i sollevamenti pittorici, e di qui l'avvertita necessità di un restauro profondo, significativo, avvenuto come tale solo nel 1974 per opera dei laboratori di restauro Museo di Capodimonte in Napoli. Dettata da una composizione iconografica e scritturata diciamo così secondo un preciso linguaggio carmelitano, la tavola, di cui si discute, ritrae il volto della Vergine Madre di Dio con in braccio il “Bambino” entrambe coinvolti, la critica storica afferma, ”atto registrato di proposito”, in un' espressione del tipo della ”tenerezza” e con questa manovra in effetti è rivendicata nei secoli la paternità della tavola dalle congregazioni mariane che risultano esser le più antiche nell'uso dell'Ordine Carmelitano.

L'icona della Vergine nelle presentazioni di Emanuele Boaga.

"...li surdi c’ a ‘ntisero li canti delli muti e li cichi che videtteru li struppiati abballare avuanti alla Madonna do’ Carmine"1.

Si presenta su fondo color oro del sole, lo stesso delle due aureole che coronano il capo della Madre e del Figlio, coi volti accostati in profondissima intimità, con gli occhi rivolti al di là del quadro, quasi ad osservare e accogliere le istanze dei fedeli in orazione, il tutto stante ad indicare la santità dei personaggi ivi ritratti.

  • Il colore azzurro verde, del tipo dell'acquamarina del soprammanto della Vergine Bruna proclama la Maternità Divina della Madre;
  • il sotto manto rosso della Vergine, che copre in parte anche il Bambino, Le conferisce l'umanità dell'Amore;
  • la stella pendula sul manto indica la Verginità di Maria, prima, durante e dopo il parto.
  • Il Bambino, cui è giusto ricordare si mostra in espressione per niente fanciullesca, ma anzi con austerità a monito di mostrarsi al mondo e alla sua libertà come il Verbo Divino, è vestito di un piccolo manto color pelle di pecora.
  • La mano sinistra della Madre è ferma e sicura col braccio a sostenere la Redenzione del Figlio di cui Lei ne diverrà compartecipe per dogma.
  • La mano sinistra della Madre si mostra diversa dalla mano destra che tutt'altro sembra ostentare il Verbo alle preci del popolo dei fedeli.


L'icona della Vergine nella letteratura.

L'origine del culto a Santa Maria del Monte Carmelo, poi detta La Bruna, in Napoli risale al XIII secolo localizzato nel campo Moricino.
 

  • E cioè nel punto esatto in cui in quel fazzoletto di terra fuor le mura, battuta da continui sbarchi e dai marosi, esisteva con certezza una chiesetta appena in muratura dedicata a San Nicola vescovo di Mira o più semplicemente detto San Nicola di Bari; in una grotta di questa chiesa veniva già custodita un'effige della Vergine col Bambino, una delle tante, racconta la cronaca: ”antichissima, attribuite inizialmente forse al mito di San Luca poi nel corso dei secoli alla scuola toscana del XIII secolo”. Si dice che l'effige venne qui portata dai Carmelitani costretti ad abbandonare il monte Carmelo ove s'erano insediati già molto prima del 1268. Tanta e tale fu la devozione per la Vergine del Carmelo diffusasi per la città di Napoli dal ricordato Campo Moricino, all'attuale zona del Borgo degli Orefici. In una bolla papale dell'allora pontefice Sisto IV si specifica come il popolo napoletano, onde lucrare indulgenza plenaria, si recasse fervido e devoto presso l'erigenda chiesa dell'Assunzione di Maria Mater Dei extra moenia, eretta già dai Carmelitani e per quest'appunto dicasi anche prima chiesa del Carmelo e successivamente e sembra così definitivamente conosciuta come chiesa del Carmine, dall'inizio di agosto e fino all'8 settembre giorno dedicato alla Natività della Madonna. I fatti cambiarono notevolmente allorquando papa Alessadro VI, indetto il giubileo all'inizio del XIV secolo, si ritrovò Roma invasa pacificamente dai Romei, giunti da Bisanzio perchè vessati dai Turchi, e dai napoletani che si presentarono in città in pellegrinaggio con appresso l'Effige della Vergine La Bruna; veduti i molti miracoli capitati in città, ad esempio si legge in un' antichissima poesia napoletana ”li surdi c' a 'ntisero li canti delli muti e li cichi che videtteru li struppiati abballare avuanti alla Madonna do' Carmine”, il pontefice, Sua Grazia, col dubbio che si levasse perciò la perdonanza di San Pietro e delli altri loghi di Roma”, molto garbatamente invitò i signori napoletani a riprendere la via per la propria città.


La consacrazione popolare dell'icona della Bruna.
 

  • Il ritorno a Napoli consacrò il mito della Vergine detta La Bruna. Il popolo saputo i prodigi che l'Effige ebbe combinato a Roma, ma anche strada facendo in rotta su Napoli, corse ad accogliere festosa la propria Madre mancata per più di due settimane e che anzi al suo ritorno a Casa, ogni cosa cambiò. E' per questo motivo che l'icona della Vergine non venne rimessa nella sua primitiva sede, ma collocata sull'altare Maggiore in un'edicola di legno al posto del quadro dell'Assunzione della Vergine, che anticipatamente lo sormontava, per altro motivo per il quale la chiesa era così titolata. Nel 1524, riconoscendo il convento del Carmine Maggiore di Napoli, come il principale d'Italia, l'Ordine lo sottopose sotto il patronato del Priore generale dei Carmelitani anche allo scopo di far crescere la devozione popolare della miracolosissima Vergine detta La Bruna e da allora in tutta Europa numerosi erano i conventi che veneravano questa Effige; Enrico Silvio, segretario dell'Ordine, già agli inizi del XVII secolo n'ebbe contati cinquantatrè; per espresso ordine dei superiori si replicarono copie su copie, come in Belgio nel 1657 se ne prescrissero una per ogni chiesa.


L'omaggio dei grandi della storia all'icona della Bruna.

La celebrazione della Madonna del Carmelo detta La Bruna venne introdotta nel calendario liturgico della diocesi di Napoli per decreto del sinodo celebrato nel 1595 sotto l'arcivescovo Annibale di Capua.
 

  • A Giuseppe Garibaldi in visita alla città di Napoli in carrozza scoperta venne suggerito di levarsi il cappello al passar del corteo delle carrozze innanzi al Santuario medesimo onde scongiurare prima di tutto il furore del popolo e poi anche, non si fosse mai saputo, la tragedia di un Vesuvio in eruzione; il marchese Del Carpio se ne fece fare una copia identica per il suo oratorio, la stessa copia donata da Carlo III di Borbone alla Cappella Reale di Napoli e così anche il figlio Ferdinando I non ne realizzò un'altra di copia, mentre è noto che privatamente si recava in visita all'Effige della Vergine detta La Bruna in chiesa e a seguirne l'esempio il figlio di questi, Ferdinando II e ancora l'altro figlio Francesco. Innanzi alla prodigiosa immagine della Vergine La Bruna anche il pontefice Pio IX il 3 febbraio del 1850, forse persino Sant'Alfonso Maria de' Liguori, San Gerardo Majella, San Francesco Saverio Maria de Bianchi, il beato Giovanni Soreth, il beato Sulprizio, San Giuseppe Moscati, la venerabile Serafina di Dio, Maria Cristina di Savoia, la quale ha donato alla Cappella e alla Venerata Effige due cuscini in seta ricamata con le sue stesse mani, i Cardinali Merry del Val ed Eugenio Tisserant, Massimiliano di Baviera, Umberto II di Savoia e Maria Josè, Enrico De Nicola e nel 1990 anche San Giovanni Paolo II. Espressiva caratteristica di devozione ha anche assunto l'omaggio reso alla Vergine dagli artisti della musica italiana: Franco Michele Napolitano ed Enrico Bossi, ad esempio, ma anche dagli insigni musici della lirica come Caruso, Beniamino Gigli e Tito Schipa tanto per dare un minimo elenco. Tre sole volte la Vergine Bruna è uscita dal Suo Santuario: la prima in occasione del VII Centenario dello scapolare, compiendo solenne peregrinazione iniziata il 21 luglio del 1951 e conclusasi otto giorni dopo: con grande processione di popolo e grandiosa monumentalità la Effige della Vergine sostò al Duomo di Napoli e alla chiesa di San Francesco di Paola a piazza del Plebiscito, ritornando al Carmine maggiore via mare. Una seconda volta nel 1974 per un lavoro di restauro e nel 1990 venne traslata nella piazza del Plebiscito in occasione di una solenne messa celebrata da San Giovanni Paolo II nella quale occasione la persona del papa volle renderLe il suo omaggio.


La solenne incoronazione della Vergine La Bruna.
 

  • Per istanza scritta ed avanzata all'illustrissima Signoria del papa, per conto dell'Ordine Carmelitano a nome del reverendo Superiore padre Savini, il Capitolo Vaticano, con decreto redatto il 29 giugno del 1875 ed indirizzato al molto reverendissmo Cardinal, Arcivescovo di Napoli, Servo di Dio, Sisto Riario Sforza, professa ufficialmente la solenne incoronazione di detta Vergine La Bruna, cosa che avverrà di fatto in molti e molti giorni di preparazione iniziati il 2 luglio di quello stesso anno, dall'anzidetto monsignor Cardinale di Napoli e dai due officianti, monsignor Simone Spilotros, vescovo di Tricarico e monsignor Anastaso Laterza vescovo di Boiano. A parte la sua storia ampiamente trattata le ricorrenze della Vergine La Bruna si espletano nei festeggiamenti del 15 luglio di ogni anno con l'incendio del Campanile, un'usanza sembra iniziata a metà del XVII secolo; un mastodontico, fantasmagorico gioco pirotecnico che avvolge in fumo e fiamme l'intero Campanile dando effettivamente l'impressione di un suo imminente crollo, allorché, invece, viene issata l'icona della Venerata effige della Vergine Bruna, anch'essa avvolta da uno spettacolare guizzare di fuoco e fiamme, scongiura il tanto temuto crollo e con lo spegnersi dei fuochi sotto l'eco delle vicine cannonate la festa volge al termine.

Spazio note

(1) Estratto da: “La Bruna ed il Carmine di Napoli” Fede, Storia ed Arte, Seconda edizione aggiornata, Napoli 2000 Archivio del Carmelo di Napoli. Sulla devozione e sull'immagine della Vergine Bruna: F.De Rosa, ”Miracoli della Gloriosissima Vergine Maria del Monte Carmelo in Napoli”, Vico Equense, 1585; H. Bacco ”Delle grazie e dei miracoli della Beta Vergine del Monte Carmelo in Napoli”, 1605; F.Caputo: “Il Monte Carmelo in cui si tratta della miracolosoa immagine della Nostra Signora del Carmine del Regio convento in Napoli”, Napoli, 1613 (4 ed.ivi 1683); C.M Trincheri ”Divotioni che si recitano dalli fedeli...nella regal chiesa di Santa Maria del Carmine di Napoli” , Napoli, 1741; S. Signoriello, ”Breve racconto della miracolosissima immagine della SS. Vergine del Carmine detta della Bruna”, Napoli, 1846; V.Apreda, “Istoria della miracolosoa immagine...della Bruna...colla novena e mese di essa”, Napoli, 1846; S.L.Pasinati ”Orazione per la incoronazione della immagine della Beata Vergine del Carmelo detta della Bruna”,Napoli, 1875.
(2) Opera di scuola toscana del XIII° secolo, giunta a Napoli si afferma tradizionalmente dal Monte Carmelo in Palestina; si tratta di una tavola di forma rettangolare alta un metro e larga appena 80 cm.
(3) E' l'abitino di Maria che s'indossa al collo terminante all'altezza della scapola col quale è intesa una relazione tra il pio orante e la misericordia della Bruna; in passato però, è nota che i carmelitani non nascondono affatto, lo scapolare veniva ostentato anche dai guappi, dalle prostitute e dai malavitosi locali; quello scapolare dunque indicava la convinzione di questa gente abbandonata a se stessa e soprattutto lasciata sola a vivere di stenti, espedienti, prepotenza, di furti, violenza, rivolte, di poter trovare sicuro perdono nella materna protezione della Vergine che appresero a venerare sin dalla nascita contro le malefatte cui erano costretti a perpetrare.