Apparato decorativo di Sala al San Carlo Napoli


Gli apparati decorativi della sala del teatro San Carlo di Napoli1 si suddividono in tre ordini di insieme:



La tela di Giuseppe Cammarano sta ancorata a fogli di legno intrecciati e a loro volta agganciati alla carpenteria portante di legno di castagno, al di sopra del quale, è stata riadattata a sala prove regia e la sala scenografie del 1927.

L'apparato decorativo di sala del Teatro.

Pur datato XVIII secolo, oggi, l’apparato decorativo della sala teatrale del San Carlo di Napoli è l’esito finale di un lavoro di ricostruzione partito immediatamente dopo il disastroso incendio del 13 febbraio 1816 e conclusosi subito l’anno successivo, coi parapetti dei palchi riordinati secondo le impostazioni iniziali ed i dettagli di ornamenti in squisito codice neoclassico riportati alla luce ed impreziositi da fregi e putti come suggeriscono le tragedie greche.

  • Le tappezzerie, oggi rosse in carta vellutata, un tempo erano foderate in bleu de ciel foncè, ed i fondi delle balaustre son state trattate in oro zecchino in foglia, modificata a questa maniera per ordine di Ferdinando II di Borbone nel 1844. Tutti i pezzi dell’apparato decorativo in sala sono rigorosamente in carta pesta, rivestiti di lamine su lamine una per ognuno degli interventi di restauro eseguite fino alla superficie maggiormente esposta, creata in porporina e finalizzata ad ottenere un tono di giallo sempre più vero come l’oro. Le decorazioni vennero scelte in cartapesta per ottimizzarne l’acustica; questi son tutti fissati alla carpenteria pesante grazie al sostegno di teste di chiodi massicci che, dall’altra parte, non affondano affatto nell’intelaiatura, costituendo in questo modo, elementi di vincolo tra la struttura del teatro ed il guscio delle scenografie che sorreggono. Nel restauro proceduto nel 2010 sono state condotte indagini radiografiche sui pezzi presenti in sala, specie sulle Vittorie alate e sul Tendaggio del palco Reale, che, costituito di carta pesta armata, a testimonianza di viaggiatori eccellenti, brillava di rosso vivo ottenuto dall’uso massiccio che se ne è fatto della lacca di garanza applicata al fondo in argento e sul quale spiccavano in oro i Gigli borbonici. Le radiografie, per il resto delle decorazioni in sala, hanno evidenziato fibre di cellulosa e colla sotto patine di stucco ingiallito dal tempo, su cui però a prevalere sono pigmentazioni di nero, bruno e rosso, che, visti da lontano, sortiscono l’effetto ambrato degli elementi. Ed ancora nei restauri condotti in occasione del 150° dell’Unità d’Italia, alle Vittorie e ai panneggi del palco reale sono stati messi in evidenza stratificazioni in stucco ben levigato, costituenti più di una sola superficie, delle quali, la più profonda è caratterizzata da una sottilissima lamina in argento, legata alla superficie di fondo della decorazione con abbondante resina oleosa assieme ad un’irrilevante quantità di pigmento aranciato.

Il Palco Reale del Teatro San Carlo

Sulla tenda del Palco Reale è stato riscontrato sopra la lamina di color argento, uno strato composto di legante naturalmente assai invecchiato che si presenta di color rosso brunastro, ma che all’origine è più probabile riflettesse un colore di lacca rossa, viva.

  • Mentre per quanto riguarda le Vittorie, alla superficie in argento, le corrispondono strati in gommalacca. In realtà si è concluso che inizialmente le Vittorie, viste dai palchi e dal palcoscenico, probabilmente nel concorso dei toni leggeri dell’oro e dell’argento apparivano di un tenero color rosa, organico agli effetti simili che si sarebbero potuti notare per la Corona del Palco Reale ed i pendenti lignei. La volta del palco Reale, oggi bianca, dovette presentarsi, stando alle descrizioni di Stendhal, di un fondo molto chiaro, un celeste impallidito dall’azzurrite artificiale, ammischiato col bianco plumbeo raffinato dal medesimo metallo; sopra il quale andavano ad affissare le campiture dello stesso colore del panneggio di cartapesta. La decorazione dei palchi è stata ottenuta ugualmente con materiale in cartapesta per i putti e le palme alla sommità dei palchetti, che, solo in questo caso, una missione di giallino sostituisce l’originale impiego della lamina in argento alla base, poi comunque aggiunta in gommalacca; in parte, per la decorazione delle transenne a forma di ananas, è stata praticata l’arte dell’intarsio su legno di pioppo. C’è stata una ripresa della fluorescenza indotta dai raggi UV nell’ultimo restauro del teatro per stabilire scientificamente la storia conservativa dei putti che fanno parte dell’arredo decorativo; su tutti questi elementi dei palchetti si sono riviste estese tracce di vernice passata alla meglio; sul fondo dei palchi, oggi tutti in avorio, sotto quattro strati di bianco, è venuta fuori una sostanza organica che ancora trattiene particelle carboniose. Le ammaccature e gli sfaldamenti della cartapesta mostrano come spesso si è provveduti al restauro dei prospetti dei palchetti affacciandosi direttamente da essi e con strumenti non adatti all’esiguità di spazio. Infine, a conferire maggior aspetto d’antichità è la caduta generale di colore alle parti materiche in esibizione, e considerevolmente anche la spessa patina di particolato causato dall’azione congiunta del fumo di candele, torce per l’illuminazione e scarichi combusti per i vecchissimi sistemi di riscaldamento.
La tela del velario di Giuseppe Cammarano.

La tela di Giuseppe Cammarano, professore emerito dell'Accademia di Belle Arti, occupa il novanta per cento del volume del soffitto della sala teatrale.

  • Di Giuseppe Cammarano si ricorda l'egregia opera detta il Pallade che incorona la Fedeltà, realizzata e posta in esecuzione sul soffitto della Terza Anticamera del percorso musealizzato all'interno dell'appartamento storico di Palazzo Reale. Ritornando alla Tela del Velario, essa è stata trattata superficialmente con sottilissimi strati di biacca, ocra gialla e terra rossa. La spettrografia utilizzata per il sondaggio sulla tela durante la fase del massiccio restauro di tutto il complesso teatrale ha dimostrato quanto l’autore del disegno lo abbia realizzato in continuità, senza ripensamenti alcuni, anche se, tuttavia la macrofotografia ha comunque messo in evidenza campiture sottogiacenti. Le evidenze di differenza di color azzurrino son venute alla luce specie e soprattutto per tre personaggi che stanno alle spalle di Dante Alighieri, cosa che ha fatto pensare, probabilmente che i tre personaggi potrebbero esser stati aggiunti in un secondo momento, ma allo stesso tempo, la lettura fluorescente del dipinto ai raggi X, ha comunque dimostrato altre zone ampiamente estese di azzurro trattato con passate di bianco di piombo, e quindi ciò potrebbe confermare quasi sicuramente, che l’autore ha cercato nell’uso specifico dell’azzurro di base, l’accordo con le tonalità del fondo dei palchetti e del più scuro pastello dei parapetti. Anche tutte quante le stesure pittoriche è certo che son state trattate da legante proteico, laddove all’esame radiografico la risposta è stata un ritorno di colore violaceo in cambio di alcune minuscole zone del dipinto tornate in giallo a testimonianza del medesimo trattamento con legante proteico però misto a sostanza oleosa. Il ricorso alla radiografia del dipinto ha ancora dimostrato l’utilizzo dei pigmenti del tipo delle terre per l’ottenere l’ocra gialla, mentre per un rosso più cangiante l’autore si è servito del cinabro. Medesima sostanza servita anche per gli incarnati ottenuti in questo caso con aggiunta di bianco di piombo e bianco di bario per i relativi spunti di bianco sul colore della pelle dei personaggi. La maggior varietà dei colori sulla tavolozza è data dal verde/giallo, laddove all’esame spettrografico è risultato l’aggiunta del giallo di Napoli e l’orpimento al colore delle terre, e più spesso ritrovato anche mescolato al verde di rame. Tutti i rilievi decorativi, le stelle e le cornici sono in cartapesta, preparata con gesso e colla; le stelle riprendono com’è naturale il colore fondo dell’oro e le cornici riflettono il colore dell’argento meccato. Sempre a proposito di tappezzerie; in un riordino delle stoffe che foderavano durante il XX secolo le pareti della quadreria di Palazzo della Prefettura a piazza Plebiscito, di questo autore, furono ritrovati otto pezzi dipinti su intonaco, dei quali, a rappresentarli tutti oggi in esposizione permenente, l'opera conosciuta come Talia, La Commedia.

Spazio note

(1) [Maurizio Lorenzoni e Antonio Rava, con Francesco Esposito e Claudio Falcucci. Liberamente estratto da:Teatro di San Carlo. Memoria e Innovazione Napoli ArtE'M 2010 BNN SEZ NAPVI A 353 pagg 102-109. ]