Il Patrimonio artistico di Santa Maria dell'Aiuto Napoli
Si tratta delle opere custodite all'interno della chiesa napoletana di Santa Maria dell'Aiuto, zona Banchi Nuovi, tra Santa Maria La Nova, Santa Chiara e San Giovanni Maggiore.Tutte le opere che risiedono in quest'edifico son state progettate con l'intera fabbrica sicchè debbono intendersi come opere indispensabili per l'intero impianto architettonico, come elementi continui di esso e che non poco contribuiscono a testimoniare la storia di questa chiesa.
L'interno risulta gradevole, accogliente e composto, un insieme di condizioni che favoriscono non poco il raccoglimento. E' facile dunque intuire che esiste un legame tra questi ambienti e quelli delle chiese ove ancora insistono elementi della pittura classica che hanno per soggetto santi napoletani come ad esempio la chiesa di Santa Maria dei Vergini nell'omonimo Borgo, la chiesa di Santa Maria della Mercede e Redenzione dei Captivi alla sommità di Via San Sebastiano a Port'Alba, la chiesa di Santa Maria della Mercede a Montecalvario, la chiesa Concezione entrambe sulla sommità dell'Imbrecciata e per finire ma sicuramente non l'ultima, la chiesa di Santa Maria della Mercede a Via Chiaia.
Le opere pittoriche in Santa Maria dell'Aiuto.
Le opere pittoriche sono quasi tutte di Gaspare Traversi, artista dalle qualità innovative ed ingegnose anche se tardamente apprezzate.
- A cui son stati dati dei parametri ben definiti soltanto nel 1927 da Roberto Longhi che ne ha studiato alcune delle sue opere giovanili proprio in Santa Maria dell'Aiuto confrontandole con altri suoi lavori dell'età adulta e oggi in esposizione alla chiesa di San Paolo Fuori Alle Mura in Roma1bis, restituendo alla critica dell'arte una lunga serie di indimenticabili scene di vita domestica della media e piccola borghesia napoletana. Ma la sua prima impresa artistica del 1749 fu proprio il ciclo delle tele a carattere liturgico con soggetto sacro per le commissioni di Santa Maria dell'Aiuto di Napoli, chiesa tra l'altro relativamente vicina al suo domicilio. Le opere tutte ritraggono scene di vita evangeliche gravitanti attorno alla figura della Vergine Maria Madre di Dio, argomento tanto caro al De Mura, il quale alla morte del suo maestro, Francesco Solimena, ne aveva assunto la direzione artistica della bottega d'arte. All'interno della chiesa vi sono dunque: all'altezza del sovrapporta l' “Assunzione di Maria Vergine”, [1749 olio su tela 204x306] assisa su nuvole e vestita di abiti chiari assurge al cielo circondata da uno stuolo di angeli e di cherubini ed in basso alcuni assistono commentando l'accaduto. Diversamente nell' “Annunciazione” [1749 olio su tela 316x165] Maria è adorna di una veste con manto azzurro, nelle mani ha un libro, il capo chino coperto da un velo e di fronte a Lei l'Arcangelo Gabriele le addita con una mano una Colomba, simbolo dello Spirito Santo e con l'altra Le offre un Giglio. Fatta salva l'unica eccezione che in questa tela esistono due elementi che nulla hanno a che vedere col resto della scena dipinta: un gatto ed una cesta di pani. I critici hanno assai discusso su questo fatto pensando che questi due elementi siano un tentativo non del tutto esplicito dell'autore di creare una distanza effettiva con le commissioni di quell'epoca e adeguarsi alle nuove istanze di pittura contemporanea. Nella “Natività di Maria” [1749 olio su tela 204x306] si nota a destra Sant'Anna distesa su di un letto ed una donna accanto L'assiste nell'ora del travaglio; Maria invece, sempre nello stesso dipinto, è già nata ed è anche piuttosto grandicella la si vede seduta sulle ginocchia di un'altra donna che Le mostra chi sarà suo sposo: San Giuseppe. A sinistra del quadro un gruppo di popolane assiste gioioso la nascita della Neonata ed in primo piano un bacile, un catino e sullo sfondo nuvole e cherubini e angeli e insomma si individua meglio il moderno interesse dell'autore verso una rappresentazione più vera e naturale con riferimento alle realtà popolari. Anche uno degli ovali nel cappellone a sinistra della crociera, “Morte di Sant'Andrea” vestito in abiti talari, morente sostenuto da un giovane sacerdote, è tuttavia da attribuirsi al Traversi anche se è difficile trovarne conferma tra gli storici ed i critici dell'arte. L'altro ovale dello stesso cappellone è invece opera di Gaicinto Diano uno dei grandi decoratori napoletani della seconda metà del suo secolo (1731-1804) in fondo colui che meglio degli altri intese il valore moderno delle ricerche architettoniche espletate dall'artista Ferdinando Fuga e Luigi Vanvitelli approfittandone questo è vero di esser il solo capace di applicarne la nuova visione spaziale nelle tele e negli affreschi in oltre cinquant'anni di ininterrotta attività tra chiese e palazzi di Napoli e non solo2. La grande tela centrale [ cm 330x260] sempre del Cappellone medesimo opera di autore ignoto del 1871 è stata attribuita dal Galante a Giuseppe Fortino, ma Strazzullo nelle sue postille alla guida del Galante invece l'attribuisce a Giuseppe Farina così come si firma l'artista sulla tela; rappresenta la "Vergine dell'Aiuto" col Bambino circondata da angeli e cherubini, la Quale tende la mano a sinistra per allontanare la morte alata a cui un angelo ha strappato di mano la sua falce; nel basso del dipinto, una folla supplichevole d'esser liberata dalla morte che l'assedia; in primo piano un nobile bellamente vestito, forse si tratterebbe del committente dell'opera, ed un sacerdote al suo fianco che implora anch'egli l'Aiuto della Vergine. Il Cappellone a destra della crociera è invece dedicato a San Giuseppe, protettore della buona morte, ed in questo ambiente domina: la tela centrale, il “Transito di San Giuseppe” (cm 340x260) in cui si vede il santo Giuseppe disteso sul letto di morte avvolto in panni ampiamente drappeggiati, assieme ai due ovali e cioé, lo “Sposalizio della Vergine” e il “Sogno di Giuseppe” anche se il Galante l'attribuisce entrambe a Gaspare Traversi, dev'esser d'altro autore artisticamente preparato dalla scuola di Luca Giordano forse il De Matteis che operò tra Roma e Napoli in quegli anni o più probabilmente Jacopo Cestaro (1718-1790). Altre due opere pittoriche, di ignoti autori napoletani, sono gli ovali che decorano gli altarini addossati ai pilastroni della crociera. Il primo a destra rappresenta Sant'Alfonso Maria de' Liguori, vestito di abiti vescovili ed una croce al collo diametralmente frontale all'altro ovale ritraente San Domenico da Guzman nell'abito dell' Ordine da lui stesso fondato.
Le Sculture in Santa Maria dell'Aiuto.
L'altare maggiore ed il monumento sepolcrale dedicato a Gennaro Acampora nella chiesa di Santa Maria dell'Aiuto rappresentano un eminente valore artistico e storico. Raffaele Mormone fa notare che nell'altare maggiore, opera di Dionisio Lazzari, egli stesso, l'autore, rivelò una nota personale abbastanza evidente3.
- Le cornucopie, infatti, che stanno ai lati della mensa e del dossale presentano un andamento spiraliforme, con curve ad andamento opposto e gli angeli dalle ali che rientrano nel gioco della soluzione del decoro all'intero impianto, per il loro acuto senso del realistico e per la vivacità del modellato, ovviamente di pretta ispirazione fanzaghiana, sono da considerarsi degli autentici pezzi di scultura.
- L'altare si erge su quattro gradini. Il paliotto con croce greca centrale a rilievo e i due mensoloni laterali sono da ritenersi opera di realizzazione più tarda4.
- Ai lati del dossale due pilastrini con due stemmi gentilizi con elmo tra inserti di foglie, divisi verticalmente in due campi sono rari pezzi di pregevole fattura.
- Il dorsale in due gradini è finemente lavorato in marmo commesso policromo con motivi vegetali stilizzati nero su fondo giallo. L'ancona che alloggia il sacro dipinto della Vergine dell'Aiuto e il cui disegno originale risale alla fine del XVII secolo, conserva la struttura tipica delle costruzioni architettoniche tardo seicentesche, presentandosi come una gran macchina decorativa, all'interno della stessa chiesa.
- I due angeli reggicandelabro opera realizzata da Francesco Pagano su disegno di Domenico Antonio Vaccaro son stati inseriti nell'impianto scenografico del 1741.
- L'ancona è costituita da un alto basamento restrostante l'altare, sul quale spiccano quattro colonnine di marmo rosso, due delle quali arretrate rispetto a quelle centrali, tutte con capitello composito.
- Al centro, in un ovale, è inquadrata l'effige della Vergine dell'Aiuto.
- In alto la trabeazione è ornata da due cherubini con un festone floreale.
- Il timpano spezzato culmina in due volute affrontate con un festone di fiori al di sopra del quale, in un edicola marmorea è riprodotta a rilievo la Colomba simbolo dello Spirito Santo.
L'area presbiteriale è delimitata dalla balaustra.
Il cui disegno e la stessa realizzazione probabilmente la si devono al Lazzari.
- Parte da una base in marmo bianco modanata e listata con bardiglio su cui poggiano le colonnine squadrate in marmo rosso, sorreggenti un davanzale lavorato con marmo policromo ad intarsio riproducenti motivi vegetali. Il famoso monumento sepolcrale dedicato a Gennaro Acampora, Governatore della stessa chiesa, ma fatto erigere dal fratello Donato come si legge in un'epigrafe incisa sullo stesso cenotafio, posto sul lato destro del vestibolo per chi entra, fu realizzato nel 1738 dallo scultore Francesco Pagano su un deliziosissimo disegno di Bartolomeo Granucci un interprete a quell'epoca ancora del tutto sconosciuto del rococò napoletano. In quest'opera il Pagano riesce ad esprimere la propria carica di lavoro riuscendo a dare un ritratto assai vivo della borghesia del suo tempo e della società in cui egli stesso viveva; e l'opera del monumento sepolcrale ne è una prova inoppugnabile; l'Acampora viene, infatti, rappresentato in atteggiamento molto sciolto assai vibrante, con la vena della fronte quasi pulsante e con quel giamberghino che s'apre negligentemente sul davanti per far uscire il jabot e l'ampia giamberga su cui ricadono i riccioli della parrucca di seta di Sivilgia e insomma c'è una tale morbidezza nel modellato da far intuire che l'intenzione dell'artista che l'ha realizzata, appunto il Pagano, fosse stata quella di tradurre in marmo i valori cromatici5. Il monumeto è a base rettangolare con cornice mistilinea, in cui è inserita la lapide lavorata a riccioli e volute. Lateralmente al finto sarcofago, che spunta dal commesso, due lesene marmoree reggono un timpano spezzato con al centro lo stemma gentilizio racchiuso in una cornice a riccioli e volute. Il Pagano con quest'opera, ha consacrato il suo personaggio nel mondo delle arti potendolo considerare uno dei più qualificati esponenti a Napoli e nel meridione d'Italia del rococò in scultura, poiché s'è visto riesce ad essere con estrema levità di tocco, sinuoso e fremente. L'altro monumento funebre nel cappellone a destra della crociera, è dedicata a Francesco Di Gennaro, protonotario apostolico e rettore di Santa Maria dell'Aiuto dal 1889 al 1907 data questa anche della sua morte, ma eretto dal fratello di Francesco nel 1923 e presenta una tipologia di gusto classicista sottolineato dal recupero di motivi decorativi quali il festone e il sarcofago cuspidato. Il busto del defunto è installato in una nicchia emisferica. Non vanno per niente dimenticate le due acquasantiere che riproducono in marmo bianco la forma di valve di conchiglie con superficie scanalata, secondo la schematizzazione tipologica di opere analoghe e di gusto detto rocaille assai diffuso nell'ornamento delle chiese del XVII e XVIII secolo. Da menzionare anche i due organi di legno e di manifattura napoletana della seconda metà del '700, ubicati in alto, ai due lati contro i pilastri diagonali della crociera. Dei due soltanto quello di destra ha avuto per un certo periodo la sua funzione di strumento musicale; quello di sinistra diversamente è da considerare solo come un elemento estetico ed è stato realizzato solo per colmare lo spazio lasciato vuoto dall'imponente struttura del balcone riccamente abbellito da motivi vegetali, targhe, conchiglie, capitelli intagliati, fusti adorni di grappoli in rilievo, elementi naturalistici con raccordi e volute affrontate nella parte superiore; il tutto laccato in bianco avorio con cornici e modanature dorate.
Spazio note
(1) Estrato da: (Carlo La Pegna: "La Chiesa di Santa Maria dell'Aiuto a Napoli", Napoli, febbraio 1989-Arti Grafiche Dragotti)(1bis) Nicola Spinosa, “La Pittura napoletana da Carlo e Ferdinando IV di Borbone”, in, “Storia dell'Arte”,vol. VIII, pagg.504-508)
(2) Giacinto Diano, le sue prime opere furono realizzate per il Seminario, il Duomo e la Biblioteca di Pozzuoli sua città natale. Poi da Napoli, prima alla chiesa di San Agostino degli Scalzi e dopo alla chiesa di San Pietro Martire operò in tutta la Campania, da Benevento a Castellammare di Stabia, a Sorrento, a Nocera Superiore, da Ischia al Matese; poi ancora a Lanciano, Chieti, Roma, Marano di Bologna e a Stoccarda.
(3)(Raffaele Mormone, “Architettura a Napoli del 1560 al 1734” in “Storia di Napoli”, vol. VI°, pp.1104-1105).
(4) Luigi Catalani, “Le Chiese di Napoli; descrizione artistica e storica”. 1845 p.114 Anzi il Catalani precisa che l'altare fu rifatto nel 1780. I mensoloni originali più preziosi ed elaborati di quelli in opera sono conservati nella stessa chiesa.
(5) Vincenzo Rizzo, “Sculture inedite di D.A.Vaccaro” in “Napoli nobilissima”, vol. XVIII fascicolo II, 1959, p.52 e seguenti e ancora: Archivio Storico del Banco di Napoli, Giornale di Cassa del Banco dello Spirito Santo, matricola 1389 del 22 aprile del 1741 pag. 248 così si legge: “...a Francesco Pagano, scultore dei marmi a saldo e completo final pagamento di 140 ducati dei Governatori della Venerabile chiesa di Santa Maria dell'Aiuto dei Coltrari della Seta di questa città”
NAP0422234 Descrizione Il *Palazzo di Fabrizio Colonna a Mezzocannone. Pagine della storia di Napoli studiata nelle sue vie e nei suoi monumenti. Pt. : Il Palazzo nel sec. 15.. I Pappacoda e gli Orsini/ Bartolomeo Capasso G. Traversi a Napoli e presenza di D. A. Vaccaro in S. Maria dell'aiuto dei coltrari di seta (1783-1750) / Vincenzo Rizzo Monografia UFI0202364 Descrizione L'*architetto Nencioni Dionisio di Bartolomeo : (1559-1638) / Mario Borrelli. - Napoli : AGAR, 1967. - 211 p., [2] c. ; 25 cm.
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