Chiesa Donnaregina Nuova di Napoli

Fu rilevata negli anni 2004-2005 da un totale stato di abbandono e razzia delle opere d'arte in essa custodite.
Mentre un non autorizzato spostamento di gran parte del mobilio in radica di noce fu avviato nel 1972 all'indomani del cessato utilizzo dei locali da parte dell'Arciconfraternita di Santa Maria della Visitazione2.
Perdute per sempre anche le tele di Giuseppe Pesce un tempo poste ai varchi della navata prima e dopo del comunichino. Risale al 1764 l'ultimo intervento di modifica strutturale significativo e comunque non collegabile direttamente ai saldi effettuati dalla segreteria economica delle monache clarisse. Gran parte del pavimento maiolicato è andato trafugato durante il restauro delle fondazioni del 1872.
Essa sorge sul piazzale antistante il palazzo Arcivescovile sede dell'Arcidiocesi napoletana con facciata impostata su un ampio scalone opera di Angelo Barone del 1780 attratta dalle due monumentali statue del 1647 ritraenti i santi Apostoli Bartolomeo e Andrea emblema solenne, che spesso ricorre nel programma decorativo degli interni, tema anche del prestigio di questa chiesa Nuova e la riproposta della figura del Santo Francesco d'Assisi e dei santi francescani dell'era angioina presenti anche nel polittico di capoaltare al fianco delle scene evangeliche della Vergine Madre di Dio nella chiesa Vecchia con ingresso in via Settembrini, oggi sede del Museo Madre.
Dal Cardinal Innico Caracciolo consacrata nel 1669, già benedetto luogo di culto nel 1627.
Sul quel che restava di effettivamente compiuto già nel 1617, data al popolo e all'Ordine religioso delle Clarisse mancante della cupola e con la zona del presbiterio con copertura provvisoria occupata dall'opera di Aniello de Vico.
- Alle sue spalle vi è la chiesa gemella, detta Donnaregina Vecchia. Entrambe gli edifici comunicavano tra loro fino al restauro durato sei anni tra il 1928 ed il 1934, durante il quale, onde ricostruire la forma gotica di Donnaregina Vecchia si sono sottratti più di cinque metri dalla profondità del coro barocco di Donnaregina Nuova. Nel 1620 per i tanti lavori realizzati e per le opere offerte la Monastero, a Giovan Cola di Franco verrà poi ceduto il patronato della prima cappella a sinistra sull'ingresso; cinque anni dopo verranno realizzate le decorazione per le due cappelline mediane e nel 1635 venne concesso patronato alla prima cappella di destra dell'ingresso sacra a Sant'Antonio col polittico sull'altare oggi scomparso e sostituito dal Noli me Tangere del '600. A Giacomo Lazzari verrà commissionata l'edizione del gruppo scultoreo del presbiterio, la Colomba dello Spirito Santo ed i Putti. Le due tele dell'Immacolata, dove naturale è stata ripresa l'idea di un soggetto simile alle produzioni del Ribera, più o meno identico al dipinto per la Cappella al Palazzo Reale, collocata nell'omonima cappella di patronato Carmignano e dell'Annunciazione, commissionata senza una vera e propria destinazione, descritta in certi viaggi del settecento in Sacrestia e dalle note storiche del XIX secolo trovata a lato dell'Epistola, alla fine risulterà nel 1819 in una non meglio individuata cappella dell'attuale Museo, poi nel 1872 ancora spostata in Sacrestia non prima e non senza esser stata, seconda cappella a destra, accanto al dipinto murale della Madonna della Libera del XVII secolo. I due dipinti medesimi, dai toni scuri, a base di terra e i volumi definiti e statuari, le monache in Domine Reginae le commissionarono all'artista Charles Mellin, negli anni in cui il pittore formatosi a Roma, arricchitosi dell'esperienza del Domenichino e del Vouet, produsse le sue opere significative di una tendenza sciolta e fluida, abbandonando il colorismo raffinato della scuola veneta e lasciandosi prendere dalle tendenze delle scuole napoletane.
E' del 1650 opera di Bernardino Landini la sistemazione della grata del comunichino nell'area presbiterale.
Poi quattro anni dopo a Francesco De Benedictis verranno commissionati gli affreschi sulla volta dell'unica navata.
- Tracciata sui suoi lati da un ciclo di affreschi sui personaggi veterotestamentari ed alcune iscrizioni poco leggibili, ma riferibili ad una raccolta di litanie lauretane sugli appellativi sacri alla Vergine Madre di Dio con un programma iconografico prodotto necessariamente già negli anni 1627 1628. Di quest'artista, che pare abbia raggiunto un'ipotetica maturità nelle arti figurative, si osserva la naturalezza nei linguaggi, la stessa possibilità di esporre in maniera semplice e sentimentale una religiosità artistica di chiara ascendenza caravaggesca anche se, invece, lo si vede, è palese lo stampo di Massimo Stanzione. Sempre sulla volta, a partire dall’arco trionfale, in un pessimo stato di conservazione si osserva la Gloria di San Francesco, più visibile e ancora avvolti dalle policromie originali gli scomparti sugli Apostoli che guardano il sepolcro vuoto della Madonna, l’Assunzione e l’Incoronazione della Vergine, restaurati l'ultima volta nel 1979, e da quella data molto del materiale degli affreschi è andato ad ogni perduto. Ampie zone affrescate risultano oggi illeggibili; alla metà del XV secolo, per mano di Romolo Manente spettano il consolidamento e doratura degli stucchi già presenti in chiesa dagli anni 20 di quello stesso secolo; Luca Giordano ed il Beltrano provvederanno agli affreschi della Cappella maggiore del Museo e del coretto oltre che della cupola fatta costruire postuma all'impianto originario solo nel 1654 e dei perduti dipinti ad olio sicuramente dello stesso Giordano collocati inizialmente nei riquadri sopra le edicole dei pilastri poi sostituiti da monumentali sculture in legno di Giovanni Conte, per quattro delle quali esiste un documento di sintesi datato 1659. La decorazione della Cupola è opera più tarda del Beltrano, gusto palesemente stanzionesco, irrimediabilmente illeggibile per le estese lacune e l'avanzato stato di consunzione della pellicola pittorica.
E' stato battuto all'asta Sotheby nel gennaio del 1992 un bozzetto preparatorio di estremo interesse artistico.
Assieme ad un'altra opera di ignoto autore ritraente i Santi che adorano la Santa Croce. Nella calotta è raffigurato il Paradiso, nei lunettoni il Cristo e la Maddalena ed i Santi Giovanni il Battista e l'Evangelista.
- Tra le finestre del tamburo figure allegoriche e nei quattro pennacchi gli Evangelisti staccati dal corpo murario nel 1950 per lavori di consolidamento ed andati perduti per sempre a cantiere aperto. Firmata e datata 1654 San Francesco che riceve le Stimmate da Francesco Solimena impostato sulla parete del muro di testata che attraverso il portale sulla parete di fondo un tempo introduceva alla chiesa Vecchia; il ciclo dello stesso Solimena prosegue in eleganti scomparti mistilinei, con riquadri a stucco magnifico, in altorilievo di grand'effetto visivo: le scene di vita del Santo Poverello e di tutti coloro che son divenuti santi appresso a Lui; smembrato per il 60 % del suo volume originario per i lavori di riordino apportati nel 1933 all'abside della Chiesa Vecchia, il ciclo ha subito ulteriori danni in seguito ai crolli materici, alle sollecitazioni del bombardamento del quinquennio nazista e al terremoto del 1980 e solo in parte ripristinato nell'ultimo restauro datato 1987. La scena sulla parete di fondo, Il Miracolo delle Rose, una soluzione pittorica schiettamente barocca, coniugata ad un vivo realismo estratto dall'abitudine dell'artista di dipingere in sé oggetti naturali; la meglio conservata, l'opera è del Solimena, compiuta definitivamente nel 1681 anche se firmata tre anni più tardi, costituisce il primo esempio degli affreschi dell'artista inquadrati in chiesa, nei quali intervengono elementi decorativi appartenuti a stimate compagnie di autori del nome di Lanfranco, Luca Giordano e Cortone. Le parole chiavi Francesco, Stimmate, Miracolo e Rose ricorrono anche nel processo figurativo, benché molto meno pregiato, del polittico del Rosario in una cappella laterale alla chiesa di Santa Maria della Mercede in Montecalvario ai Quartieri Spagnoli.
Spazio note
(1) Estratto da: Chiesa Santa Maria di Donnaregina Nuova Laura Giusti per il museo Diocesano di Napoli www.museodiocesanonapoli.com(2)A quest'ultimi affidata immediatamente dopo la soppressione degli Ordini religiosi del 1861
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