Palazzo Donn'Anna Napoli

E' uno dei palazzi storici della città di Napoli1(2), massiccio ed arcigno, con tale varietà di aperture e diversità di perimetri del muro maestro dal livello ultimo a quelli più alti che ad esso è conferita la tipica forma architettonica sospesa tra l'impossibile compiutezza e la scenografia adattabile a qualsiasi interpretazione.

Sorge sulla frastagliata costa occidentale del golfo di Napoli laddove lo stesso è incantato dalla scogliera frangiflutti di San Pietro ai Due Frati ai piedi della collina di Posillipo

All'architetto Viviano Codazzo fu commissionato il lavoro di riordino del palazzo mai terminato causa la prematura scomparsa della committente, Donna Anna Carafa, consorte del viceré Ramiro Núñez de Guzmán duca di Medina, quest'ultimo, favoritissimo del seguito del duca Olivares, e a sua volta favorito da re Filippo IV, il quale non seppe non trascinarlo nella sua imperiosa caduta anche il beniamino Núñez e fuggir con esso a Madrid lasciando sua moglie a Napoli. 

La condizione dell'ultima proprietaria del palazzo rovinò nel disprezzo del popolo napoletano contro lo stato maggiore della nobiltà. La nobilità fuggì altrove, fatto che costrinse Donn'Anna Carafa a riparare nella residenza di famiglia a Portici ove lì morì. 
Il palazzo è edificato sulla preesistenza di Villa Serena, datata XV secolo di proprietà della famiglia dei Bonifacio di Napoli.
Passò per un periodo relativamente lungo alla famiglia dei Conti dei Ravaschieri, tra i quali si ricordano i lotti agricoli di sua proprietà ai Quartieri Spagnoli, l'omonimo Palazzo a Chiaia
e la Cappella Ravaschieri al Gesù Nuovo di Napoli. 


Da questi il Palazzo in seguito finì proprietà della famiglia dei nobili Stigliano.

Che, del posseduto, se ne avvalsero per soli 80.000 ducati. Di tarda costruzione barocca fu poi ammesso al lotto cospicuo degli immobili appartenuti ai Carafa negli anni 1555 e 1559.


  • Questi finiranno per ereditarlo ed incorporarlo nelle proprietà costituite, si ricorsa, dal palazzo Sannicandro alla Stella ed il palazzo Diomede dei Duchi di Maddaloni all'imbocco su Spaccanapoli. C'è stata una prima e parziale opera di ristrutturazione dell'edificio datata 1711 a spese del marchese di Teora, Carlo Mirelli, marito di Giuseppina Maddalena dei Conti Carafa dinastia dei Principi di San Lorenzo così come ricordato dall'iscrizione sulla lapide posta sul grande arco della facciata del mare3. Il mare costituisce lo sfondo della scena teatrale allestita tra le tre arcate al primo piano del prospetto principale.   Parte dell'invaso coperto a volta era ricavato nel tufo opportunamente lavorato; sul alto opposto alle arcate il teatro di scena era schermato da una parete conformata dai motivi della serliana attraverso i quali era ed è tutt'ora possibile osservare il canale marino che s'insinua sotto la costruzione. I motivi della serliana, indubbiamente presenti nel disegno originario vengono tradotti anche sulle pareti laterali con semplici rilievi di stucco; alcuni degli anzidetti rilievi specie sulla facciata del mare son smussati e alleggeriti da terrazzi aperti allo scorcio della Baia a Sud di Capoposillipo ove esso stesso s'offre alla vista grazie ad una stradina sterrata che lo collega all'asse del Centro città. Il periodo in cui Francesco Mirelli erede dei conti di Teora affidò il manufatto a Mattia Durante, il palazzo subì notevoli trasformazioni danneggiandolo non poco in stabilità delle cornici mistilinee lungo i perimetri delle arcate superiori. Tra il 1823 e il 1857 l'edificio venne ceduto a Vincenzo Nelli, cristalliere, il quale non senza e non prima d'averne ripensata la funzione primitiva delle sale vi installò un laboratorio artigianale dei cristalli; lo stesso Nelli cederà la proprietà alla Società italiana di Costruzioni, fallita la quale, l'edificio storico finì per esser oggetto di un grandioso progetto del banchiere torinese Geisser. Ma in realtà il grande albergo non nascerà in luogo della fattispecie di una casa albergo con locali affittati ai pescatori di corallo di Portici e Torre del Greco. Periodo in cui si registra lo sfondamento di una parte del muro di facciata dell'ultimo piano onde ricavarci una terrazza per ospitare i tavoli di una trattoria rimasta aperta fino al 1910. A parte l'uso di alcuni locali secondari in fonderia per i bossoli delle armi di capitanata, il cortile di questo stabile, l'unico, visibile anche negli acquerelli di inizio Novecento di Giovanni Ellero, un tempo proprietà del Comune di Napoli, fu per lungo tempo adibito a stalla per i muli da traino nella conduzione della tramviaria. Luigi Genevois la comprò in un incanto disposto dalla Banca d'Italia che ne detenne senza sfruttarne la proprietà dando mandato all'architetto Salvatore Guglielmo Giordano la ricostruzione dei locali prospiscienti la quota collinare di Posillipo; il progetto di salvaguardia dei locali comunque adibiti alle residenze nobiliari passò nelle mani dell'architetto Adolfo Avena, Soprintendente ai Monumenti per la Campania poi per difficoltà contingente alle posizioni di stile del primo e del secondo architetto la mano passò all'ingegnere Leopoldo Brancaccio; il medesimo non riuscì a veder realizzata l'opera. Il palazzo Donn'Anna, dopo la compravendita dei Colonna di Paliano venne definitivamente frantumata in più locali da destinarsi a diversi usi, fatto che determinò la cessazione per sempre del processo di rinascita del complesso.


Spazio note

(1) I *palazzi di Napoli / Gino Doria ; a cura di Giancarlo Alisio ; con un saggio di Gèrard Labrot. - Napoli : Guida, 1986 (Ercolano : La Buona stampa) pag. 162 il palazzo medesimo è anche detto Palazzo della regina Giovanna la mandante dell'assassino del suo amante Sergianni Caracciolo sepolto nella Cappella della natività della Vergine in San Giovanni a carbonara di Napoli; si dice che in questi spazi di Palazzo la regina concedeva volentieri molto del suo tempo a chissà quali messe nere. I versi in epigrafe, recitano testualmente: "Dalle lunghe fughe di sale vuote protette dalle mura corrose di tufo giallastro; crivellato di nicchie vuote e finestre cieche; gli archi aperti sul golfo, le grotte invase dall'acqua, il chiaroscuro della facciata scavata dalla brezza e dal salmastro assume significativamente l'aspetto di una rupe o di uno scoglio emerso...questo esser a metà tra la Storia e la Natura è anche il segreto contrasto dell'anima dei napoletani" *Palazzo Donn'Anna : la memoria immaginativa Raffaele La Capria ; acquerelli di Giovanni Ellero. - °Napoli] : Electa Napoli, °2004]. - 64 p. : ill.;]
(2) Il palazzo è stato ritratto anche su uno splendido inchiostro su carta di Consalvo Carelli, oggi al Museo di San Martino, ritraente, per la verità l’Antica taverna del Pacchianello allo scoglio di Frisio. Dello stesso autore, nella medesima collezione si segnala anche un matita su carta con titolo Discesa allo scoglio di Frisio, sullo sfondo accennato il palazzo donn’Anna ed il Vesuvio. Ed ancora, il palazzo è visto in un’incisione su rame di Achille Gigante, del 1845; in una collezione privata dello stesso Gigante, altra incisione rialzata a biacca ritrae "Lo scoglio di Frisio" ed il palazzo donn’Anna.
(3) [ Famiglia Mirella de' Principi di Teora Conti di Consa e Marchese di Calitri. Diplomi angioini argonesi ed austriaci tradotti dal Grande Archivio di Napoli]